Sicurezza stradale. Se ne parla da anni e sembra ragionevolmente che se ne possa venire a capo, ma a tutt’oggi risulta essere una meta lontana da raggiungere per inefficienze e inadempienze che da più parti accrescono un quadro di incertezza e di pesanti ritardi che ci pongono nelle classifiche europee agli ultimi posti.
Si richiede una programmazione strategica che per l’appunto è una di quelle materie che mal si presta ad essere ripartita territorialmente.
E a tutt’oggi, manca in effetti un piano di interventi sulla diffusione della cultura della sicurezza. Gli incidenti stradali costituiscono una vera e propria piaga sociale ed economica che necessita di prevenzione prima ancora che di cura con un preciso piano di interventi a programmazione e non a urgenza.
Si è fatto molto, certo, ma sono altrettante le buone intenzioni rimaste sulla carta.
La Federazione F.I.N.CO è organismo che tiene in agenda quotidianamente la problematica della sicurezza stradale con quelle che sono le varie implicazioni connesse e muove azioni per contribuire per quanto possibile alla riduzione del fenomeno in toto. E decisivo in tal senso, non è il solo contributo delle Istituzioni ma la diffusione delle notizie, attività essenziale oggi come non mai nel nuovo ordine mondiale “globalizzato”.
Revisione e semplificazione del Codice della Strada, manutenzione programmata e verifica costante dei segnali attualmente in uso, una quota annuale dei proventi contravvenzionali da destinare alla segnaletica stradale oltre al posizionamento di barriere ad hoc ; queste le misure più significative e improcrastinabili.
A proposito di barriere, importante è sottolineare che le barriere stradali in acciaio sono in assoluto tra i migliori dispositivi di sicurezza presenti sulle strade, a garanzia del contenimento dei veicoli e a salvaguardia di conducenti e passeggeri. E nonostante una ragguardevole e tempestiva attenzione in tal campo all’innovazione dei produttori italiani e nonostante che l’industria abbia messo a punto barriere metalliche tecnologicamente più evolute rispetto agli altri paesi europei, nel nostro Paese abbiamo il 70% della rete stradale che presenta barriere di sicurezza non a norma.
Il patrimonio viario denuncia uno stato di degrado crescente, in ambito urbano, metropolitano ed extraurbano, spesso causato dalle poche risorse da destinare alla manutenzione o da interventi non efficaci e non responsabili.
Tutto ciò, oltre a ridurre la funzionalità delle strade determina un notevole incremento dell’incidentalità.
In questo quadro appare indispensabile mettere in campo le più avanzate tecnologie per prevenire gli eventi, intervenendo sui degradi del piano stradale prima che questi diventino pericolosi, e rendendo più efficaci i metodi diagnostici e di identificazione della migliore azione di bonifica.
L’ultima strage di Verona cosi come la recente strage dell’11 luglio scorso presso la statale 172 di Turi tra Casamassima e Taranto in cui persero la vita due donne e una bambina dopo che l’auto sulla quale viaggiavano è precipitata per una decina di metri dimostrano ancora una volta le profonde e radicate carenze del sistema di sicurezza nel nostro Paese.
Qui da ultimo un guard rail basso ma soprattutto paletti conficcati nel terreno tanto che il guard rail non ha opposto resistenza…e a Verona trattasi ancora una volta come causa o concausa principale di “barriere inesistenti”. Che dire?
Quelli citati sono solo gli episodi più gravi finiti alla ribalta delle cronache, laddove non si contano invece i numerosi incidenti, fortunatamente non mortali, che vedono coinvolti i cittadini per il pessimo stato manutentive delle strade, con l’aggiunta dei pericoli per la mancanza della segnaletica, sovente scomparsa per consunzione e non più ripristinata. Senza parlare poi delle moltissime strade che, ogni giorno, possono rappresentare, per la presenza di buche ed avvallamenti, sui quali non s’interviene tempestivamente, una trappola mortale per gli ignari cittadini.
Il tributo di sangue che gli utenti pagano per le carenze che da tempo riguardano la manutenzione dei marciapiedi e delle carreggiate, è enorme.
