SE LA BORGHESIA VOTA COMUNISTA.
Due categorie credute perse per sempre nel panorama socio-politico italico sono quelle che un tempo – almeno trentacinque-quaranta anni or sono – venivano riconosciute come “borghesia progressista” e “classe operaia”.
Nell’iconografia videocratica delirante del berlusconismo questi due blocchi sociali erano completamente scomparsi, dato il lungo, laborioso, intenso, e persistente tentativo di riscrivere la narrazione della società attraverso la lente d’ingrandimento dello schermo televisivo.
Esso vomitava addosso allo spettatore modelli di comportamento totalmente antitetici alla “vita vera”, in virtù dell’idealizzazione del “venditore con il sole in tasca” che imponeva aggressivamente lo spaccio di sogni perlopiù irrealizzabili monopolizzati dagli spin-doctors di Mediaset.
La manipolazione del linguaggio, con la scomparsa delle parole sopra citate, era un altro elemento fondamentale appunto per creare quella realtà che lo spettatore televisivo si aspettava rappresentata sul palcoscenico dell’esistenza; rimanendo poi deluso. E frustrato.
Se non compravi questo o quel prodotto pubblicizzato nelle TV del premier, venivi per tutta la vita additato come “perdente”, “triste”, “che emana cattivo odore”, financo “comunista”.
Il tutto gestito da un sistema informativo e mediatico che rendeva la realtà televisiva “sovrapposta” a quella reale: la perseveranza arrogante del mettere in risalto la parte più “animale”, emotiva, irrazionale degli individui-spettatori.
Violenza, arroganza, intolleranza, irrazionalità, aggressività, paura del futuro, squilibrio mentale. Tutto vomitato addosso allo spettatore televisivo ordinario di Mediaset.
Con tali premesse si usciva da casa per imporsi aggredendo – soprattutto (anzi, quasi sempre) verbalmente -; l’urlo per sentire solo la propria voce, e la giornata iniziava e finiva con eventi costantemente stressanti. (Psicofarmaci, molti psicofarmaci).
Se s’intraprendeva la carriera del politico (e non solo), poi, la principale attività era quella di crearsi il nemico come “specchio”.
Le direttive del premier di perseguitare coloro che venivano individuati come tali avevano molteplici funzioni: il nemico andava eliminato in prima istanza psicologicamente. In che modo? Perseguitandolo, appunto. Per strada. Dovunque egli vada c’è sempre qualcuno che segnala la sua presenza ai “compari” via cellulare ”governativo” (sorta di radiotelefono poliziesco); e vai con il dossieraggio, il ricatto, l’insulto, l’insinuazione, la minaccia, il doppio senso, la calunnia. Generalmente quest’ultima riguardava dubbi sull’orientamento sessuale e la sua virilità se uomo, o la presunta infedeltà coniugale e licenziosità se donna.
E non solo pubblicamente, come gli insulti dei fascisti berlusconizzati, indemoniati, dentro i dibattiti televisivi, ma “su misura” per i soggetti da intimidire, per strada, nella vita di tutti i giorni; la “sovrapposizione” quindi della realtà televisiva sulla “vita vera” viene tenuta viva dagli esecutori di tale piano, killers mediatizzati che tentano di azzerare il soggetto psicologicamente prima, e se proprio non capisce si passa alla fase susseguente, dove scendono in campo i sicari professionisti. (Non che questi non siano parte del piano appena descritto: invece delle armi usano la parola come mezzo per tentare di traumatizzare, offendere).
Il crimine organizzato, proprio perché organizzato, comprende e mostra le due facce della stessa medaglia: quella istituzionalizzata, quella della “gente per bene” (i collusi, gli “avvicinati” da emanazioni delle consorterie delinquenziali, oppure dai membri muratori del “compasso e grembiulino”) che siedono tra gli scranni del Parlamento, e quella brutale degli esecutori: gli “eliminatori”. (Spesso, come detto, l’uno non esclude l’altro).
