Armi da mettere in campo per arginare il fenomeno … ma prima di tutto parliamone!
Da 34 anni il M.C. G.Quaresima è parte dell’Arma dei Carabinieri, da quasi 20 si occupa di Polizia Giudiziaria e quanto di sua specifica competenza, accumulando in questo lungo arco temporale indiscutibilmente un vasto bagaglio di esperienze scaturite dalla trattazione di innumerevoli casi inerenti ogni genere di reati previsti dall’Ordinamento Penale. In questa intervista vogliamo toccare un tema particolarmente delicato e di grande attualità, quello della “violenza sulla donne” offrendo da chi è in prima linea quotidianamente delle preziose e autorevoli opinioni in merito e alcune importanti direttive a chi ne è vittima.
I dati in Italia sono allarmanti e perennemente in crescita… sconfiggere la violenza sulle donne sembra impossibile. Da dove partire?
Come appena accennato, la violenza sulle donne è un argomento ormai tristemente noto alle cronache e la sua crescita in percentuale è divenuta negli ultimi anni addirittura esponenziale; non è sufficiente pensare che un simile aumento dipenda unicamente da una presa di coscienza da parte delle donne che subiscono violenza, inducendole a denunciare i fatti. La prima cosa che la vittima di violenza dovrebbe fare, è confidarsi con qualcuno di cui si possa fidare evitando così di farsi isolare dalla persona violenta che solitamente mira proprio a questo scopo utilizzando violenza fisica e psicologica o anche soltanto la semplice minaccia. Quindi è assolutamente necessario aprirsi con una persona di cui ci si possa fidare o anche semplicemente presentarsi presso luoghi preposti alla tutela di persone che versano in simili condizioni e parlo di centri antiviolenza specializzati ma anche delle Forze dell’Ordine quali Carabinieri e Polizia di Stato che in merito hanno ricevuto e sviluppato una specifica preparazione.
Oggi una donna che si rivolge alle autorità pubbliche preposte e alle Istituzioni quali strumenti possiede?
La donna che si rivolge alle istituzioni sopra indicate, può contare sulla certezza di una tutela in quanto la persona preposta ad accoglierla sarà certamente in grado di stabilire nell’immediato se sia necessaria un’azione repressiva nella flagranza del reato commesso (arresto o fermo di P.G.), un’azione di contenimento e/o mediazione (sempre nell’immediatezza nei confronti della persona che esercita la violenza) da valutarsi dopo avere preso le necessarie informazioni sul nucleo familiare di interesse, se sia necessaria un’azione di conforto, di assistenza o addirittura una collocazione in ambiente protetto. Il tutto in attesa di provvedimenti da parte dell’Autorità preposta che può propendere per l’allontanamento dal nucleo familiare o il divieto di frequentare gli stessi luoghi.
Prevenzione, educazione, cultura… sono tre fattori indissolubilmente legati fra loro…
Questi tre fattori sono tutti fondamentali ed indissolubilmente legati tra loro ma credo che nella loro importanza, andrebbero menzionati in un ordine diverso; al primo posto andrebbe messa la cultura, al secondo posto l’educazione che comunque è parte della cultura ed infine la prevenzione che non avrebbe modo di sussistere se i primi due fattori servissero allo scopo. E’ abbastanza evidente che la cultura di persone che fanno parte della società nella quale vivono, svolga un ruolo fondamentale perché è noto come nel mondo vi siano paesi dove la donna è considerata come un essere inferiore se non addirittura una sorta di animale da lavoro e da riproduzione. Questo tipo di situazione non si viene a verificare nei paesi industrializzati e culturalmente emancipati dove però è altissima l’incidenza di uomini che perpetrano la violenza sulla singola persona da individuarsi nella moglie, nella compagna, nella fidanzata, nelle figlie e a volte persino nella madre.
Dall’indagine ISTAT è emerso che il maggior numero di violenze avviene all’interno delle mura di casa. Quali donne sono più a rischio?
