BASSI CONSUMI, MATERIALI RICICLABILI, UN CICLO DI VITA RISPETTOSO DELL’AMBIENTE: GUIDA AI PC ECO-SOSTENIBILI E ALLE BUONE RAGIONI PER COMPRARLI.
Quando si compra una lavatrice, una delle prime informazioni che il bravo venditore dà al cliente è la classe di appartenenza, ovvero l’efficienza nei consumi. Se si acquista un computer, questo non accade, per due buone ragioni. Esistono già etichette e standard che classificano come più o meno ecologico un pc, ma non sono conosciute dal grande pubblico e, in secondo luogo, il consumo di energia di un computer non incide in modo visibile sulla bolletta quanto un frigorifero.
Ma se si ragiona in termini di ecosistema, i pc che restano attaccati alla corrente tutto il giorno o le batterie perennemente messe a rigenerare di portatili e cellulari incidono, eccome, sulla produzione planetaria di energia. Tuttavia, nell’acquisto si tende sempre a privilegiare la potenza, la memoria, la velocità e, giustamente, il prezzo, senza preoccuparsi di quanto inquinerà la macchina una volta dismessa (dopo pochi anni di solito) e quanta elettricità richiederà finché in vita. Eppure, tracciare l’identikit del computer eco-compatibile non è difficile: bassi consumi, assenza nei componenti di elementi tossici e inquinanti, predisposizione a una lunga vita. Una ciliegina sulla torta potrebbero essere la fabbricazione con materiali riciclabili e un ciclo di vita, dalla produzione in fabbrica fino al cassonetto, che disperda la minore quantità possibile di CO2.
Bassi consumi
L’uso congiunti di pc stampante può arrivare fino a 350/400 kWh (kilowatt ora) all’anno di consumi di energia, ma c’è modo di placcarlo sulla linea dei 40 kWh. Questa è la promessa della certificazione Energy Star in Europa, un programma patrocinato dall’UE, applicato anche negli Stati Uniti, per una etichettatura dei prodotti di elettronica per ufficio che ne qualifichi l’efficienza nei consumi. Partendo da un costo dell’energia di 0,10 euro per kWh, le apparecchiature conformi dovrebbero consentire un risparmio tra i 150 euro e i 200 euro sul consumo, almeno per quanto riguarda l’accoppiata computer+stampante. Sul sito si trovano anche alcuni strumenti online per calcolare preventivamente le spese a cui si va incontro, in base al tipo di computer e all’uso che se ne intende fare. Peccato che la classificazione si basi su complesse linee guida, ancora lontane, come fruibilità, dalle categorie di consumo che vengono applicate agli elettrodomestici.
Monitor e pc a zero watt
Strano ma vero, i monitor possono consumare, anche da spenti, da 1 a 6 watt. Circa due anni fa sono stati presentati i primi display che, anche in modalità stand-by, consumano zero watt. Erano i modelli della serie ScenicView proposti da Fujitsu Siemens, in cui, anche in pausa, l’alimentazione si interrompe completamente per essere riavviata, successivamente, da un piccolo impulso elettrico, che si attiva quando il pc manda il segnale video. Secondo uno studio dell’Istituto Federale Tedesco per la Ricerca e il test dei Materiali, l’uso di apparecchi elettrici che in stand-by si spengono completamente permetterebbe di risparmiare circa 35 TWh (Terawatt/ora).
Secondo una recente indagine nelle abitazioni di 1.300 europei, le apparecchiature collegate alla rete elettrica, spente o non in uso, arrivano a consumare l’11% di tutta l’elettricità di una casa, per una spesa di 50-60 euro all’anno a famiglia. La Direttiva europea (2005/32/CE) ha fissato da gennaio 2011 la soglia di 1 watt di potenza assorbita per il consumo in stand-by degli elettrodomestici. Nel 2013, i limiti saranno dimezzati, e gli apparecchi dovranno essere equipaggiati di un sistema di gestione dell’energia in grado di spegnerli celermente. Sul sito di Greenpeace si legge che secondo la campagna di misurazione Selina, su seimila prodotti in vendita nei diversi paesi europei, un terzo degli apparecchi oggi in commercio non rispetterebbe i limiti di consumo in stand by. Lasciare il computer acceso 24 ore al giorno può costare 130 euro l’anno.La stessa Fujitsu ha realizzato la linea di Zero Watt PC che elimina i consumi in fase di stop. L’evoluzione di questa linea sono i nuovi modelli Esprimo Zero Watt della serie 900, che aggiungono anche la possibilità di abbattere l’inquinamento acustico, azzerando completamente il movimento delle ventole in condizioni di normale uso d’ufficio fino a raggiungere quello che l’azienda giapponese definisce lo Zero Noise (rumore, in inglese).