Tuttavia, esiste un aspetto imprescindibile, però, del quale si parla poco: le aziende del ramo; parliamo di una serie di piccole e medie imprese a qualificazione tecnica, poste in una situazione di forte difficoltà dalla riduzione del mercato, che la crisi finanziaria ha ulteriormente aggravato. Il rischio che si corre è quello di perdere una serie di competenze e professionalità, poiché una compressione del mercato genera una riduzione del numero delle aziende. Questo problema è amplificato dal fatto che sulle strade vediamo apparire sempre di più cloni di segnaletica stradale dei quali si ignora la provenienza o che, peggio, vengono da soggetti non qualificati e certificati per svolgere il lavoro.
Cartelli vecchi imprecisi illeggibili saturano le carreggiate: un recente rapporto indica come solo un 50% di essi risulti conforme alle norme.
Risulta evidente che tale situazione sia dovuta ad una indiscutibile mancanza di manutenzione: possiamo immaginare forse che gli enti proprietari non sappiano quali segnali sono presenti sulle loro strutture? Probabilmente si crede che, dovendo fare delle economie, sia proprio la segnaletica la prima a dover essere messa da parte. In realtà non è così.
Un’altra osservazione è doveroso sottolineare: in Italia a si parla sempre più spesso della piaga delle morti sul lavoro, ma pochi sanno che dalle statistiche dell’Inail risulta come inoltre la metà d tali incidenti avvengano “su strada” o “in itinere”. Parliamo dunque di persone che lavorano sulla strada o che vanno a lavorare, per le quali non siamo certamente in presenza di condizioni psicofisiche paragonabili a quelle del tipo “sabato sera”. Di conseguenza, una corretta manutenzione ben progettata potrebbe aiutare il conducente del veicolo, contribuendo alla diminuzione dei sinistri.
Altri dati. Sono necessari 50 miliardi di Euro per il piano di sviluppo infrastrutturale varato dal CIPE. Recenti studi hanno illustrato il pesante ritardo accumulato nel settore dall’Italia rispetto agli altri principali Paesi europei. Nel periodo 1990-2005, da noi si sono costruiti soltanto 350 km di nuove autostrade contro i 6.739 della Spagna, i 3.977 della Francia e i 1.509 km della Germania.
Un paio di esempi per testimoniare il ritardo italiano. Sulla Sorrentina c’è un cartello ”Lavori in corso” esposto da oltre 27 anni e sono già stati spesi più di 60 milioni di Euro, mentre sulla Salerno Reggio i lavori sono più lunghi delle code e i costi di realizzazione raggiungono una cifra impensabile per qualsiasi altro Paese europeo: 23 milioni di Euro a km. Inoltre, ad oggi soltanto il 3,6% dei lavori previsti nel 2001 è stato completato e il 43% delle opere strategiche è ancora senza copertura finanziaria. Il Lussemburgo presenta un livello di dotazione (per qualità e capacità del sistema infrastrutturale) superiore del 141% rispetto all’Italia (Olanda +135%, Germania +104%, GB +100% e Francia +68%). Emblematico il caso della Spagna che nel 1985 registrava livelli inferiori a noi del 32% ed oggi può vantare un +9%.
Che dire, dati alla mano offrono inefficienze e carenze di ogni tipo, ritardi dei piani infrastrutturali del nostro Paese ma soprattutto evidenziano i costi del “non fare”.
L’auspicio finale è che una vera e propria “rivoluzione culturale” riesca a decollare, e le Istituzioni e la politica passino dalle parole ai fatti. Una rivoluzione culturale che passi necessariamente attraverso una cassa di risonanza essenziale quale quella dei media in genere, come opinion leader essenziali ora come non mai nella società contemporanea.
In realtà è un terreno sul quale si ha il dovere di impegnarsi a fondo e che rappresenta davvero una vera priorità. Occorre una cultura della prevenzione e dell’informazione che sia di supporto alle Istituzioni preposte. L’obiettivo e’ quello di creare tavoli di confronto al fine di implementare la conoscenza reale del fenomeno secondo una visione che ruoti a 360° attraverso il contributo essenziale delle industrie del settore.
Simonetta Alfaro
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