La Costituzione repubblicana italiana, è da tempo, soprattutto in questi ultimi tempi, oggetto di discussione, addirittura qualcuno vorrebbe cambiarla nei suoi principi fondamentali, cioè nella prima parte.
Resta però strano che questi principi fondamentali sono poco conosciuti: ci è bastato vedere una delle ultime interviste delle iene in Tv, e quasi nessuno dei parlamentari intervistati è stato in grado di riconoscere i commi contenuti negli articoli che venivano richiesti, ma non hanno nemmeno enunciato i principi che la nostra bella Costituzione ha e che dovrebbero essere sempre difesi.
Il problema però, non è solo questo, ma bensì è l’inapplicazione di alcuni diritti, o il ritardo con cui questi diritti sono stati applicati. Gli Stati democratici e Repubblicani si ritengono tali quando attuano i principi che compongono le loro Costituzioni, ed è di fondamentale importanza questa garanzia, affinché quello Stato mantenga una struttura ed una sostanza democratica.
Diventa di maggior importanza e valenza, una Costituzione come quella Italiana, che sembra essere, agli occhi di tutto il mondo, una delle più avanzate in tema di diritti della persona. Dopo 60 anni dalla sua nascita, nel momento più alto del riconoscimento dei valori di questa preziosa “Magna Charta”, avutosi nella sede dell’ONU – gennaio 2008 – sul problema della pena di morte, emerge chiaro il ritardo con cui negli anni alcuni principi costituzionali non sono stati applicati, soprattutto nella sua prima parte. E’ indicativo che una perla giuridica come questa, abbia avuto ritardi nell’applicazione di alcuni articoli, che hanno disatteso aspettative di ogni tipo. Sono evidenti i ritardi: nel mondo del lavoro 1970, (Statuto dei Lavoratori), della scuola 1974,(Riforma Organi collegiali) nella famiglia 1977, (Diritto di Famiglia) del ruolo partecipativo dei cittadini nel 1990, (Legge sulle Autonomie – 142/90 Locali e Statuti Comunali) dove si dà la possibilità di proporre interrogazioni nel Consiglio Comunale della propria città (nel caso di Roma bastano 200 firme) o proporre delibere (sempre nel caso di Roma sono sufficienti 5.000 firme autenticate) ed anche nella creazione di istituzioni come: la Corte Costituzionale nel 1955, Le Regioni 1970.
In questa situazione però, se i diritti non hanno avuto seguito e preso corpo, – e per molte persone sono rimaste lettera morta – la registrazione negli anni dei disagi e discriminazioni è stata più forte e come “reazione” o risposta, molti cittadini si sono dovuti impegnare per affermare questi diritti, ed a volte questo atteggiamento è scivolato nella “degenerazione”, come nel caso del ritardo dell’istituzione delle Regioni, che, dopo 22 anni, hanno spinto una forza politica come la Lega Nord, a rivendicare, prima il federalismo e in seguito la devoluzione. Il ritardo dell’affermazione dei diritti dei lavoratori 1970, ha indotto il movimento dei lavoratori e studenti, ad impegnarsi per ridare linfa ai diritti costituzionali sopiti per anni; il movimento delle donne, ad un impegno maggiore per l’affermazione dell’uguaglianza e nelle pari opportunità con gli uomini, soprattutto come riconoscimento dei diritti della persona; infine diversi movimenti hanno contribuito a far entrare i diritti costituzionali nei luoghi di lavoro, persino i poliziotti hanno lottato per avere un sindacato.
In sintesi, ogni individuo ha avuto ed ha il problema di vivere con se stesso e con gli altri; lo stesso succede per ogni nazione; che cerca i giusti rapporti internazionali, in particolar modo, per l’ Italia, con l’ Europa in questa particolare congiuntura storica, quindi il rischio dell’isolazionismo ed i rapporti di partecipazione sono realmente concreti.
Le opportunità di crescita, culturale, morale, ed anche spirituale, nel senso più nobile del termine - e non di appartenenza a gruppi religiosi – avrebbe dovuto trovare le basi nei diritti costituzionali e nelle istituzioni che si sarebbero dovute adoperare per offrire queste opportunità in un spirito di uguaglianza per i cittadini. Questo è accaduto parzialmente. La realizzazione della vita di ognuno di noi si rende concreta in primis nel lavoro, e quindi nelle garanzie che questo mondo offre o ha dovuto offrire. Il significato è alto poiché, se si creano le condizioni di non disagio, di condivisione di regole “scritte insieme”, sicuramente ne beneficerà la società nel suo complesso.
Si cerca di offrire uno spunto di riflessione per contribuire, almeno come pensiero, ad evitare nuovi ritardi nell’affermazione dei diritti costituzionalmente garantiti. Alcuni saggi mi hanno insegnato che: “l’energia segue il pensiero”, e se il pensiero è puro e non ha secondi fini, ma di interesse soprattutto per la collettività e non individuale, il pensiero troverà sicuramente energie per realizzare il fine che si era prefisso. Auspichiamoci che finalmente, dopo anni si riscopra il valore di questi diritti e si cominci a realizzarli compiutamente.
Giorgio De Santis
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