LE PROPOSTE DI FINCO CONFINDUSTRIA PER LO SVILUPPO-DECRETO “CRESCI-ITALIA.”
Di seguito una sintesi delle principali istanze settoriali del comparto rappresentato da Finco che prossimamente sarà sottoposto all’attenzione dell’attuale Governo, suddivise in cinque macrotemi.
Tralasciando quelli di ordine generale (in particolare la tutela del made in Italy, il costo dell’energia, Expo 2015 e le infrastrutture) essi sono:
1. Il tema dei ritardati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione e tra le imprese.
2. Il tema della valorizzazione del patrimonio stradale e della collegata necessità della sua messa in sicurezza e manutenzione, con i “mille piccoli” cantieri che tale opera di securizzazione può comportare. Lo è in parte realizzabile attraverso la fruizione di contributi contravvenzionali destinati dalla legge 120/10 alla sicurezza stradale, provventi che per una serie di problemi burocratici, non si riesce a far pervenire a destinazione. Sul punto è stata elaborata su richiesta Finco a cura del Ministero delle Infrastrutture, una modifica dell’art.25 della citata legge, che dovrebbe essere recepita in uno dei decreti del Governo testè in discussione.
3. Il tema dell’efficienza energetica e della opportunità di stabilizzare il bonus del 55% quale imprescindibile misura onde raggiungere i traguardi ambientali cui siamo chiamati come Paese, nonché come essenziale misura di sviluppo.
4. Il tema del rilancio del Piano Casa, con particolare riferimento agli aspetti della manutenzione, anche energetica, ivi comprendendo gli immobili pubblici.
5. Il tema della manutenzione del patrimonio immobiliare che viene declinato sui vari argomenti attraverso un’ipotesi di Decreto “per un’Italia più sicura e più bella”, anche con riferimento ai beni culturali .
Su ciascuno di essi, alcune brevissime considerazioni.
Il tema dei ritardati pagamenti della P.A. verso le imprese, ed anche nei rapporti commerciali tra queste ultime è, come noto, fondamentale e gravissimo.
Di seguito alcune proposte operative, anche sulla scorta del recentemente licenziato “Statuto delle Imprese” (Legge 180/2011), che rappresenta un primo, anche se non del tutto sufficiente, passo nella giusta direzione.
Occorre dunque, a nostro avviso:
1.1 recepire, quanto prima, la Direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, onde rafforzare le attuali misure di contrasto ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (chiarendo che per tali si intendono anche quelle relative a lavori e non solo a servizi e forniture);
1.2 prevedere la possibilità di cessione alla Cassa Depositi e Prestiti, alle banche o ad intermediari finanziari riconosciuti, da parte delle imprese della titolarità dei crediti certificati vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione per i quali sono decorsi i termini di pagamento.
1.3 conferire all’Autorità di Vigilanza per la Concorrenza e il Mercato – in coerenza con l’articolo 35 del “decreto Monti“ – reali poteri di indagine in materia di ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione e nelle transazioni commerciali tra imprese, al fine di accertare l’esistenza di comportamenti illeciti messi in atto da parte della Pubblica amministrazione e da imprese volti a ritardare il pagamento di forniture di beni, somministrazioni, appalti o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo, di vietarne l’esecuzione e di prescrivere le misure necessarie a ripristinare condizioni di concorrenza effettiva, eliminando gli effetti e i comportamenti distorsivi;
1.4 prevedere l’istituzione presso le CCIAA – fornendo loro occasione per un’attività non supplementare a quella associativa – di un “fondo rotativo” per la tutela delle imprese contro i ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali, al quale possano accedere, in caso di mancato pagamento entro i termini previsti dalle disposizioni vigenti, esclusivamente le imprese creditrici che non siano state iscritte nel registro i informatico dei protesti negli ultimi ventiquattro mesi e che non abbiano subito sentenze civili di condanna per ritardato pagamento per la fornitura di lavori, merci o per la prestazione di servizi resi da terzi.
2. Per quanto riguarda la patrimonializzazione della rete viaria italiana, alleghiamo uno schema recentemente illustrato al Dr Stefano Scalera, neo Direttore Generale dell’Agenzia del Demanio, che ha suscitato molto interesse presso il medesimo ed il suo staff.
La valorizzazione del sistema viario del Paese risponde a due notevoli esigenze:
- accrescere il patrimonio del Paese, su un asset non disponibile alla alienazione ma certamente gestibile con ritorni economici (si pensi all’uso della rete stradale per attività collaterali e connesse, rispetto alle quali abbiamo già interessato Ministero delle Infrastrutture ed Aci, che non debbano essere limitate alla sola rete autostradale).
- Trasformare le spese relative alla sicurezza stradale da costo ad investimento.
Si tratta di un passaggio importantissimo, in mancanza del quale, ed in carenza altresì di una adeguata “governance” sul tema “sicurezza “, la manutenzione stradale in Italia è ormai arrivata ad un livello indecente (usiamo questo termine di proposito), con investimenti inferiori di oltre dieci volte a quelli francesi e tedeschi e con costi sociali e sanitari stimabili in 26 miliardi di euro annui.
