GLI IMMIGRATI INDIANI AFFLUISCONO DI NOTTE E ALL’ALBA PER LASCIARE LE LORO OFFERTE RIRUALI. CENERI,GUSCI DI COCCO, SCODELLE DI TERRACOTTA: FINISCE TUTTO IN UN’AREA PROTETTA.
NEW YORK - Il primo segnale furono le noci di cocco. Le avvistò a dozzine, che galleggiavano nella
corrente, la guardia forestale John Zuzworsky. Quando fai la guardia forestale a Jamaica Bay sulla punta meridionale di Long Island, sai benissimo che i gusci di cocco lì non sono di casa. Le palme da cocco crescono solo a 1.500 km più a Sud. Così Zuzworsky cominciò i suoi lunghi appostamenti sulla spiaggia. C’è voluta tanta pazienza, solo a notte fonda, o con le prime luci dell’alba, il mistero si sarebbe svelato. Non solo il giallo delle noci di cocco ma anche i lunghi sari variopinti, i tronchi di bambù, le bandiere colorate, le monete esotiche: quel bendiddio che la corrente rigetta sulla spiaggia newyorchese riducendola a un immondezzaio, tutto ha la stessa origine. A Jamaica Bay noi crediamo di essere sulla East Coast americana, dove la Baia di New York si congiunge con l’Atlantico. Per altri quella è Madre Ganga, la dèa protettrice del fiume Gange sacro agli indù. Gli immigrati dall’India, a New York sono un esercito in crescita continua. Erano 206.228 dieci anni fa, con l’ultimo censimento del 2010 sfiorano i trecentomila.
La maggioranza, il 63%, vive nel quartiere di Queens, nei paraggi dell’aeroporto internazionale John Fitgerald Kennedy. Le acque più vicine sono quelle di Jamaica Bay, e per nessuna ragione al mondo un induista praticante può rinunciare ai riti sacri che si svolgono al cospetto di Madre Ganga. Nascite, matrimoni, decessi, ogni scadenza importante della vita, fino alla sua conclusione, va celebrata in compagnia delle acque sacre. Compreso il viaggio finale delle salme, dopo la loro cremazione: guai se non vengono affidate al trasporto della corrente. E così dai primi appostamenti di Zuzworsky fino ad oggi, la polizia forestale di New York si è trovata alle prese con un bel dilemma. Quella che per gli indiani di Queens è Madre Ganga, qui si chiama Gateway National Recreation Area. È un parco naturale, un’area protetta.
Di notte e all’alba, affluiscono gli immigrati indiani con le loro offerte rituali: bastoncini d’incenso, frutta e altri alimenti, latte, vestiti, scodelle di terracotta colorata, perfino intere statue di divinità. Oppure le ceneri dei loro cari, da spargere sulle acque. Poi quando il sole si è alzato, sulla spiaggia arrivano tutti gli altri: e la trovano ridotta a una discarica, con le maree che restituiscono alla sabbia gli avanzi delle cerimonie religiose. Quello che per gli indiani è un segno di adorazione delle acque, per la maggioranza degli altri newyorchesi è un’aggressione contro l’ambiente. I riti induisti diventano un caso politico, dividono gli abitanti di Queens, mettono le guardie forestali in una posizione delicata: bisogna scegliere tra il rispetto politically correct delle credenze religiose, e le leggi per la protezione delle riserve naturali. “Madre Ganga – ha confidato al New York Times Madan Padarat, un fedele indù – porta via le nostre malattie, i nostri dolori, tutte le sofferenze umane”. Ma a differenza del vero Gange, che a Varanasi (Benares) scorre verso il mare, qui a Long Island le correnti non vanno in una direzione sola, e il grosso delle offerte sacrificali non si disperde nell’oceano. La direttrice del corpo dei Park Rangers, Kathy Krause, ha dovuto immergersi nello studio della religione induista, per trovare una via d’uscita. La soluzione ci sarebbe: per gli indù la natura è sacra, rispettarla è uno dei loro comandamenti. E allora l’ufficiale Krause si è messa a girare per i templi induisti della zona, per conquistare i sacerdoti alla sua causa. “È molto difficile – riconosce il bramino Pandit Chunelall Narine – perché non posso proibire ai fedeli di andare a fare le offerte al mare”. Soprattutto nel caso dei funerali: sarebbe imperdonabile impedire il viaggio finale. In occasione di una lettura pubblica del Ramayana, uno dei testi sacri, davanti a mille immigrati indiani la Krause ha trovato una soluzione: usare Earth Day per una mobilitazione collettiva, a ripulire la spiagga di Jamaica Bay. E così ieri nella Giornata mondiale della Terra il popolo indiano si è unito ai volontari ambientalisti, per riprendersi un po’ dei doni che Madre Ganga non ha voluto nell’Atlantico.
FEDERICO RAMPINI
Fonte : http://www.repubblica.it/esteri/2011/04/23/news/gange_manhattan-15285060/?ref=HREC1-12
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