Invasione di topi, aumento delle malattie e dei predatori selvatici: questi alcuni dei risultati inquietanti di uno studio portato avanti dal veterinario Alan Beck per capire come sarebbe il mondo se di colpo tutti i felini domestici sparissero.

 di SARA FICOCELLI

CHE SE NE STIA stia acciambellato sul divano, sdraiato a pancia all’aria o pronto a schizzare come una saetta, il gatto, diceva il poeta Verrall Lucas, riesce sempre a essere la donna più attraente della stanza. Il suo magnetismo è noto dai tempi di Cleopatra, tanto da aver oscurato, nei secoli, le sue preziosissime doti di cacciatore.

Per non farci dimenticare che quel “micio” che da piccolo sembra un peluche è in realtà un carnivoro evolutissimo, cercatore infallibile e comunicatore raffinato (esistono 16 tipi di fusa, tutte dal significato diverso), il veterinario Alan Beck, direttore del Centro di ricerca sul rapporto uomo-animale della Purdue University (Usa), ha condotto uno studio per capire come sarebbe il mondo se di colpo tutti i graziosi felini sparissero.

Prospettiva solo apparentemente apocalittica, considerando che specie come il gatto delle sabbie o quello selvatico sono in via d’estinzione e che, in Paesi come il Belgio, presto anche quelli di razza europea scompariranno, avendo il governo promesso di sterilizzare entro il 2016 tutti i gatti presenti sul territorio nazionale.

E come sarebbe, allora, un mondo senza gatti? Stando ai dati raccolti da Beck, di gran lunga peggiore di quello in cui viviamo oggi. Infestato da topi e piccoli rettili, soprattutto nelle aree metropolitane. “I gatti sono fondamentali nel tenere sotto controllo la proliferazione di questi animali invasivi – spiega lo studioso – e possiamo dire che sì, gli uomini danno da mangiare ai gatti ma, senza di loro, non avrebbero loro stessi di che sfamarsi”.

Un mondo privo dei “pets” che amiamo coccolare sarebbe dunque certamente più ricco di roditori e malattie, “e più povero dal punto di vista umano – aggiunge Sonia Campa, consulente per il comportamento felino – perché i gatti, con la loro capacità di affezionarsi senza diventare dipendenti, ci fanno sentire amati, ed è dimostrato che stare in loro compagnia aumenta la nostra autostima”.

L’etologa sottolinea che, a dispetto di queste conclusioni, il ruolo del gatto viene purtroppo spesso demonizzato, presentando il felino come un cacciatore che invece che aiutare danneggia, facendo incetta di uccellini e mettendo in alcuni casi i bastoni fra le ruote ai cacciatori. “La gente non sa – precisa la Campa – che i volatili non sono le prede preferite dei gatti. Loro prediligono topi, rettili, talpe. Animali infestanti e dannosi per l’uomo. Basta sapere questo per capire quanto il gatto sia utile per la nostra sopravvivenza. Per non parlare della sua funzione “terapeutica” a livello psicologico”.

Secondo uno studio pubblicato su Clinical & Experimental Allergy, stare a contatto con un gatto rafforza i bambini nel primo anno di vita contro le allergie, e secondo una ricerca uscita sul Journal of Personality and Social Psychology averne uno in casa aiuta a condurre una vita più felice e sana, perché i proprietari tendono a essere più estroversi e hanno meno paura di avvicinarsi ad altre persone.

Uno studio condotto nel 1997 in Gran Bretagna ha inoltre dimostrato che nel giro di appena sei mesi un gatto domestico uccide circa 9 animali fra topi, uccellini, serpenti e rane, il che significa che i circa 9 milioni di gatti presenti nel Regno Unito uccidono qualcosa come 200 milioni di animaletti selvatici l’anno. Senza considerare le prede “occulte”, che cioè non vengono consegnate al padrone come trofeo ma abbandonate chissà dove o divorate sul momento.

Un altro studio condotto in Nuova Zelanda nel 1979 ha poi riscontrato che, in una piccola isola dalla quale i gatti erano scomparsi completamente, il numero dei topi era quadruplicato nel giro di pochi anni. Una conseguenza, quella dell’aumento dei roditori, che generalmente produce effetti devastanti dal punto di vista ecologico. Uno fra tutti – osservato proprio nell’isoletta neozelandese – la diminuzione degli uccelli, le cui uova sono un pasto ghiottissimo per ratti e topolini (in questo caso, sull’isola, ad avere la peggio furono i gabbiani).

Se dunque i circa 220 milioni di gatti domestici viventi di colpo sparissero, cigni, anatre e gabbiani capitolerebbero a ruota, e probabilmente al loro posto aumenterebbero i predatori che, come il gatto, si nutrono di piccoli roditori, tipo volpi e lupi. Un mondo senza gatti sarebbe dunque un luogo inquietante, in cui i topi spadroneggiano inseguiti da grossi carnivori selvatici. Teniamoci dunque stretto quel felino sornione che ronfa sul divano: la sua apparente indolenza ci salverà. 

 

FONTE : http://www.repubblica.it/scienze/2012/02/05/news/gatti_sparizione-29391569/?ref=DRL-2

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