Il tema della “governance” a questo proposito è decisivo, come ha dimostrato la vicenda della riforma del Codice della Strada (22 Audizioni tra Camera e Senato!).
Occorre un chiaro Atto di indirizzo del Consiglio dei Ministri.
La Sicurezza stradale deve divenire oggetto di azione coordinata dei Ministeri interessati sotto l’egida diretta della Presidenza del Consiglio (tramite un Sottosegretario alla Presidenza) che coordini – politicamente – le “azioni” e le “misure” dell’Atto di Indirizzo.
Non può essere un singolo Ministero a svolgere la funzione di coordinamento poiché non ne avrebbe la forza e l’autorevolezza. L’Organo di “governance” tecnico (Agenzia Nazionale per la sicurezza stradale) dovrebbe essere allocato sempre presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dovrebbe rispondere a obblighi precisi e vincolanti anche in ordine alle responsabilità degli Enti gestori delle strade per la relativa messa in sicurezza e manutenzione (estromissione dell’Ente che non manutiene l’infrastruttura fino ad arrivare alla sussidiarietà da parte di terzi).
Sotto il profilo dei finanziamenti è poi fondamentale sbloccare la vicenda della corretta destinazione dei proventi contravvenzionali.
3. Efficienza energetica e comfort abitativo costituiscono un opportunità unica di sviluppo per il Sistema Paese.
La recente riformulazione della Direttiva Europea 91/2002 sull’efficienza energetica degli edifici, di cui alla D.E. 31/2010, introduce alcuni importanti aspetti riguardanti la futura evoluzione del mercato dell’edilizia residenziale, privata e pubblica, ma anche terziaria e commerciale.
Nel novembre 2011, il Parlamento Italiano ha licenziato il decreto che incarica appunto il Ministero competente per il recepimento in modo che si possa, in corso del 2012, vederne l’entrata in vigore.
Per Finco, però, questa novità normativa rappresenta anche una grande opportunità di sviluppo del settore industriale delle costruzioni e dei servizi ad esso collegati. Obiettivo «emissioni quasi zero» e riqualificazione.
Quali sono gli aspetti interessanti per la nostra Filiera?
Tra le novità maggiormente innovative e controverse, si ha l’introduzione della definizione «near zero energy buildings»: edifici ad energia «quasi zero».
Secondo la direttiva, entro il 2018 per gli edifici pubblici ed il 2020 per quelli privati, il fabbisogno annuo di energia per mq delle nuove costruzioni, deve quasi azzerarsi.
Si tratta di una svolta epocale, con innumerevoli riflessi sul sistema della costruzione, sulla tecnologia e sulla tecnica, oltre che sulla progettazione architettonica ed ingegneristica. Questa definizione è anche stata, in un primo momento, oggetto di contestazione proprio a causa della sua vacuità. Infatti essendo lo zero un’entità matematica per sua definizione ben precisa, il tema del «quasi zero» anziché portare chiarezza ha generato confusione tra gli addetti ai lavori.
Un chiarimento recente da parte del MiSe, ha definito come ragionevole considerare i 30 kWh/ mq anno la soglia del «quasi zero». L’equivalente di un consumo di tre litri di gasolio o di una Classe A di Casa Clima. Un altro aspetto interessante è che la direttiva impegna gli Stati Membri ad un intervento di recupero di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico esistente, per una misura almeno del 3% per anno. Soglia che forse, alla luce del grave momento di crisi e congiuntura economica negativa, verrà ridotta in sede di recepimento ad un più realistico 1%.
Si tratta di considerare di difficile attuazione anche un obiettivo così ridotto. Si pensi ad esempio che Federcasa, la federazione degli istituti di Residenza Sociale, ha calcolato che per ottemperare a tale obbligo, bisognerebbe investire in riqualificazione almeno il triplo rispetto a quanto possibile oggi.
Va però anche detto che innegabilmente la direttiva obbliga tutto il settore dell’edilizia, dal promotore al consumatore, ad un positivo cambio di prospettiva.
Il patrimonio edilizio residenziale italiano si presenta, infatti, con caratteristiche e peculiarità che difficilmente trovano similarità in Europa, per diffusione e connotazione.
Su un totale di circa 30 milioni di unità abitative, di cui 23 milioni effettivamente occupate, la distribuzione per tipologia è tale da presentare i 2/3 del patrimonio ben raggruppati in tipologie costruttive mono-bi e tri-famigliari.
I condomini con più di 30 abitazioni sono appena il 10%. Anche l’età media del parco edilizio è elevata: il 65% delle abitazioni è stato ultimato oltre quarant’anni fa. Forse anche per questa ragione, nonostante il clima favorevole, il fabbisogno energetico totale vale circa 19 MTep. Se consideriamo anche il patrimonio terziario, con una superficie di 900.000 mq e fabbisogno di 12 MTep, il totale degli edifici costruiti «brucia» circa 30 MTep ovvero il 29% di tutta l’energia primaria prodotta in Italia.
Sicuramente il settore presenta un enorme potenziale di riduzione dei consumi ed una opportunità di sviluppo e crescita economica per il nostro sistema Paese. Occorrono però scelte politiche illuminate e chiare.