Quanto appena detto ci riporta a questo specifico punto e cioè che spesso la violenza sulle donne viene perpetrata all’interno delle mura domestiche e che anche altri componenti del nucleo familiare ne sono vittime o comunque a conoscenza. Spesso nessuno trova la forza di ribellarsi a questo stato di cose e solo in alcuni casi la vittima o chi le è particolarmente vicino, riesce a parlare e poi a denunciare i fatti. Questa reticenza va individuata nel timore della violenza stessa della quale si è vittime ma spesso anche nella vergogna di dover mettere in evidenza una situazione di per se umiliante; non dimentichiamo che sino a pochi anni fa anche in Italia le donne che denunciavano violenze o stupri, spesso venivano additate, anche dalle istituzioni, come persone indegne che probabilmente con il loro comportamento avevano fatto scaturire la forma di violenza delle quali erano rimaste vittime. Non è facile individuare una categoria di donne a rischio nello specifico, un certo spessore assume il contesto sociale nel quale si vive (ceto sociale particolarmente basso e quindi cultura come già detto in precedenza) ma non appare esservi una specifica incidenza.
Gli uomini violenti sono recuperabili? Sono previsti percorsi riabilitativi?
Non è facile neppure dire se gli uomini violenti sono recuperabili perché la loro violenza nasce da cause che possono essere molto diverse tra loro prescindendo dal carattere, dall’indole, da fattori di tipo psicologico o semplicemente perché cresciuti o formati socialmente in un ambiente violento in senso generico oppure ancora perché vittime di violenza loro stessi o persone a loro care. Il loro recupero è sempre subordinato ad un particolare tipo di percorso da seguire con figure idonee a capire la causa delle azioni violente ed è quasi sempre a livello psicologico. Il percorso è effettuabile anche presso idonee strutture del comune di appartenenza.
Ci sono oltre le violenze fisiche anche quelle verbali sono le più sottili e le più pervasive perpetrate nel tempo ….
La violenza fisica è la violenza più semplice, la più facile da attuare ma anche la più facile da dimostrare ed è per questo che in molti casi si accompagna ad una forma di violenza subdola che viene posta in essere a livello psicologico. In questi casi è opportuno ritornare su quanto detto in precedenza: quando si è vittime di questo tipo di violenza non ci si deve far isolare dalla persona che la perpetra; quest’ultima farà di tutto affinché la sua vittima non abbia contatti con altre persone e neanche con i familiari.
L’isolamento è il suo alleato migliore perché la vittima si viene a trovare chiusa in un cerchio o una gabbia dove la paura se non il terrore la allontaneranno sempre di più dalle persone che potenzialmente potrebbero aiutarla. Colui che esercita violenza sulla donna spesso gioca anche sulla sua emotività, giustificando i suoi comportamenti con un grandissimo amore, promettendo sempre cambiamenti in meglio e assicurando ogni volta il non ripetersi di episodi violenti.
Vuole dire qualcosa alle donne e le ragazze che ne sono vittime e non riescono ad uscirne?
Sulla base di quanto appena detto, le donne e le ragazze che subiscono maltrattamenti e violenza debbono assolutamente rompere la gabbia nella quale si troverebbero ad essere rinchiuse dai loro aguzzini e sin dai primissimi episodi violenti, rivolgersi a chi è preposto o a chi è in grado di accompagnarle o di proteggerle. Non risulta infatti alcuna casistica che dimostri come un atteggiamento violento posto in essere, nel tempo venga a cessare; un eventuale primo episodio sarà soltanto l’inizio di una caduta rovinosa.
Le vittime di qualsiasi forma violenza devono indiscutibilmente denunciare i fatti facendosi semmai aiutare da parenti o amici ove non trovassero la forza di farlo da sole tenendo bene a mente che il silenzio è il loro più acerrimo nemico.
La Redazione
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