L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (O.N.U.) CONTRO LA LEGGE BAVAGLIO: “MINA IL GODIMENTO DEL DIRITTO ALLA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE IN ITALIA”.
Anche la Cassazione contro: “ «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»«un pieno, legittimo e corretto esercizio di questa sovranità» è che «si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici a tal fine predisposti dall’ordinamento».
L’attività di informazione è «condizione imprescindibile» della sovranità popolare.
Oggi 14 Luglio riunione di redazione del “Manifesto” davanti a Montecitorio.
Sembra incredibile che un miriade di energie dall’Onu, alla Cassazione, a tutti i giornalisti italiani che stanno protestando contro la legge bavaglio, si convogliano per affermare uno dei diritti se non il diritto più importante dell’uomo, della persona, nel giorno dell’anniversario della Rivoluzione Francese (14 luglio 1789) dove molto sangue fu sparso proprio per questi diritti, primo tra tutti la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. E’ quindi vero che “l’energia segue il pensiero”, ed il pensiero puro e forte è la libertà di espressione delle proprie idee e raccontare i fatti “scomodi al potere”, che in questi giorni sta mostrando in tutte le espressioni il lato peggiore, come ha ben titolato ieri l’Unità di Conchita Di Gregorio “Mani Lerce”.
Il 26° canto dell’inferno di Dante che cita Ulisse ”considerate la vostra semenza fatti foste non per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”, ognuno consideri questa frase e accosti gli attuali personaggi per vedere chi vive come bruto e chi ricerca la virtù e la conoscenza. Sembra però che dall’Onu alla Cassazione si propende verso questi ultimi principi.
L’Onu boccia la legge-bavaglio: non solo chiede al governo di “sopprimere o rivedere” il discusso ddl intercettazioni, ma annuncia una missione in Italia, nel 2011, per esaminare la situazione della libertà di stampa e il diritto alla libertà di espressione.
A lanciare l’allarme è il relatore speciale sulla libertà di espressione delle Nazioni Unite, Frank La Rue, che in un comunicato chiede al governo italiano di “abolire o modificare” il disegno di legge sulle intercettazioni perché “se adottato nella sua forma attuale può minare il godimento del diritto alla libertà di espressione in Italia”.
Libertà di stampa e privacy sono entrambi beni costituzionali, ma la prima «prevale» sulla seconda. Parola della corte di Cassazione che, con una sentenza di venerdì scorso, sembra aver scritto una sorta di memorandum sui rapporti tra informazione e riservatezza, al centro dell’infuocato dibattito politico di questi giorni sul ddl intercettazioni. La tutela della privacy – ricorda la corte – vale come «eccezione» rispetto «al diritto insopprimibile e fondamentale della libertà di informazione e di critica». Un diritto senza il quale non esisterebbe la «sovranità popolare» (non nel senso evocato da taluni attori della vita politica degli ultimi anni). Secondo la Cassazione, infatti, «intanto il popolo può ritenersi costituzionalmente “sovrano”», in quanto sia «pienamente informato» di tutti i fatti di interesse pubblico. È soltanto così che si forma, in modo «compiuto e incondizionato», l’opinione pubblica.
Anche la Cassazione in Italia è sullo stesso binario dell’ O.N.U. Almeno nella sostanza dell’aspetto giuridico e dell’affermazione dei diritti dell’uomo.
La sentenza (n. 16236/2010, presidente Mario Morelli, relatore Bruno Spagna Musso) è stata depositata in contemporanea, nel momento in cui il premier Silvio Berlusconi affermava che la libertà di stampa non è un diritto assoluto ma incontra un limite in altri diritti «prioritari o uguali», come quello alla privacy. La Corte non sembra dello stesso parere.
Non mette in discussione che il diritto all’informazione possa incontrare dei limiti, ma piuttosto che il diritto alla privacy possa prevalere sul diritto di informare, garanzia imprescindibile in un paese sinceramente democratico. Scrive la Cassazione, richiamando norme costituzionali, ordinarie e deontologiche, giurisprudenza, anche della Corte di Strasburgo nonché risoluzioni del Consiglio d’Europa. Il quadro è abbastanza chiaro quanto scontato, osserva qualcuno al Palazzaccio, se non fosse che la sentenza è già rimbalzata in rete e, visti i tempi, «fa notizia».
«L’attività di informazione è chiaramente prevalente rispetto ai diritti personali della reputazione e della riservatezza, nel senso che questi ultimi, solo ove sussistano determinati presupposti, ne configurano un limite», scrive la Corte. Un principio valido anche per il giornalismo d’inchiesta che è forse «l’espressione più alta e più nobile dell’attività di informazione».
Due le ragioni che stanno alla base della prevalenza della libertà di stampa sulla privacy.
La prima va cercata nell’articolo 1 della Costituzione, là dove dice che «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Ebbene, il «presupposto» per «un pieno, legittimo e corretto esercizio di questa sovranità» è che «si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici a tal fine predisposti dall’ordinamento», tra cui «un posto e una funzione preminenti spettano all’attività di informazione». Che, dunque, è «condizione imprescindibile» della sovranità popolare.
Un’altro aspetto minaccia in pratica la libertà di stampa ed è la norma che vuole cancellare circa 90 testate, la denuncia arriva dalla direttrice del Manifesto Norma Rangeri che afferma:
“Quello all’editoria è un bavaglio molto meno appariscente ma altrettanto profondo. Parliamo di 90 testate, 4500 persone… Che però non si vedono: se chiudi trasmissioni televisive di politica durante le elezioni se ne accorgono tutti, in questo caso non se ne accorge nessuno. E quindi abbiamo la responsabilità di far sapere chi è che vuole chiudere la bocca ai giornalisti della carta stampata”. “Mercoledì 14 luglio, dalle 11 terremo la nostra riunione di redazione davanti a Montecitorio!”.
Roma, 14 luglio 2010
Giorgio De Santis (*)
(*)giornalista
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