Secondo il ruolo istituzionale incarnato, e assegnatogli dal parlamento italiano, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non usa un linguaggio ascoltato giorno per giorno nel parlare corrente degli italiani, ma una lingua atta ad essere interpretata da chi ascolta con attenzione le sue parole, il più delle volte cariche di significati pressanti, e di un’importanza notevole legata a doppio filo a ciò che la sua persona simboleggia formalmente. L’interpretazione delle parole è per sua natura molteplice, ancorché relegata ad organi istituzionali, e registrata dai suoi annessi e connessi come per esempio i media e l’informazione. L’utilizzo perciò di un tipo di linguaggio dà corpo alla notizia stessa, che per essere tale ha appunto la capacità a sua volta di dar forma all’interpretazione della realtà in cui si vive e lavora.
Da quando il premier è al governo, tale realtà sta diventando sempre di più un teatro mediatico, dove le forze in campo si combattono in una guerra infinita, con i media del premier che impiegano manganellatori mediatici che adoperano colpi bassi e codardie criminali – tipicamente prerogative dei sicofanti assoldati dal potere – per distruggere chi in questo potere vede una deriva dittatoriale e lo denuncia pubblicamente, forte della propria popolarità mass-mediatica.
Una delle ultime delizie delle truppe d’assalto del premier è quella riportata dal sito del Corriere della Sera del 19 Marzo a firma di Renato Franco titolata: “Lite (politica) sulle foto di Ambra. Il caso Su «Chi», le immagini in compagnia del collega Bellocchio. Lei sospende la tournée.”
Massacrata. Ambra Angiolini massacrata mediaticamente per aver espresso dissenso dal regime psico-mediatico del premier. Secondo le dichiarazioni delle numerose escort che frequentano le feste del premier, il metodo è quello di fare impazzire chi non si piega alle pretese deliranti di un individuo che ha scambiato un intero paese per la propria azienda, propaggine a sua disposizione, appendice da colonizzare totalitariamente.
Dunque il resoconto di Renato Franco ci istruisce come Ambra Angiolini, fenomeno mediatico del vivaio di Mediaset molto tempo fa, abbia osato utilizzare il proprio cervello per esprimersi in una puntata di Annozero contro il premier “esponendosi contro il carrierismo a colpi di prostituzione”, e scrive che il settimanale «Chi» di Alfonso Signorini – un calunniatore al soldo del premier – pubblica delle foto di Ambra in atteggiamenti affettuosi non con il suo compagno e padre dei suoi figli, prossimo futuro marito, ma con un suo collega attore con il quale sta lavorando in tournée. Risultato: Ambra sparisce dalla circolazione, lascia la tournée, finisce ricoverata (ospedale psichiatrico?), e annulla temporaneamente progetti matrimoniali. (Le ultimissime notizie però ci informano di un’Ambra al contrattacco, in difesa della sua immagine pubblica.)
La cronaca dell’articolo, dal tono apparentemente neutrale, mette in risalto come “Immagini ‘scattate a più riprese a Roma, a Napoli, a Lamezia Terme e a Crotone, nel corso di un mese e dieci giorni circa [di tournée]‘ mostrano i due molto vicini, un bacio che potrebbe essere sulla guancia o forse no, atteggiamenti d’intesa. Chi non si limita a raccontare quello che dicono le foto, ma racconta anche i retroscena. Perché Ambra sarebbe venuta a sapere delle foto prima della loro pubblicazione e sarebbe ‘letteralmente disperata (…)’ “; e come, appunto, poter utilizzare le foto in mano a Signorini quale arma di ricatto nel tentativo di distruggere una vita ed una carriera; nonché evidenzia anche come l’articolo si fa “megafono” delle deliranti minacce di Signorini che non avrebbe sperato di meglio per raggiungere un pubblico vastissimo, e pubblicizzare il suo personale metodo distruttivo legato al tariffario delle foto: quanto più compromettenti, tanto più il valore aumenta, con ovvi benefici per il simpatico ricattatore.