Fa parte di questa gamma, per esempio, il Q900, un prodotto che integra due interfacce USB 3.0 e promette performance elevate malgrado l’ottimo livello di efficienza energetica.
Sulla stessa linea si muove la serie Lifebook, tra cui il Lifebook P701 e il Lifebook S751, dotati di adattatore AC 0-Watt che non consuma energia quando il sistema è spento.
In alternativa, esistono multiprese elettriche “intelligenti”, che staccano automaticamente la corrente dopo un breve intervallo in cui l’apparecchio è lasciato in stand by. Quelle più sofisticate sono persino programmabili.
La Apple ha litigato, negli anni scorsi, con l’associazione Greenpeace, che gli rinfacciava scarsa attenzione ai parametri ecologici nella realizzazione dei propri prodotti. Ma l’azienda di Steve Jobs si è recentemente riappacificata con gli ecologisti, per esempio con i nuovi modelli di Mac mini, dotati di un alimentatore ridotto da 110 watt a 85 watt. L’alimentatore integrato, spiega il sito Apple, permette “di eliminare l’involucro di plastica, ridurre il peso e diminuire il numero di cavi”. Quando è inattivo, però, si legge che consuma, genericamente, meno di 10 watt. In ogni caso, ha meritato la certificazione Energy Star 5.0.
Sostanze tossiche
La vera diatriba con Greenpeace, però, riguardava la presenza di sostanze tossiche nei computer. In particolare, ritardanti di fiamma bromurati (BFR) e cloruro di polivinile (PVC). Anche su questo fronte sembra che Apple si sia messa sulla strada giusta, cercando di eliminare BFR e PVC da schede di circuiti, cavi interni e altri componenti del Mac mini. Restano, tuttavia, le società orientali le più tradizionalmente virtuose; una scuola di pensiero che si può apprezzare anche nel mercato delle automobili.
La nipponica Sony ha aggiunto alla serie di notebook Vaio W un modello Eco, con scocca costruita in materiali plastici riciclati e un display privo di mercurio grazie alla retroilluminazione a diodi. Quasi l’80% delle parti in plastica è costituito da materiali riciclati, tra cui una particolare resina e policarbonati recuperati da vecchi CD e DVD.
Fujitsu ha presentato il primo mouse, M440 ECO, privo di parti in plastica, completamente biodegradabile e riciclabile, prodotto con gli innovativi materiali ecocompatibili Arbform e Biograde. Risale invece allo scorso anno l’annuncio della stessa società della prima tastiera, KBPC PX ECO, realizzata con materiali rinnovabili, che hanno sostituito il 45% delle parti in plastica del prodotto.
Asus, società taiwanese che ha ricevuto numerosi riconoscimenti per l’innovazione tecnologica in senso ecologico, ha realizzato il pc portatile U Bamboo, attualmente disponibile nella versione U53JC, ricoperto in bambù, un’ottima alternativa all’uso della plastica, essendo un materiale che garantisce resistenza ed elasticità, in grado dunque di sopportare forti pesi e sollecitazioni.
Anche Toshiba ha buone referenze sul fronte delle sostanze tossiche bandite: in seguito a una direttiva europea, la società nipponica ha eliminato piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente e altri materiali pericolosi dai propri prodotti già nel 2005. Uno dei migliori e recenti esempi di questa politica eco-sostenibile è il portatile Portégé R700, rispettoso degli standard di consumo energetici Energy Star 5.0 e dotato di display a led senza mercurio. Un software preinstallato, inoltre, aiuta nelle gestione oculata dei consumi del computer.
