La LAV replica alla Senatrice Cattaneo: la vivisezione esiste, è immorale antiscientifica. FUORVIANTE E SUBDOLA LA SUA DESCRIZIONE BUCOLICA E SENTIMENTALE DEL RAPPORTO RICERCATORI-ANIMALI “DA LABORATORIO”
La LAV replica con fermezza e con argomentazioni, all’ampio articolo della prof. Cattaneo, Senatrice a vita, che ancora una volta trova ampio spazio sulle pagine di Repubblica di oggi (pagg. 36-37), senza che finora alle opinioni contrarie sia stato concesso analogo e legittimo diritto di critica: “la descrizione bucolica e sentimentale della sperimentazione animale è fuorviante se non ingannevole per i lettori, così come la negazione della vivisezione e la negazione di una ricerca d’avanguardia che non fa uso di animali. Non si può negare l’evidenza!”, commenta la biologa Michela Kuan, responsabile LAV Vivisezione.
Utilizzare animali a scopo sperimentale è antiscientifico, immorale e fuorviante perché nessuna specie vivente può essere modello sperimentale per altre specie a causa delle enormi differenze genetiche, anatomiche, biologiche, metaboliche, psichiche, etologiche che le contraddistinguono: ciò che risulta innocuo negli animali può essere tossico per l’uomo. Gli animali “da laboratorio”, spesso frutto di manipolazioni genetiche, differiscono perfino dai loro simili in libertà. Anche le malattie indotte sugli animali a fini sperimentali (es. cancro) sono diverse dalle patologie che si manifestano naturalmente. I test su animali ostacolano l’impiego di sostanze e di tecniche realmente valide alla sperimentazione. Come descrive chiaramente il Dr. R. Klausner, direttore del National Cancer Institute:“La storia della ricerca sul cancro è stata una storia di cura del cancro nel topo [...] Abbiamo curato topi dal cancro per decenni, e semplicemente non ha funzionato negli esseri umani”.
Per le ragioni sopra riassunte, la sperimentazione animale ha comportato errori e ritardi nella scienza: ne sono una testimonianza le 225.000 morti all’anno negli Stati Uniti per cause avverse ai farmaci, o il dato allarmante che il 95% dei farmaci non supera le prove cliniche (ovvero i test sull’uomo, dopo i test su animali). Tutto questo con spreco di denaro e menti che lavorano per produrre dati inutilizzabili.
In merito all’idea di etichettare un farmaco per lasciare il malato scegliere, sarebbe corretto affiancare alla dicitura “sperimentato su animali”, per coerenza e verità: “testato su umani, tra i quali bambini, volontari sani, persone del Sud del Mondo, involontari nelle corsie ospedaliere”, e così via, perché tutto ciò che viene testato su animali viene ritestato sull’uomo proprio perché la prima fase di sperimentazione (quella su animali) non è predittiva, infatti su 100 sostanze sicure negli animali, 92 non passano le prove cliniche e 4 vengono ritirate per gravi reazioni avverse e di 3000 trattamenti medici solo l’11% si è dimostrata efficace e il 98% è una copia di quelli vecchi.
Pubblicizzare la sperimentazione clinica e pre-clinica come qualcosa di morale ed etico è un ossimoro, i cittadini sono ben consapevoli che la produzione di farmaci è un business che segue le regole del mercato (e purtroppo non mancano notizie di farmaci ritirati dal mercato per effetti avversi, perfino decessi, o scandali): sarebbe corretto portare chi difende questo “sistema” in Paesi come l’India e l’Africa a vedere dei ragazzi, poco più che bambini e sani, offrirsi per un dollaro per testare molecole non sicure provenienti dai test su animali, e vederli stare male o morire nell’indifferenza generale. Oppure mettere una telecamera nei laboratori e far vedere a tutti cosa accade realmente, invece sponsorizzare un’immagine ridicola, fiabesca e irreale delle celle e degli esperimenti che devono subire gli animali. Scorrendo alcuni dei protocolli sperimentali elencati dal Ministero della Salute, si può leggere cosa accade agli animali usati nei laboratori: “frattura chiodi centri midollari”, “ulcere”, “lesioni cerebrali”, “stimolazione profonda con elettrodi”, “danni cerebrali acuti”, “danni renali cronici”, “rigenerazione lesione spinale e nervo ottico”, “reattività encefalo suino a contatto con colla chirurgica”. A queste agghiaccianti definizioni va sommata l’ascesa, lenta ma costante, delle sperimentazioni per le quali i laboratori autorizzati chiedono il non ricorso all’anestesia (senza anestesia la sperimentazione è evidentemente più dolorosa): la dott.ssa Cattaneo crede davvero che gli italiani siano così ingenui da immaginarsi la scimmia felice affezionata allo sperimentatore? O forse sarebbe più veritiero far vedere degli animali depressi, privati di ogni diritto, esposti a luce e buio forzato, soli, spaventati, intossicati, agonizzanti che invocano aiuto all’unica mano che conoscono, quella che indossa un guanto bianco. Gli animali usati a fini sperimentali nascono e muoiono a quello scopo: non vedono la luce del sole, vivono nello stabulario, non conoscono libertà e stimoli naturali
Dal punto di vista scientifico negare che il modello animale sia fallace per l’uomo è come nascondere la testa sotto la sabbia per evitare ciò che, ormai, è evidente. Sono centinaia le testimonianze di ricercatori e scienziati che hanno sottolineato l’alto indice di fallimento di questa obsoleta pratica. La legge parla chiaro e i dati anche: i metodi sperimentali senza animali sono totalmente prioritari perché efficaci, affidabili, rapidi e attendibili. Allora, forse, le motivazioni che reggono questo impero sono altre, cristalline le parole di Azra Raza – dirigente del Mds Center della Columbia University di New York, docente universitaria di medicina e vincitrice nel 2012 del premio Hope Award for Cancer Research “Una verità innegabile che viene ignorata o che viene messa la sordina nella ricerca sul cancro è che i modelli di topo non riproducono la malattia umana e sono essenzialmente inutili per lo sviluppo dei farmaci. Troppi laboratori di peso e illustri ricercatori hanno consacrato la propria esistenza a studiare le patologie maligne nei modelli di topo, e sono le stesse persone che poi devono decidere dove vanno allocati i fondi del National Institutes of Health/Nih.”
