Lungo l’inventario delle questioni aperte sulla sicurezza stradale secondo Finco, a cominciare dagli oltre 500 ml di finanziamento per la sicurezza stradale dai proventi contravvenzionali
Secondo ACI-ISTAT diminuiscono gli incidenti stradali in Italia. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto ACI-ISTAT, secondo cui nel 2012 sono stati registrati 186.726 sinistri con lesioni a persone (-9,2% rispetto all’anno precedente), che hanno causato 3.653 morti (-5,4%) e 264.716 feriti (-9,3%). Ogni giorno sulle nostre strade si verificano in media 512 incidenti con 10 morti e 725 feriti. L’Italia conta più di 60 morti per incidente ogni milione di abitanti, mentre la media europea è di 55.
La distrazione è la prima causa di incidente (16,6%), seguita dalla mancata osservazione o imperfetta allocazione della segnaletica e delle dotazioni di sicurezza (16,2%) e della velocità elevata (11,2%): come appare evidente il rapporto strada guidatore è alla base delle cause maggiore di incidentalità.
Nonostante ciò, “attualmente il rapporto costruzione/manutenzione – afferma Lino Setola, Presidente Filiera Sicurezza Stradale Finco è del tutto sbilanciato verso la prima e la manutenzione è relegata ad intervento di emergenza, quando non se ne può fare a meno. La mancanza di controlli di buona esecuzione è poi palese e ne abbiamo avuto drammatica testimonianza in occasione dell’incidente di Monteforte Irpino – il pullman precipitato dal viadotto”.
La gestione del patrimonio viario e la realizzazione di diversi interventi devono avvenire in base a una pianificazione e non sulla gestione delle emergenze. Una programmazione a lungo termine sostenuta dai proventi contravvenzionali porterebbe all’apertura di diversi cantieri, genererebbe un’importante ricaduta occupazionale e la conseguente diminuzione dei pericoli derivanti della strada.
Ai sensi dei vigenti articoli del Codice della Strada vi è l’obbligo degli Enti proprietari di tenere a norma le strade amministrate e di predisporre la manutenzione e, da parte del Ministero delle Infrastrutture, di accertare che ciò avvenga.
Ciò, specie alla luce di un autorevole parere della Corte dei Conti del Lazio n. 21/2011 che rafforza quanto precedentemente affermato dalla Corte di Cassazione, imponendo la messa in sicurezza delle strade indipendentemente dalla presenza di fondi a questo destinati.
I magistrati contabili affermano che “la sicurezza stradale e la tutela dell’integrità fisica della persona non sono interessi comprimibili in ragione della limitatezza delle risorse finanziarie dell’Ente che deve calibrare le proprie potenzialità economiche in modo conforme alle necessità del territorio, anche di quelle che si presentano come situazioni di emergenza ampiamente prevedibili”.
Questo compito sarebbe poi altamente facilitato se finalmente si mettesse mano al “Catasto delle Strade”, peraltro non ritenuto primario dall’Agenzia del Demanio.
Purtroppo il cosiddetto “federalismo stradale” non ha dato buoni risultati e, anche su questo aspetto, occorrerebbe effettuare una riflessione, onde far ritornare ad Anas quantomeno le strade nazionali di maggiore importanza, già trasferite alle Regioni che, a loro volta, in assenza nella maggior parte dei casi di strutture ad hoc, le hanno “rigirate” alle Provincie: con la profonda revisione di queste ultime, che fine faranno circa 120.00 km di strade attualmente in mano ad esse (di cui circa 30.000 ex nazionali)?
Inventario questioni aperte
In conclusione, nonostante il Codice della strada sia del 1992 pochi aspetti, ad oggi, sono stati portati a termine, fatta eccezione per il recepimento di norme comunitarie: probabilmente sulle strade interagiscono poteri ed interessi fra di loro contrapposti che hanno impedito la realizzazione dell’interesse comune dell’utenza:
1. La riforma del Codice della strada.
-Finco è d’accordo nel fare dell’attuale Codice una norma quadro, lasciando gli aspetti tecnici ai corpi regolamentari, purché i Decreti Ministeriali vengano approvati, il che finora non è stato;
- il sistema sanzionatorio va però rivisto estendendolo anche alle inadempienze degli Enti proprietari delle strade.
2. Il “pasticcio” delle contravvenzioni.
Il DM attuativo della legge 120/10 non è stato ancora attuato, probabilmente per la pressione ostativa dei Comuni. Supera l’inerzia il Ministro dell’Interno con la comunicazione n. 0017909 del 24/12/12 che obbliga gli enti locali ad applicare la legge in oggetto anche in assenza di Decreto attuativo. Anche l’Anas ne ha fatto le
spese, rimanendo esclusa da finanziamenti per le strade nazionali, nonostante il notevole gettito contravvenzionale su tali strade (oltre 1 miliardo annuo).
3. Occorre un finanziamento regolare legato ai fabbisogni per la gestione delle strade: la TASI.
Nel ddl di stabilità, all’art. 21, è stata prevista nella TASI una dotazione economica anche per la viabilità; occorrerebbe, tuttavia, che la manutenzione delle strade avesse un finanziamento dedicato e non indiviso con gli altri servizi locali, proprio per la estrema pericolosità costituita dalle strade maltenute considerate dalla Cassazione, con giurisprudenza ormai consolidata, cose in custodia (art. 2051 c.c.) con colpa presunta ed inversione dell’onere della prova a carico dell’ente proprietario delle stesse.
4. Finanziamento della manutenzione stradale tramite imposte per destinazione.
Oltre i contributi locali occorre dotare la manutenzione stradale di parte dell’ingente gettito fiscale attorno al fenomeno della circolazione (oltre 80 miliardi annui) nel quale niente ritorna al cespite che tale provvista fiscale ha generato (cd “imposta per destinazione”).
5. I fabbisogni.
Nonostante la normativa preveda il “catasto delle strade”, realizzato in molte nazioni d’ Europa, tale inventario è ritenuto dall’ Agenzia del Demanio non prioritario. La mancata iscrizione, nel bilancio degli enti proprietari delle strade, del valore patrimoniale del bene demaniale strada, oltre a far perdere in tali bilanci complessivamente circa 500 miliardi di euro, non consente di stabilire i fabbisogni correlati alla valutazione delle tratte in manutenzione.
Conclusioni.
Su questi cinque punti Finco chiede risposte certe per rimettere in moto la sicurezza delle nostre strade ed un settore industriale, quello della sicurezza stradale, che sta scomparendo. Si tratta di interventi costruiti nella “filosofia del fare”, su più punti ed, in maniera minima per ottenere il massimo risultato con il minor costo, a cominciare dagli oltre 500 ml dei proventi contravvenzionali.
F.IN.CO. è una Federazione che riunisce le Associazioni di Categoria che rappresentano gran parte del mondo dei materiali da costruzione, dell’impiantistica,delle dotazioni di sicurezza stradale e delle lavorazioni specialistiche di settore. Nata nel 1994 è una giovane ma forte realtà industriale che aggrega attualmente 32 Associazioni Nazionali di Categoria, in rappresentanza di un comparto complessivo di circa 20.000 aziende e di 550.000 addetti, per un fatturato aggregato di 50 miliardi di euro.
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