In questa era paranoide e terroristica del XXI secolo la tecnologia ha preso il sopravvento in tutto e per tutto; il mondo intero adesso viene sempre più filtrato dallo schermo dei computer dei cellulari, i-Pad, i-Phone, Bluetooth, Blueberry, e via dicendo.
In una realtà virtuale fatta di pixel (ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di una immagine nella memoria di un computer) di connessioni alla rete informatizzata e di realtà virtuali, lo scambio faccia a faccia proprio degli umani viene gradualmente assorbito dal reticolato invisibile della rete, tuttavia accessibile 24 ore su 24.
All’inizio della sua nascita Internet veniva dipinto come “un’autostrada informatica” (information highway ) e già qui ci sarebbe da commentare parecchio sull’egemonia assoluta della cultura occidentale americana, come pure sulla scelta di quale forma della lingua inglese viene di conseguenza utilizzata: la traduzione in lingua italiana della parola highway come “autostrada” è riduttiva in quanto le autostrade europee sono di gran lunga più piccole delle highways americane, e in Inghilterra la parola corrispondente è motorway.
Ancora non ci si capacita come mai la scelta di una forma linguistica comunemente accettata come quella egemone, una volta non scritta correttamente da un/una parlante di lingua inglese nella sua forma britannica (una parola come ”colore” in inglese britannico si scrive colour - con la u tra la o e la r – mentre lo statunitense l’ha semplificata in color senza la u; neighbor ”vicino/a di casa” senza la u negli Stati Uniti, e in Inghilterra e nei paesi del Commonwealth neighbour; centre “centro” nel Regno Unito, e negli USA center per fare qualche esempio) venga considerato un errore nelle email.
Ok, i computer sono fabbricati in maggioranza negli USA e di conseguenza l’inglese americano è quello usato e riconosciuto dalle macchine, anche se per esempio chi usa hotmail può ”settare” la lingua a proprio gusto ed esigenza con la scelta di un inglese britannico oppure no.
Fortunatamente c’è ancora qualcosa di umano nel fatto che ci si può permettere di sbagliare grammaticalmente e sintatticamente, prerogative del tutto naturali, delegando poi alla macchina di occuparsi delle correzioni.
Alla nascita Internet si diceva, veniva anche caratterizzato in numerosi video nelle TV musicali (tipo MTV) che raccontavano come era possibile che un’entità invisibile che non si poteva toccare avrebbe gradatamente determinato la realtà commerciale mondiale da dove sarebbe passato quasi tutto il business globale.
Il video che descriveva questa entità mostrava un prototipo dello spazio infinito, una sorta di big bang primordiale, contenente il tutto e il niente con una voce fuori campo visivo che faceva domande di tipo quasi esistenziali del genere: “ma questa rete dov’è? Si può vedere, toccare?”; “E visto che è anche commercio, business, si può comprare?” E le risposte che venivano date erano: “è intorno a tutti noi”; “non si può toccare, ma vedere sì”; alla domanda se si può comprare, evidentemente tutto ciò che esiste in Internet è come un gigantesco mercato mondiale dove tutto è in vendita, e dove la pubblicità di tutto ciò che comprende lo scibile umano è la sua vera ragione di esistere, e lo schermo del monitor del computer è la sua porta d’accesso.
Già, lo schermo: lo schermo è anche quello invisibile che noi poniamo tra la realtà esterna e la nostra interiorità, una maschera che indossiamo a seconda della situazione che viviamo, e l’interazione umana che impariamo fin da piccoli sarà quella che determinerà ciò che saremo in futuro, e ora più che mai lo schermo del computer ha anche questa funzione di “educatore”.
Agli albori dell’era della globalizzazione venivamo ipnotizzati da promesse tipo: con la globalizzazione le macchine faranno il lavoro al posto nostro e avremo molto tempo libero per rafforzare rapporti umani e familiari con conseguente miglioramento dello sviluppo economico e benessere psicofisico.
Il lavoro potrà essere fatto anche da casa (il telelavoro); meno inquinamento, più impatto ambientale (ci si sposterà meno nei tragitti casa-lavoro-casa); le relazioni familiari miglioreranno; i genitori potranno restare a casa di più con i propri figli e dunque i rapporti progrediranno; più tempo per sé stessi con conseguente apporto di benessere fisico e relazioni ottimali con i propri consanguinei.
Invece ci stiamo schermando, allontanando dalla realtà sempre di più, e la rete viene sfruttata spesso come un mezzo di polizia virtuale per controllare, manipolare, automatizzarci, e in un’ottica di alienazione oramai pervasiva, le informazioni che ci bombardano ogni minuto secondo, possono giocare con le nostre menti in maniera del tutto arbitraria e cambiare la prospettiva personale fabbricando realtà che non conoscevamo.
Ce ne dà una prova Maurizio Chierici sul Fatto Quotidiano di martedì 17 aprile 2012 a pagina 18 quando svela i trucchetti di come veniamo terrorizzati attraverso “l’autostrada informatica” – disponibile a tutte le ore di giorno e di notte – con un estratto del suo articolo. E i dati sono un fatto acquisito: ”Bisogna lavorare fino a 70 anni altrimenti mancano le risorse per i giovani senza lavoro. Va in scena la commedia del limare, sfumare, minacciare per garantire la speranza alle generazioni espulse dalla società. Milioni di ragazzi che non trovano lo spazio di un confronto concreto forse per vergogna delle promesse finite in niente, forse per l’inconsistenza di piccoli e grandi capitani d’industria dalla cultura modesta: delocalizzare anziché ristrutturare. Banda larga in alto mare, ultimi insieme alla Grecia.