Analizzando anche il contesto economico, negli U.S.A. due istituti del National Institutes of Health (NHI) hanno stretto una collaborazione con l’EPA (Environmental Protection Agency) per utilizzare i robot di screening automatici ad alta velocità del NIH Chemical Genomics Center (NCGC), in grado di testare la tossicità di 10.000 composti chimici in pochi anni, mentre la sperimentazione per un solo pesticida costa 10 milioni di dollari condotta in-vivo e oltre 5 anni di tempo! Senza andare oltreoceano, basta guardare come il Governo tedesco abbia stanziato 50 milioni di euro per sviluppare un modello artificiale di fegato per cercare di guarire i malati e sanare le spese sanitarie.
Infine, bisognerebbe ricordare alla Senatrice Cattaneo che l’80,7% degli italiani è contrario alla sperimentazione animale (fonte Eurispes), quindi invece di utilizzare tempo e spazio per pubblicizzare un modello della fine dell’800 che ci ridicolizza davanti a tutta l’Europa, sarebbe più costruttivo se si impegnasse a far sviluppare tecniche innovative e creare posti di lavoro facendo uscire il nostro Paese da questa tragica stasi che porta le menti più promettenti a dover migrare, perché qui si continua a lavorare e difendere un metodo di ricerca diffusosi quando si comunicava ancora con la radio di Marconi.
TEST SENZA USO DI ANIMALI (METODI SOSTITUTIVI)
Esistono centinaia di metodi alternativi alla sperimentazione animale:
• i modelli informatici
• analisi cliniche su materiale biologico (scarti da interventi chirurgici; sangue, urine, feci, saliva,
etc)
• le analisi chimiche le indagini statistiche (come l’epidemiologia e la metanalisi)
• gli organi bioartificiali e i microchip al DNA
• le analisi chimiche
• i microcircuiti con cellule umane
• analisi genetiche su materiale biologico
• imaging (TAC, PET, RM etc)
• microdosing
Numerosi test che prima prevedevano l’uso di animali, oggi sono svolti in vitro. Per essere impiegati come metodi ufficiali i nuovi test devono superare un iter di validazione che dura anche fino a 10 anni e prevede di verificare l’efficacia del test in diversi laboratori per assicurarne l’attendibilità scientifica. I test su animali non sono mai stati validati scientificamente.
Oggi non si utilizzano più animali in:
• crash test di automobili
• test di gravidanza
• test per verificare la contaminazione batterica di farmaci
• molti casi di verifiche igienico–sanitarie su alimenti
• molte esercitazioni per scopo didattico
• diversi test di tossicità su sostanze chimiche, come l’assorbimento cutaneo, la mutagenesi e la genotossicità, la fototossicità, l’embriotossicità.
Il 70% della ricerca biomedica, ovvero della biologia della medicina, non fa uso di animali. (fonte: ISS).
LA LAV SOSTIENE PROGETTI DI RICERCA SENZA USO DI ANIMALI
La LAV contribuisce a sostenere progetti di ricerca importanti che prevedono lo sviluppo di test senza animali, e di recente ha devoluto:
- 20.000 euro all’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, per la creazione di due borse di studio dedicate ad avviare la linea di ricerca cellulare HUVEC (Human Umbilical Vein Endothelial Cells – Cellule Endoteliali della vena ombelicale umana), utile per lo studio della formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi – che alimenta il cancro) e delle funzioni delle cellule endoteliali.
- 17.000 euro al Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa, per la creazione di una borsa di studio dedicata ad avviare un progetto per lo sviluppo di tecnologie innovative senza ricorso ad animali, finalizzate a valutare il rischio legato alle sostanze inalate.
Per maggiori informazioni: www.lav.it
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