SARKO’ STA A NAPOLEONE III COME BERLUSCONI STA A NAPOLEONE BONAPARTE?
Questa similitudine, sicuramente azzardata e provocatoria, porta a riflettere sulla storia e sui suoi “sbavi” e “ricami”, quelli che Vico chiamava “corsi e ricorsi storici”; per capirsi: nulla è nuovo sotto il sole.
Napoleone e Berlusconi hanno due cose in comune: il coraggio e la faccia tosta; tanto che li definirei degli statisti.
Con questo voglio fargli mezzo complimento in quanto, per la storia, quella vera, si definisce statista colui che ha la forza e il coraggio di cambiare le cose… e cambiare le cose, spesso, vuol dire fare casini.
In effetti il mandrino dell’evoluzione è il cambiamento, come e perché avvenga è un dettaglio; per cui la buona fede non è necessaria e volendo dirla tutta Napoleone, oltre a sconquassare l’Europa, cambiò la storia creando le basi per lo stato moderno; di certo, però, non si può dire che era in buona fede ma era sicuramente mosso da ambizioni… una prova? È vero il contrario: Gerolamo Savonarola, in perfetta buona fede, fece dei danni a Firenze che ancora oggi, a distanza di secoli, la storia ricorda.
Veniamo all’altra similitudine, quanti di voi hanno provato un senso di frustrazione confrontando il grande Napoleone Bonaparte megalomane, abile e coraggioso con il nipote, non a caso chiamato da Hugo “il Piccolo Napoleone”, che non aveva la forza militare né la statura dello zio.
Napoleone III sarà un furbo diplomatico e uno scarso soldato; non voglio fargliene una colpa, ma avendo un tal zio era difficile non sfigurare.
La frustrazione, sui libri di storia, si fa più palpabile quando Napoleone III, dopo tante promesse e strette di mano alla Causa Risorgimentale, alla fine ci usa, contro gli ingombranti vicini: gli austriaci, per poi, al momento giusto “venderci” trattando con gli Asburgo e lasciando alla nascente Italia un pugno di mosche…. La grandezza della Francia di Napoleone? Un ricordo sbiadito.
Facendo un paragone, sempre in sintonia con “i corsi e ricorsi storici”, possiamo osservare come sta andando a finire la questione libica.
Molti di voi avranno capito che il disagio in Libia esisteva ma che la spinta a ribellarsi è stata data da Francia e soprattutto Inghilterra che hanno ben soffiato sul fuoco.
La Perfida Albione, che ben conosce il detto “Divide ed impera”, da sempre è esperta, la storia di tutte le epoche ne è testimone, sul “soffiare” sul “fuoco” dei movimenti indipendentisti ed irredentisti.
L’indipendenza del nostro stesso paese fu favorita dagli inglesi in contrapposizione agli austriaci, francesi e “papisti”.
La Libia è un paese (o forse era?) di 6 mln. di abitanti, quindi è normale che vi siano mercenari, avendo pochi abitanti e tanti soldi; è normale che la Libia sia abitata in massa dai vicini tunisini e egiziani e che questi ultimi per la guerra siano fuggiti finendo sulle nostre coste.
Un paese così abitato da stranieri meno abbienti è facile preda di chi voglia creare tensioni contro un governo di certo discutibile come quello di Tripoli.
Assommando l’eterna ostilità della Cirenaica verso la Tripolitania, dovuta anche al fatto che quando c’era il re Idriss, prima della rivoluzione di Gheddafi del ’69, la capitale era Bengasi, ci troviamo servita una “calda e fumante” guerra civile.
La nostra posizione non è invidiabile, in effetti Francia ed Inghilterra non hanno nulla da perdere mentre noi abbiamo tutto da perdere.
Gheddafi deve la sua rivoluzione del ’69 anche all’Italia, caccia gli anglo-americano dal suolo libico e consegna di fatto, una grossa fetta della ricca economia libica in mani italiane.
L’annosa e ostentata ostilità del Colonnello verso l’Italia era solo una maschera di ghigno per convincere, inutilmente, la Cirenaica sulla sua indipendenza dal Bel Paese.
Il doloroso dilemma è cosa potevamo fare? Due cose sono certe: la prima è che dobbiamo accettare che questo “podere in Chianti” che è la Libia prima o poi lo perderemo in parte o del tutto e la seconda è che non siamo tagliati per la politica estera.
Se la Francia e l’Inghilterra hanno deciso di far “scoppiare” la Libia noi non potevamo impedirlo, ma di certo dovevamo prendere una posizione più seria e decorosa; cioè non parteggiare per nessuno ma proporre iniziative di pace.
I “Galletti” francesi prima si mettono bombardare Tripoli trascinando nell’impresa i poco avveduti italiani e poi, dopo aver fatto rompere ogni ponte “Tripoli-Roma”, trattare con Gheddafi…. Sarkò come Napoleone III.
Nel dilemma di una difficile scelta tra un Gheddafi più forte e dei ribelli tanto carezzati ma poco organizzati ed aiutati concretamente e con i nostri pozzi dalla parte dei ribelli, ci mettiamo a seguire un assurdo, inutile e colpevole bombardamento di Tripoli, che non fa altro che provocare vittime civili.
Purtroppo Sarkò è un “voltagabbana” come Napoleone III, Napoleone III non aveva la stoffa dello zio, Berlusconi né tantomeno Frattini hanno la stoffa di Cavour.
Udm
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