Il terrorismo mediatico assunto come “metodo persuasivo” adesso può colpire assolutamente chiunque, dovunque; ti trovi a passeggio in una qualsiasi parte della città e, con la scusa di filmare o fotografare i monumenti, le bellezze artistiche, ti fanno la foto a tua insaputa; da una macchina che ti passa vicino con i vetri oscurati, non è da escludere che all’interno ci sia qualcuno che ti sta riprendendo con il cellulare. Come con il “metodo Boffo”: colpire uno per educarne cento, nel tentativo di renderti un elemento buono per “esperimenti psichiatrici”.
Chi è potuto restare alzato fino a tarda sera e guardare il programma di Riccardo Iacona Presadiretta Domenica 20 Marzo, non poteva che restare di stucco di fronte alle immagini devastanti degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) italiani: pazienti con espressioni imploranti un trattamento un minimo più umano, guardie di polizia giudiziaria che trattenevano a fatica i pazienti improvvisamente testimoni mediatici delle condizioni disumane nelle quali sono costretti a vivere. Ah, ma quelli sono pazzi criminali si obbietterà; le loro dichiarazioni spontanee televisive non godono di credito, poiché trasgressori della legge. Quale legge? Non certo quella uguale per tutti; quella promulgata dal governo del premier ha come beneficiario solamente un individuo, che al momento – noncurante degli stravolgimenti epocali mondiali – usa il parlamento unicamente per raggiungere i suoi fini anti-costituzionali. La Costituzione Italiana si basa sul fondamentale assunto della legge uguale per tutti, ma in Italia la legge fatta su misura per i potenti si interpreta; per tutti gli altri si applica.
Le leggi sono controfirmate dal Presidente della Repubblica in ultima istanza, e l’interpretazione del gergo presidenziale applicato a quest’ultime ricalca fedelmente quanto detto all’inizio circa l’uso del linguaggio presidenziale, offerto alla popolazione attraverso i media nazionali ed internazionali.
Ultimamente, una frase che Napolitano ha ripetuto più volte è stata: “Il Paese sta cominciando a risvegliarsi”, testimoniando quanto il Paese sia narcotizzato dalla stessa propaganda governativa della Presidenza del Consiglio, in palese contrasto con il Quirinale, e quanto la percezione di quest’ultima abbia segnato un auto-goal, in particolare durante le celebrazioni dell’unità d’Italia nella sua iconografia mediatica; in vari momenti topici delle celebrazioni abbiamo potuto vedere come la popolazione abbia fatto capire al premier che il suo declino sia oramai inesorabile, ancorché lunghissimo.
Nello specifico: ciò che il pubblico televisivo ha potuto interpretare dalle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, è l’effetto boomerang della macchina del fango del premier e dei suoi scherani; quest’ultima “atto costitutivo” dell’impalcatura mediatica come prerogativa di regime.
La netta percezione è stata quella del capo del governo inseguito da fischi e contestazioni dovunque andasse a rendere omaggio nei luoghi patriotticamente sacri, depositari delle battaglie che unirono il Paese, un Paese sempre più diviso come risultato di una politica sciagurata fatta di arroganza e violenza, marchi di fabbrica del potere della destra; e nelle documentazioni visive delle poche inquadrature del parlamento addobbato con tricolori nell’emiciclo, il premier dormicchiava, noncurante della solennità dell’evento.
Le emozioni patriottiche hanno evidenziato perciò come il premier sia quanto di più anti-italiano possa esistere, molto in linea con i deliri secessionisti leghisti. Il ruolo che il Presidente Napolitano sta assumendo, fortunatamente scava sempre di più un cuneo tra chi giura sulla Carta Costituzionale e da essa trae ispirazione e guida, e tra chi invece vede il Parlamento come un ostacolo ai suoi deliranti piani di totale destabilizzazione democratica ricalcando fedelmente l’eversivo “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli.
Molta acqua passerà sotto i ponti per portare a termine la sconfitta dell’eversione politica di questa destra feroce e aggressiva, in un impeto di coscienza rinnovato; l’attesa sarà ancora lunga ma è nell’ordine ciclico dei corsi e ricorsi storici. Solo allora si potrà dire che il Paese avrà ritrovato la sua figura paterna.
Marco Rossi.
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