A SETTEMBRE 2011 E’ INIZIATO IL ROSSO: SI E’ RAGGIUNTO IL LIMITE TRA RISORSE PRODOTTE E QUELLE CONSUMATE. ALLARME INQUINAMENTO.
L’equilibrio che si è mantenuto per millenni in questo pianeta sta invertendo rapidamente la tendenza, nella realtà, oltre al riscaldamento della Terra, che sta aumentando sempre più anidride carbonica e sempre meno ossigeno, si somma il consumo spropositato di risorse in rapporto a quello prodotto, creando inoltre discriminazioni rispetto a chi queste risorse ne consuma pochissime, vale a dire i più deboli.
Chi subisce lo spreco è ridotto ai minimi termini di sopravvivenza. Si può tranquillamente affermare, che i maggior responsabili di questa situazione diventano i paesi ricchi del Pianeta, che per soddisfare il proprio egoismo, passano sopra di tutto e tutti, creando sacche di povertà sempre più consistenti, ed oltre a distruggere il Pianeta, demoliscono le vite di chi è costretto a sopravvivere.
A lanciare l’allarme, che ha avuto un buon effetto sui media, è stata la Global footprint network, l’organizzazione che ha coniato il termine inglese: l’Earth Overshoot Day (Eod), quando il consumo di risorse oltrepassa la soglia calcolata. Per tutto il 2011, infatti, alla fine di questo settembre sarà ricordato come l’anno dove è iniziato il rosso vale a dire il limite raggiunto dove si consumano risorse più di quanto siamo in grado di produrne.
Ne pagheranno le spese soprattutto le foreste (che devono assorbire l’anidride carbonica in più), la qualità dell’aria (maggior inquinamento), gli oceani (scarico di rifiuti e sovrasfruttamento degli stock ittici), e ci sarà un impatto maggiore dei cambiamenti climatici.
La suonata di quest’ allarme ha dato la sveglia sul problema, e l’Eod aiuta a comprendere il divario tra il livello sostenibile dello sviluppo e quello reale: secondo il modello di vita che stiamo conducendo a livello globale (le realtà infatti sono molto diversificate tra i Paesi sviluppati e il Terzo mondo) prima della metà del secolo avremo bisogno di due pianeti. Solo che non li abbiamo.
Alla fine dell’anno consumeremo il 135% delle risorse prodotte nel 2011. E quel che è peggio stiamo accelerando il ritmo di consumo: lo scorso anno, per esempio, l’Eod si era raggiunto circa quindici giorni dopo.
La deforestazione subita in più di mezzo secolo ha fatto un parte consistente del danno, infatti la trasformazione delle aree della foresta in aree disboscate, e risultata molto attiva nel bacino Amazzonico. Più di un quinto della foresta è già stato distrutto e l’intero ecosistema rimane in pericolo.
Negli anni Quaranta i governi di quella regione decisero di sfruttare le risorse forestali e minerarie. Il disboscamento permetteva la vendita e l’esportazione del legname, che risultava molto pregiato, l’aumento di terreno per l’agricoltura, di cui si sentiva un forte bisogno per via della crescita della popolazione, e lo sfruttamento di giacimenti minerari. Nel corso degli anni sono state costruite anche numerose autostrade per collegare grandi città, che non solo sono state fonti primarie di deforestazione ma hanno anche incoraggiato le costruzioni di nuovi villaggi lungo di esse, peggiorando il problema.
La deforestazione genera molti aspetti problematici e potenzialmente catastrofici. Gli ambientalisti da anni denunciano un’enorme perdita della biodiversità, incrementata al risultato della distruzione delle foreste e allo sfruttamento insostenibile delle sue risorse.
Inoltre, l’Amazzonia è un enorme “polmone” terrestre, che grazie all’elevata densità della vegetazione e alla sua posizione equatoriale che permette un grande irraggiamento del Sole, consuma elevate quantità di anidride carbonica, generando ossigeno.La rimozione dell’area forestale diminuisce questo effetto; purtroppo la deforestazione è spesso eseguita mediante incendi incontrollati, loro stessi responsabili di elevate emissioni di CO2.
Questo comporta importanti implicazioni nell’effetto serra, e costituisce uno dei principali parametri su cui si costruiscono i modelli per il riscaldamento globale del pianeta. Inoltre si sommano altri effetti d’inquinamento “globale” che solo adesso stanno venendo alla luce, è stato infatti accertato che i tessuti sintetici, quando sono lavati in lavatrice, rilasciano microfibre di plastica che finiscono per accumularsi nell’ambiente marino, colonizzando anche i mari più lontani e improbabili del pianeta e minacciando la salute degli organismi vi vivono.
Queste le conclusioni di una ricerca dell’ Università di Sydney, che mette in relazione l’impatto ecologico delle città costiere, infatti questa ricerca afferma che un solo capo di vestiario in una lavatrice domestica produce piu’ di 1900 fibre per lavaggio, che finiscono nella rete fognaria.
Gli studiosi hanno anche analizzato sedimenti da spiagge in 18 siti attorno al mondo, oltre che in Australia, in Giappone, Usa, Oman, Filippine, Sudafrica, Gran Bretagna e Portogallo. E hanno trovato che la contaminazione da microplastica – frammenti di meno di un millimetro – variavano da 8 fibre per litro in Australia a 124 in Portogallo e Gran Bretagna. Piu’ densamente popolata era la zona costiera, maggiore era la contaminazione, un fenomeno destinato ad aggravarsi in futuro.
Nello studio sono stati lavati vestiario e coperte sintetici, ed e’ risultato che tutti liberavano piu’ di 100 fibre per litro di effluente. Le proporzioni di fibre di poliestere e acriliche nel vestiario erano simili nell’effluente fognario, nei siti di trattamento e sulle spiagge. ”I produttori di vestiario e di lavatrici devono considerare la necessita’ di ridurre l’emissione di fibre nell’acqua di scarico”, afferma Mark Browne, che ha guidato la ricerca. Insomma non stiamo creando un futuro roseo, tra incidenti nucleari, vedi Giappone e in ultimo la Francia, inquinamenti di vario genere, e riduzione dell’ossigeno che genera l’aumento del riscaldamento del Pianeta.
Farà riflettere molto le future, ma anche le attuali generazioni, che hanno poco tempo per porvi rimedio. La situazione potrebbe cambiare anche adottando piccoli gesti da compiere ogni giorno per contribuire alla “pulizia dell’aria”, e invertire la tendenza. Gli indiani d’America ci hanno insegnato da sempre che: “siamo ospiti su questa Terra”, e che: “dalle distrazioni nascono le catastrofi”, forse chi ha governato questo Pianeta è stato troppo distratto in questo ultimo secolo.
G. De Santis
Fonte: Ansa
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