movimentoDa Finco. Gli Strani casi Made in Italy …. c’è da riflettere davvero!

 LO STRANO CASO COTTARELLI. SEGNO POSITIVO SE RESTA

(MOLTO NEGATIVO SE VA)

 

Il Commissionario Straordinario per la spending review Carlo Cottarelli, ha dichiarato (fatto intendere, alluso) di “avere le mani legate” e di non avere il sostegno della politica.

Ciò che si verifica, a dire di Cottarelli, è che alcune voci di spesa vengono decise con l’ipotesi di coperture che saranno finanziate da futuri e non precisi tagli, in pratica si parla di spese senza copertura.

Il fatto che le scelte di taglio delle spese siano di natura politica è ovvio. Le proposte di Cottarelli è chiaro che risultino impopolari come ogni taglio che è necessario fare. Il fatto che sia la politica a dover decidere nulla toglie alla gravità dell’ipotesi di rinunciare ad un validissimo collaboratore, ed anzi saprebbe di resa di fronte alle prevedibili fortissime pressioni.

Quanta “sinecura” e “grasso da spalmare” e distribuire c’è in aziende partecipate che perdono 1,2 miliardi di euro, solo nel 2012, per difetto? Quanta resistenza può generare l’eliminazione di questa rendita di posizione?

Prendiamo solo il caso scandaloso dell’AMA a Roma, che al contribuente costa più del valore dei propri servizi in termini di trasferimento delle casse comunali e ci diamo una semplice risposta da soli.

Vogliamo iniziare ad impedire che pochi danneggino il Paese di tutti (lo sciopero “bianco” ad Alitalia costituisce un esempio luminoso. Queste persone vanno precettate e poi, in caso di reitero, licenziate. C’è qualcuno in grado di farlo?).

Abbiamo chiesto da queste pagine all’Autorità garante contro gli scioperi sui servizi pubblici essenziali quante multe (ed a chi) sono state comunicate nell’ultimo biennio.

Non interessa sapere quanti giorni di sciopero sono stati fatti, lo vediamo da soli. Interessano i dati ed i destinatari delle sanzioni. Anche questa è “spending review”, anzi è la modalità più corretta: far smettere di pagare all’Italia che lavora, gli abusi di coloro che pensano di avere solo diritti.

Benissimo, a questo proposito, la decisione tutta politica, di dimezzare i permessi sindacali  (4600 i sindacalisti distaccati per un anno intero, cioè circa uno ogni seicento dipendenti pubblici con un costo a carico dei cittadini di oltre 150 milioni annui ed oltre 150.000 ore di lavoro in meno nella P.A., di cui certo non siamo nella condizione di fare a meno). Nella sola Emilia Romagna, Cgil, Cisl e Uil hanno un centinaio di dipendenti pubblici (quindi pagati dallo Stato, con i soldi di tutti) che lavorano nei sindacati e che dovranno tornare alle loro mansioni.

Per Stefano Livadiotti il sindacato è l’ottava azienda italiana: dà lavoro a 20 mila persone. Il suo fatturato supera abbondantemente i due miliardi di euro. Dagli 11 mln di tesserati prende un miliardo.

 

LO STRANO CASO ESPROPRI – ASPETTI DELLA MANCATA ATTUAZIONE DEI PIANI URBANISTICI IN RAPPORTO AL SISTEMA DEI PARCHI PUBBLICI E DEL VERDE URBANO AI DIVERSI LIVELLI

 

Molti espropri deliberati non si eseguono materialmente per mancanza di fondi.

Intanto i proprietari aspettano, pagano le relative imposte e non possono disporre di fatto in alcun modo della proprietà in quanto sottostante alla “spada di Damocle” dell’esproprio già deciso, ma non attuato.

La mancata realizzazione dei servizi degli standard, del sistema dei parchi pubblici e del verde urbano ai diversi livelli si presta infatti ad alcune considerazioni, tanto più valide quanto più i vincoli relativi siano reiterati con motivazioni formali al di là dei termini quinquennali di legge e delle deroghe consentite. In effetti la comune esperienza mostra in tutte le nostre città appezzamenti di terreno in abbandono destinati da molti anni al soddisfacimento dei suddetti standard.

Notoriamente i vincoli urbanistici in genere hanno durata quinquennale e possono essere reiterati in caso di necessità di soddisfacimento dei suddetti standard. Peraltro la mancata realizzazione degli espropri relativi contribuisce a determinare la stessa necessità di reiterare il vincolo!

Gli “standard”, i parchi e il Verde pubblico non realizzati determinano alcune conseguenze:

 sottrazione di un mercato alle aziende interessate alla realizzazione e manutenzione dei parchi e del verde;

 indebito aggravio fiscale per le proprietà dei beni da espropriare (di fatto non commerciabili), chiamati comunque al versamento delle quote IRPEF e quindi di ICI/IMU/…, sulla base di valori ormai pressoché coincidenti con quelli di mercato;

 costituzione di una simmetrica fonte finanziaria (!) per i Comuni che tengono in vita il sistema di cose appena illustrato; infatti i Comuni non avrebbero interesse a realizzare gli standard urbanistici in genere e il Verde in particolare non tanto perché “costa”, quanto perché “rende”.