La schiacciante vittoria ai ballottaggi nelle elezioni amministrative di Giuliano Pisapia a Milano, quella ancora più clamorosa e inaspettata di Luigi De Magistris a Napoli e quella di Zedda a Cagliari (i risultati più eccezionali), invece sono il frutto di un’incessante lotta politica di contrasto a questa realtà mediatizzata imposta dagli spin-doctors di Mediaset, principalmente combattuta “sotto traccia”, in maniera invisibile, da una componente giovanile cresciuta guardando le TV del premier “ribaltando” e rifiutando questa realtà catodica attraverso il consolidato utilizzo dell’informatica. La “vita sovrapposta”, frutto del delirio di onnipotenza dei berlusconizzati, subisce un’importante battuta d’arresto. La macchina da guerra del nuovo fascismo perde clamorosamente proprio nella realtà che si era prefigurata di assoggettare come appendice della mente malata del premier, liquidata in una realtà ancora più sfuggente ed impalpabile come quella dello spazio cibernetico, quella di Facebook, quella di Twitter, quella delle aggregazioni spontanee, dei flash mob e delle mobilitazioni popolari (e non populiste).
La realtà rappresentata si riappropria ora delle richieste della classe operaia – redivivo blocco sociale che sembrava scomparso dal radar della tangibilità socio-economica – e alleandosi con essa, la borghesia progressista ha capito che dopo molti anni di vuoto la situazione ora è in forte declino e va totalmente rivista, scardinando il sistematico silenzio culturale del berlusconismo, manipolatore del linguaggio.
Comprensione, tolleranza, apertura al dialogo, mitezza, razionalità, diplomazia, lentezza, capacità di ascoltare sia sè stessi che gli altri erano visti dagli sgherri del premier come un tratto caratteriale di estrema debolezza, di sottomissione, di poca esaltazione e fanatismo: quest’ultime istanze nel ventennio fascista venivano propagandate attraverso un accuratissimo sistema di “pubblicità” – non lontano da quella televisiva (ovviamente, con le dovute differenze del XXI secolo) – che il premier avrebbe propinato a tutto il Paese; questa la parte ”visibile”, di facciata.
Di contro, la raccomandazione “Evangelica” di Pisapia di “porgere l’altra guancia” alle insinuazioni dei sicofanti del premier ha scardinato, ha “scassato” - secondo un indovinatissimo “napoletanismo” – , quel sistema che per molti anni ha tenuto soggiogato un intero Paese, e la reazione berlusconiana è feroce, rabbiosa, violenta, isterica.
Anziani pensionati nostalgici del ventennio fascista e coetanei del premier, che hanno creduto nei “consigli per gli acquisti politici” delle TV del premier e lo hanno sostenuto per più di quindici anni, sono adesso completamente spiazzati, depressi, doppiamente rabbiosi.
E’ una constatazione puramente anagrafica: quelli che quasi vent’anni fa erano coetanei del premier, adesso hanno perso il vigore di quell’azione propulsiva delle mentalità ferocemente traumatizzate dalla violenza del fascismo “dalla culla alla tomba”, e i sondaggisti del premier si sono arresi all’evidenza (anche se si tenta in tutti i modi di negarla nell’agorà mediatica.)
La retorica è cambiata certo, ma la perseveranza nel creare una nuova coscienza civile, quella che si sta manifestando nel Paese a iniziare dalla Lombardia, rende la vita politica dagli accoliti berlusconiani sempre più difficile.
Essi continueranno a corrompere, a intimidire, a perseguitare metodicamente i loro presunti “nemici” con mezzi illegali e criminali, ma ormai questi criteri sono svendibili solo in un contesto delinquenziale non più nascosto dalla realtà distorta emanata dalla macchina da guerra del premier, inutile fardello senza più ragione di esistere nell’era della Rete.
Internet e le giovani generazioni hanno cambiato, “scassato” tutto.
Marco Rossi.