Lunga vita al pc
La longevità dei pc, invece, è un tema su cui tutte le aziende hanno qualcosa da farsi perdonare. Il ritmo di produzione dei notebook, per esempio, è un’evidente istigazione al consumo frenetico: sul mercato, un modello resta circa 10 settimane prima di essere sostituito da una versione più aggiornata. A ciò si aggiunga che proprio i portatili sono i più difficili da aggiornare nei singoli componenti. Inoltre, è assai più complicato transitare da un sistema operativo a un altro, operazione che annulla la garanzia e rischia di rendere inservibili le periferiche integrate nella macchina per mancanza di driver. In generale, sarebbe bello riuscire a rinviare il più possibile, per le nostre periferiche e i nostri pc, il momento dell’addio. Un computer, anche se vecchio, si può donare ad associazioni umanitarie. Sistemi operativi aperti, come Linux, sono adattabili anche a vecchie configurazioni e permettono di usare computer anzianotti per specifiche mansioni quali i normali programmi da ufficio, il collegamento a Internet e l’uso della posta elettronica.
Da pc a gioiello, riciclaggio creativo
Ove non sia possibile, esistono forme più creative per non trasformare in spazzatura inutile almeno alcune parti del computer. Per quanto riguarda il mercato dei Macintosh della Apple, storicamente più attenta all’elemento estetico anche nella produzione di materiale informatico, è piuttosto comune trovare siti che trasformano pezzi di Mac in oggetti d’arredo, e persino in bigiotteria. E’ il caso di Metalsmith Lauren Anabela Beaudoin, che disassembla i computer della Mela per farne anelli e altri orpelli messi poi in vendita. Uno degli articoli più in voga è un anello ricavato dal tasto Command. Su Etsy.com esercita il suo commercio di anelli Mac-derivati anche Alicia Murphy-Rodriguez , ma in questo caso si può scegliere tra le tante lettere dell’alfabeto.
Buttarlo sì, ma nel posto giusto
Quando il computer è proprio da mandare al macero, non diventa spazzatura comune ma RAEE (Rifiuti apparecchiature elettriche ed elettroniche), un’etichetta che comprende dai frigoriferi al cellulare. I rifiuti elettronici, infatti, se dispersi nell’ambiente possono recare danni all’uomo e al suo ambiente, ma se raccolti consentono il recupero di materiali preziosi.
La Direttiva europea (2002/96/CE) dichiara che tutti i prodotti elettrici o elettronici contrassegnati dal simbolo del cassonetto barrato debbono essere affidati ai produttori di queste apparecchiature per cercare di riciclare la maggior parte delle componenti e smaltire correttamente gli elementi pericolosi. L’Italia ha recepito la Direttiva europea sui RAEE con ritardo e solo dal 18 giugno 2010 è partito il sistema di raccolta presso i rivenditori (il cosiddetto “uno contro uno”). Chi acquista una nuova apparecchiatura elettrica o elettronica dovrebbe poter consegnare al negoziante quella vecchia. Il ritiro è obbligatorio e gratuito, a condizione che il vecchio apparecchio sia di tipo equivalente e con le stesse funzioni di quello che si intende acquistare. Diversamente, il vecchio apparecchio andrà portato negli appositi centri di raccolta organizzati (o disorganizzati) a livello comunale.
Uno dei principali consorzi nazionali impegnati nel ritiro dei rifiuti elettronici è ReMedia, che nel 2010 ha raccolto oltre 45.000 tonnellate di Raee, circa sette milioni di apparecchi di varia natura, televisioni soprattutto. Un dato che cresce anno su anno e che è sostanzialmente raddoppiato dal 2008 a oggi. Ma questa è una buona notizia, perché questo tipo di raccolta consente una minore dispersione di anidride carbonica nell’atmosfera e di altri gas dannosi, come per esempio i CFC che danneggiano l’ozono, ancora presenti nei vecchi frigoriferi. Si può essere ecologisti anche sulla propria scrivania, o con il proprio pc sulle ginocchia. Raramente costa di più e spesso, anzi, fa risparmiare. Basta pensarci.
Claudio Leonardi
FONTE : http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=8940&ID_sezione=&sezione
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