Un’indagine sistematica su questi temi sembra utile e necessaria a livello nazionale, soprattutto a partire dalle Regioni a maggior vocazione turistica. Si potrebbero conoscere meglio, ad esempio, i provvedimenti in merito che si stanno prendendo in Sicilia, dove in tempi più recenti ‐ come si può vedere consultando internet ‐ il team di architetti/paesaggisti COLOCO con una originale “invenzione culturale” avrebbero scoperto lo stile “incompiuto siciliano”, con epicentro nel comune di Giarre (CT).

 

LO STRANO CASO DEI MAGISTRATI: LA “NEGLIGENZA INESCUSABILE” NON SI DEVE APPLICARE ANCHE A LORO?

Non hanno tardato ad arrivare le polemiche dell’Associazione dei magistrati, non appena il Governo ha reso note le linee guida per la riforma della giustizia. La proposta in sintesi : solo nei casi di grave negligenza del togato lo Stato può rivalersi sulla retribuzione fino a un massimo della metà dello stipendio.

Proprio i magistrati che difendono il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, rifiutano che sia obbligatoria l’attivazione delle procedure per sanzionare la loro responsabilità. I magistrati dovrebbero garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge eppure questa contestazione appare come la rivolta di quei pochi che pensano di appartenere ad una categoria al di sopra di ogni legge.

 

 

LO STRANO CASO DEI DIPENDENTI STATALI

 

Ed a questo punto occorrerà forse un breve cenno proprio a coloro che il diritto lo dispensano e lo amministrano.

E’ certo che i mezzi a disposizione della giustizia sono pochi.

E’ certo che il giudice non può essere sottoposto ad una ordinaria disciplina di produttività (oltre che indipendente, deve essere libero nel suo tempo: se si giudicasse ciascuno di noi, non ci piacerebbe sapere che l’ha fatto velocemente per questione di efficienza, magari tralasciando qualche particolare a nostro favore nell’iter di formazione della sentenza).

Ma è altrettanto certo che i giudici in media lavorano poco e nessuno li controlla. Bisognerà che qualcuno lo dica, invece di parlare sempre e solo di insufficienza degli organici e delle strutture.

Così come è vero che molti magistrati hanno pagato con la vita il loro servizio. E ad essi saremo per sempre grati. Tuttavia non è di questo che si sta parlando; piuttosto si discute del fatto che se le udienze vengono fissate a tre ‐ cinque anni, dipende anche dalla circostanza che alcuni magistrati non sono sottoposti ad alcuni tipo ‐ neanche generico ‐ di reale controllo.

E’ chiaro che generalizzando si pecca di semplicismo ‐ e si fa torto ad alcuni ‐ ma crediamo realmente che occorra fare qualcosa. Compito a ben guardare difficile visto che nel nostro Parlamento la categoria è vermente ben rappresentata.

 

Nonostante 260 mila dipendenti della Pubblica Amministrazione in meno la situazione di cassa non sembra essere migliorata. I costi che lo Stato sostiene sono gli stessi; se il lavoratore un tempo riscuoteva lo stipendio, oggi incassa l’assegno di quiescenza.

Converrebbe trasferire le risorse umane laddove servono, da posti dove sono sovrabbondanti, piuttosto che puntare sui prepensionamenti. L’approccio al problema dovrebbe cambiare; ferma restando l’esigenza di ridurre il numero dei dipendenti pubblici, non si devono scaricare gli esuberi sulla cassa pensioni, ma evitare nuove assunzioni.

In tale contesto, però, ci sarebbe piuttosto da chiedersi che posto avranno i giovani; un contesto così aleatorio necessita di una svolta. Gli stereotipi sulle tradizionali posizioni lavorative dovrebbero lasciare il posto alla voglia di fare, allo spirito di iniziativa e alla riconsiderazione di lavori manuali, che nel nostro Paese vengono snobbati, contrariamente a quanto avviene in altri paesi europei.

Bisogna, dunque, lavorare di più e fino a tarda età: non porre a carico della collettività ulteriori pensioni. La minor spesa potrebbe essere investita a favore dei giovani.

 

 

LO STRANO CASO DELLE (GRANDI) BANCHE

 

Hanno i soldi per Alitalia, per costruire il grattacielo Unicredit a Milano; hanno i soldi ricevuti dallo Stato e

dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Perché non li hanno per remunerare decentemente i correntisti (praticano un tasso vicino allo zero o sotto lo

zero, tenuto conto delle spese varie che spesso occorre pagare per tenere i soldi in banca) e soprattutto per le

imprese?

Qualcuno può spiegare questo mistero in maniera seria? Banca d’Italia (i cui azionisti sono però le Banche

stesse)? Consob? Mef? Qualcuno, insomma.

 

 

 

 

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