TRATTO DALLA PRESENTAZIONE DI:
Orietta Berlanda
Il segreto di molte creazioni artistiche risiede nell’impiego di una struttura “semplice” ed efficace: la contrapposizione tra due concetti opposti. È questa la felice formula che sta alla base del libro d’arte Dolomiti/New York.
Un ossimoro è già nel titolo, figura retorica che gioca sul paradosso e sull’improbabile, al pari di “ghiaccio bollente” o “gelida estate”. Ma la contrapposizione assiologica natura/cultura è rintracciabile nell’intero impianto del libro, declinata in varie forme .
Il tema di questo progetto a due mani presenta una polarità della natura umana : l’uomo immerso nel caos della città aspira alla quiete della natura, mentre chi vive nel verde è attratto dalla metropoli. L’uso dei contrari è una forma di pensiero archetipica, ed esprime una percezione della vita in perenne squilibrio, da cui deriverebbe una conseguente ricerca di forme compensatrici per ripristinare quello che Bruno Munari chiama l’“ equilibrio simultaneo degli opposti ”.
L’idea di associare le fotografie dei grattacieli di Manhattan alle vette delle Dolomiti nasce al rientro delle autrici da un viaggio a New York. Se sconfinata è la letteratura sulla città newyorkese, così come quella sulle Dolomiti, la novità risiede nell’unione di queste due realtà antitetiche. Da una parte i colori delle Dolomiti nelle immagini di Luisella Savorelli e dei quadri di Annamaria Gelmi, dall’altra tracce trasparenti di Manhattan. Ne risulta un serrato intreccio tra entità naturali e prodotti della cultura: tra il ponte di Brooklin e le Tre Cime del Lavaredo, tra il Seagram Building di Mies Van der Rohe e il Gruppo del Sella, tra il Chrysler Building e il Gruppo delle Terze, tra il Guggenheim Museum di Frank Loyd Wright e il Sass Pordoi, tra il MoMa e il Catinaccio Punta Emma, tra il Ground Zero e Punta Grohmann, e ancora tra il quartier generale della Apple (emblematica dell’albero della conoscenza, della scienza con Newton, e ancora della Grande Mela) e il Catinaccio. Le duplici sovrapposizioni raggiungono momenti di autentica poesia: lo stormo di uccelli sul Catinaccio si sovrappone ai grappoli luminosi di Time Square; l’arcobaleno sul Gruppo del Sella colora il grigio skyline di New York; infine una stessa emozione sublime avvolge la Statua della Libertà così come le rocce dolomitiche.
Le opere di Annamaria Gelmi da vari anni interpretano lo skyline delle montagne e lo pongono a simbolo di una possibile lettura del mondo e dell’oltre. Qui, ribaltando il rapporto montagna e cielo, della montagna-barriera non rimane che la sua silhouette , mentre l’eterea spazialità del cielo si materializza nella carta giapponese incollata sulla tela.
A collegare le due letture delle Dolomiti sono i trasparenti, che separando/congiungendo le Dolomiti con la loro trasposizione pittorica, producono un curioso interscambio tra pieno e vuoto, cosicché, nel loro insieme, sagome dei monti, corrispettive silhouette e scorci urbani trasparenti, offrono una lettura dinamica del diabolico confronto tra due realtà dialettiche, come ha ben intuito Fortunato Depero nell’opera Homus Diabolicus accostando le Dolomiti a New York.
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