Finco ha, da tempo, sollecitato l’adozione di alcune misure:
La prima consiste nel trasformare le agevolazioni per la sostituzione urbana da temporanee in permanenti se si vuole evitare il picco e poi il riflusso delle attività perché si sono impegnati capitali e risorse umane. Esse devono riguardare anche i manufatti industriali e commerciali, oltre quelli residenziali, nonché essere estese alla “riqualificazione sismica”, poiché il territorio è la nostra prima infrastruttura. Andrebbe poi abbinato l’innalzamento dell’agevolazione per l’abbattimento e la ricostruzione ad almeno il 45% – 50% per facilitare tale operazione nelle aree urbane degradate o periferiche laddove auspicabile e consentita. Questa è la via, oltre ai Piani Città, per rendere vivibili le nostre periferie.
La seconda riguarda la maggioranza necessaria per attuare le misure di abbattimento e ricostruzione con premio volumetrico in sede di condominio qualora si vogliano mettere in cantiere opere che vadano nel senso dell’efficienza energetica. Nelle città questa misura è decisiva per affrontare il nodo della riqualificazione energetica del patrimonio esistente.
La terza consiste nell’ampliamento delle categorie merceologiche cui applicare la detassazione degli utili reinvestiti, comprendendo anche i beni strumentali per le costruzioni non già presenti nel codice ATECO 28, come i beni provvisionali.
La quarta riguarda l’Ecoprestito. Si propone l’accesso a prestiti agevolati a tasso 0 o assai ridotto per 10 anni fino ad un massimo da stabilire per ciascun beneficiario, a cui si accederebbe certificando – tramite un progettista iscritto all’Ordine – di voler effettuare almeno due interventi di incremento dell’efficienza energetica. Il finanziamento, rimborsato in 10 anni, sarebbe sostenuto dagli istituti bancari a cui poi spetterebbe portare in detrazione la perdita derivante dal tasso 0 erogato. Auspicabile un ruolo della Cassa Depositi e Prestiti.
La quinta è la necessità della stabilizzazione del bonus del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici. Esso contribuirebbe, oltre che alla efficientizzazione del costruito nazionale, anche all’emersione del lavoro nero, nonché a corroborare una parte vitale dell’industria nazionale e della connessa occupazione, valutando eventuali modalità di implementazione della misura (rimodulazione tetti dopo il 2012, meccanismi premiali ma non obbligatori rispetto all’intervento complessivo sull’involucro, allargamento alle schermature solari ed agli immobili non strumentali, nonché alle coperture ed agli isolamenti con tetti e/o pareti erbose etc).
In un Paese privo di risorse minerarie, i nostri “giacimenti” (“il nostro petrolio”) sono costituiti dall’efficienza energetica e dall’enorme possibilità di risparmio che possiamo conseguire agendo sul nostro patrimonio immobiliare, specie quello esistente, nonché sui trasporti. Attraverso l’“emmission trading scheme, si sta agendo già abbastanza per il settore industriale.
La sesta infine riguarda l’attuazione delle misure contenute nell’ipotesi di decreto elaborato da Finco “Per un’Italia più bella e più sicura”. La proposta prevede innanzitutto una mappatura porta a porta, vera e propria “due diligence” sismica, energetica e idrogeologica del territorio e del tessuto costruito, da affidare a giovani tecnici under 35 da formare presso gli stessi Ordini Professionali. Si dovrebbero introdurre criteri di progressività degli incentivi al fine di rendere immediatamente fattibili le opere di consolidamento sismico, idrogeologico e gli interventi di riqualificazione energetica da attuare, secondo le indicazioni della predetta “due diligence” e nella direzione dell’intero complesso edificato o territoriale. Si disegnerebbe poi una nuova politica delle infrastrutture e delle città, coordinandola in un ambito nazionale, in modo da promuovere investimenti di tipo “smart ” che possano ottimizzare sia i risultati degli interventi di riqualificazione in oggetto che realizzare quel tessuto di reti di servizi necessari allo sviluppo ed all’ammodernamento del sistema delle nostre città. Le ricadute in termini di occupazione potrebbero rivelarsi veloci ed interessanti. Il patrimonio di esperienze tecniche anche in termini di innovazione tecnologica, che potenzialmente si genererebbe in un arco temporale di 5-10, anni sarebbe tale da permettere le condizioni per costituire una supremazia tecnologica nell’ambito dell’attività edilizia antisismica, del recupero idrogeologico e della riqualificazione edilizia ed energetica soprattutto per interventi nel tessuto costruito. I finanziamenti per gli interventi di un piano di tale respiro, in un arco temporale di 10-15 anni, sarebbero ottenibili da quota del gettito IMU di competenza centrale, trasformandola in tassa di scopo al servizio del territorio (10%-15%).
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