L’analisi del Global Information Technology report 2012 smaschera le ipocrisie. l’Italia non funziona per le infrastrutture insufficienti e per non aver sviluppato le competenze tecnologiche indispensabili per tenere il passo dei paesi dove l’economia corre. Per il World Economic Forum siamo al quarantottesimo posto nel processo di digitalizzazione, classifica disastrosa per un’economia G20. Davanti a noi Barbados, Cile, Uruguay, Costa Rica. In Europa ci guardano dall’alto Croazia e Montenegro. Le responsabilità trascinano la politica nel branco dei disadattati. Posto numero 113 nella competitività assieme al Portogallo e Spagna; sistemi di innovazione e istruzione pietrificati per il funzionamento debole delle istituzioni”.
Sempre di più la paura e l’emergenza perciò: due categorie assi portanti della manipolazione da parte di istituzioni incompetenti, che devono essere necessariamente messe in discussione costantemente.
Che ciò si la prerogativa di questa “democrazia virtualizzata” è più che pacifico; che la comunicazione abbia subito un’accelerazione inimmaginabile anche pochi anni or sono, anche questo è fuor di dubbio; ma allo stesso tempo viviamo una realtà emotiva maggiormente ingigantita dalla costante interazione con gli schermi dei computer, cellulari, i-Pad e i-Phone che ci proiettano immediatamente in realtà molto distanti ma essenziali per il nostro avvenire.
L’andamento borsistico globale per esempio, vissuto con estrema apprensione può determinare tenute di governi mondiali e decretare i loro crolli, continui alti e bassi emotivi che passano dall’euforia più incontrollata alla più profonda depressione, non molto salutare per l’equilibrio psichico - tutto dentro gli schermi: con i contenuti sfruttati ad arte.
Tutto questo ci rende sempre più insicuri, spaventati, rabbiosi, frustrati ed estremamente paranoici: alziamo gli schermi interiori e ci fidiamo di quelli elettronici invece, che ci rendono asettici e distanti; spesso il nostro prossimo esiste solo dentro lo schermo.
Se il futuro si scruta negli occhi degli utenti, degli internauti sempre più giovani dunque, quale tipo di futuro avranno (e avremo) davanti?
Un fatto nuovo – pur nella sua atroce realtà - si presenta sullo scenario mondiale: il 22 luglio 2011 un pazzo con idee politiche dichiaratamente filo-nazifasciste delira di pulizia etnica e abbatte a fucilate quanti più ragazzi e ragazze che non la pensano come lui politicamente si trovino davanti, durante un convegno del Partito Laburista Norvegese sull’isola di Utoeya; prima del massacro aveva approntato una strategia di depistaggio con una bomba presso il quartiere degli uffici amministrativi del governo di Oslo per concentrare l’attenzione generale là, e raggiungere indisturbato l’isola dove si teneva il raduno della Lega dei Giovani Lavoratori, la sezione giovanile del partito. E’ strage. Ne ammazza 69 a fucilate sull’isola, e sulla terraferma 8 con la bomba, e ne ferisce più di 200.
E’ passato quasi un anno dopo l’arresto del pazzo nazifascista assassino che si è arreso subito vedendosi circondato dalla polizia arrivata sull’isola con enorme ritardo; e al processo la natura pacifista dei Norvegesi ha dato una lezione al mondo intero in termini di maturità e rigore morale: non ci sarebbe voluto nulla a radunare 40-50.000 militanti che gridano vendetta per ripagare tutto l’odio feroce vomitato addosso a loro da uno psicopatico e minacciare disordini sociali.
Invece un gruppo di più di 40.000 persone si è radunato sotto il palazzo di giustizia dove si svolge il processo, e ha cominciato a cantare un canzone odiatissima dal massacratore Anders Behring Breivik – udibile chiaramente da dentro le stanze del palazzo – che descrive come dovrebbero andare le cose nel mondo secondo i militanti del Partito Laburista Norvegese, quel mondo che un nazifascista psicopatico ha tentato di annientare ammazzando i suoi giovani militanti.
La Norvegia dà un esempio globale di come in un attimo gli schermi che ci isolano, ci allontanano l’uno dall’altro, sono insignificanti di fronte al processo di guarigione da un dolore immenso; i testi della canzone descrivono quanto di meglio si possa desiderare dalla vita, fatta di rispetto reciproco, rifiuto dell’odio ed armonia dei rapporti tra esseri viventi.
I militanti della Lega dei Giovani Lavoratori Norvegesi hanno tutto il futuro davanti, un futuro che passa anche attraverso la tecnologia che ha permesso il raduno nelle strade adiacenti il palazzo di giustizia di Oslo per cantare di pace e non-violenza, una tecnologia che se utilizzata per una giusta causa oltrepassa gli schermi interiori che ognuno di noi utilizza per nascondersi, al di là della paura, al di là dei deliri di pericolosi psicopatici nazifascisti.
Marco Rossi
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