Con un patrimonio edilizio diffuso sul territorio, e con una proprietà immobiliare dispersa, occorre incentivare gli interventi di riqualificazione «dal basso», poiché in alternativa, senza una consapevolezza cosciente da parte dell’utenza privata, è poco credibile un movimento «green» di attività di riqualificazione spontanea. In questo senso ha ben operato, ed agevolato ad una maggiore comprensione da parte dell’opinione pubblica, il dispositivo delle misure di «detrazione fiscale» in essere dal 2007, il cosiddetto 55%. Se pur con varie rimodulazioni nel tempo, questa misura ha permesso, in 4 anni, la realizzazione di oltre 1milione di interventi (singoli o combinati) su piccole unità immobiliari, con un investimento al lordo delle detrazioni di oltre 18 miliardi di euro: 0,3% di crescita media del PIL per anno.
Va sottolineato che la misura in essere, in scadenza al 31 dicembre 2011, poi prorogata, riguarda solo gli interventi «privati» sulla parte invernale dei fabbisogni, mentre esclude sia i soggetti «incapienti fiscalmente» quali gli enti pubblici e la Pubblica Amministrazione, che gli immobili del settore terziario che non sono bene strumentale.
In altre parole, il mercato sarebbe ancora più ampio e il potenziale di crescita aggiuntiva ulteriormente promettente.
NB – Va inoltre evidenziato che la riduzione dei consumi si attua anche potenziando tecnologie rinnovabili a basso impatto ambientale che forniscono calore. In particolare , Finco sollecita la definizione di una strategia del “tele riscaldare” diversificata a seconda del territorio di riferimento: in città utilizzando in calore proveniente dal metano e dai termovalorizzatori; nelle campagne e in montagna dalle biomasse. Inoltre la realizzazione e l’ampliamento delle reti rappresentano misure di crescita che producono un forte impatto occupazionale a livello territoriale.
Sul fronte occupazionale, si registrano a tutto il 2010 (i dati completi 2011 non sono ancora disponibili) circa 53mila occupati in più proprio grazie agli incentivi, e di questi, con 11mila addetti, il settore dell’infisso è quello che ha contribuito maggiormente.
Questi dati non devono sorprendere: la “Filiera delle costruzioni” è tra quelle poche che si ritrova ad utilizzare un elevato rapporto di «lavoro vivo » rispetto al «capitale impiegato» poiché si tratta di lavorazioni che richiedono il «su misura» ed una installazione a regola d’arte. Anche volendolo, risulterebbe peraltro difficile de-localizzare la produzione altrove.
Il potenziale di risparmio energetico dal settore edilizio, e conseguente incremento di PIL nazionale, è stato oggetto di uno studio da parte di Enea che ha calcolato in 8-16.000 GWh di risparmio annuo, con un intervento su almeno il 5% per anno del parco esistente. L’equivalente di 1 o 2 centrali termonucleari di 3a generazione.
Soprattutto ora, alla luce del responso del Referendum Popolare sul Nucleare, verrebbe naturale attendersi una forte spinta, anche con sistemi di premialità fiscale, verso l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio nazionale.
Infatti il Piano Energetico Nazionale predisposto dal MiSe vedeva per il futuro un buon 25% di energia da fonti nucleari, che ora non sarà possibile realizzare. Per tale ragione bisognerebbe ampliare lo schema degli incentivi anche alla fase estiva, poiché in Italia il picco energetico della domanda si verifica ormai in estate dal 2003. Il raffrescamento artificiale estivo è la principale voce di fabbisogno del settore terziario, ma anche nel residenziale sta crescendo la domanda di condizionatori. Non è spiegabile perché, ad esempio, in un Paese così assolato come il nostro, la schermatura dell’involucro edilizio nelle sue più svariate accezioni, risulti tuttora esclusa da ogni riconoscimento ” scale o incentivo. Lo stesso vale per gli interventi sui tetti e le facciate a verde.
Occorre quindi lavorare per far sì che il nuovo referente politico possa comprendere il valore del potenziale inespresso dalla Filiera, onde possano essere messi in atto tutti gli strumenti di stabilizzazione nelle misure, al fine di permettere agli imprenditori di continuare ad investire in ricerca, e creare i presupposti per quella supremazia tecnologica, tipica dei distretti industriali.
Giova l’esempio della Germania che, con oculate politiche di sostegno al Settore del solare termico, ha generato una supremazia tecnologica e di mercato schiacciante, ancor più sorprendente per un Paese che di sole ne vede ben poco durante l’anno.
Invero, la continua incertezza delle misure di sostegno a cui partecipiamo ogni anno è un chiaro esempio di quello di cui non si avrebbe bisogno. Soprattutto in questo momento difficile per la nostra economia, per il Paese e per la Filiera .
4. Sul Piano Casa . Qui preme aggiungere la necessità che nell’ambito sia del Piano Casa che delle misure di efficienza energetica vengano adeguatamente valorizzati i prodotti nazionali, anche attraverso il Public Green Procurement .Sul punto ci riserviamo di tornare con una più specifica proposta.
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