SABATO 15 OTTOBRE, MILIONI DI PERSONE “INDIGNADOS”, MANIFESTERANNO A ROMA ED IN ALTRE 400 CITTA’ DEL MONDO.

 

IN SIMULTANEA, PER PROTESTARE CONTRO IL DEBITO ED INVERTIRE LA TENDENZA. IL RUOLO FONDAMENTALE DEI POPOLI INDIGENI.

Il doppio condono fiscale ed edilizio proposto da questo governo ormai all’agonia, ripropone quello che è già successo negli anni ’80 e ’90, esattamente tra il 1980 ed il 1997. In quegli anni la deregulation era devastante, i condoni erano anche immobiliari e fiscali ed in totale, quei provvedimenti racimolarono 22 miliardi, ma grazie alle prescrizioni, se ne sono persi ben 883. Quei soldi che avrebbero, se non azzerato il debito, l’avrebbero ridotto di molto.

Le critiche, questa volta oltre che dalle associazioni di milioni di cittadini, sono venute anche dal mondo economico e finanziario, con opinioni che lasciano un pò sconcertati: il condono costa troppo!

Il sole 24 ore nella pagina economica di questi giorni afferma: “Costa all’Erario e ai Comuni assai più che al contribuente” E continua: “Non tanto e non solo per le spese amministrative, che comunque pesano, ma soprattutto per la rinuncia al gettito regolare che deriva dall’applicazione della sanatoria”.

“L’erario ci rimette solo a parlarne” titolano Saverio Fossati e Gianni Trovati sulla stessa pagina del quotidiano di Confindustria. “Il condono può convenire solo a una politica affamata di risultati a breve termine, anche elettorali, ma le cifre raccolte non possono nascondere le voragini che si aprono su un tessuto fiscale già lacerato, né gli sfregi al territorio (e ai conti comunali) inferti dalle case abusive che si moltiplicano sull’onda delle sanatorie”.

Insomma è percepibile la condizione che siamo di fronte all’abisso.

Probabilmente chi ci governa, oltre ad essere consapevole di questa angosciosa situazione, vuole spolpare sino all’osso le casse dello Stato prima della caduta a picco.

Certo questo non è un ragionamento cospirazionista, né il catastrofismo politico, ma a sentire diversi segnali, riportati dagli analisti dei più diversi orientamenti ideologici, si arriva sempre alle stesse considerazioni.

Le distorsioni del capitalismo finanziario sono chiaramente evidenziate sia dagli opinionisti del  Sole 24 Ore che del Manifesto.

Anche le corse forsennate delle borse, che investono sulla Borsa di Milano, viene sicuramente letto in questa ottica. Così come la capitalizzazione delle banche esternata  in primo piano, dal nuovo asse franco-tedesco, lancia il messaggio subliminale: facciamo cassa, pariamo il colpo!

Prima del default annunciato della Grecia e a seguire, prima del rovinoso precipitare degli altri paesi, tra cui l’Italia, afflitti dal morso del debito sovrano.

Il parallelo con le condizioni vissute in passato dei paesi falliti, come l’Argentina, ci ha dimostrato che l’agonia può essere lenta e prolungata, con un progressivo smembramento dello stato a beneficio dei privati.

Il principio diventa che si guadagna molto, proprio in virtù del rischio che eccita la perversione dei mercati. Alla fine qualcuno ci rimarrà bruciato, ma i giganti sanno sicuramente come salvarsi la pelle. E ce lo hanno dimostrato!

 

In questo contesto dove le soluzioni politiche non convincono, molti popoli scendono in piazza, esattamente in 45 paesi del mondo, Italia inclusa.

Il 15 ottobre si protesta contro la dittatura dell’establishment finanziario e l’immobilismo interessato della politica.

La giornata di proteste globali e simultanee contro la crisi ed il ricatto del debito pubblico, coinvolgerà milioni di persone che protesteranno in almeno 400 piazze mondiali.

Il tam tam per la mobilitazione di sabato prossimo, che propone una giornata che non dovrebbe trasformarsi nella solita parata mediatica con le bandiere dei partiti, ma sarà all’insegna di dibattiti, concerti e poi “tutti a casa” sapendo chiaramente a chi si fa riferimento.

Per l’Italia l’occasione di unirsi alle piazze occupate all’estero, dagli indignados di Barcellona, agli americani dell’occupazione di protesta “Occupy Wall Street” dove migliaia di persone sono già unite e radunate nelle vicinanze dei palazzi del potere economico.

 

La crisi economica è un fatto reale, nonostante le momentanee euforie o depressioni delle borse, conseguenze dirette di una crisi di sistema dei mercati finanziari e del debito degli stati sovrani.

A pagare a caro prezzo le conseguenze di questa crisi economica reale sono i lavoratori che dall’inizio di quest’ anno sono arrivate ad oltre 930.000 in cassa integrazione.

La perdita di reddito complessiva dei cassintegrati e’ di circa 3 miliardi: in pratica quasi 6 mila euro per un singolo lavoratore a ”zero ore” da gennaio.

I tavoli di confronto, dall’inizio della crisi, a fine luglio si attestavano a 187 e ora sarebbero saliti ora 191.

A questi si aggiungono milioni di precari, che non hanno né casse integrazioni, né associazioni sindacali che li difendono.

In Grecia, si prendono contromisure e si stanno attrezzando con gli strumenti della decrescita. Come riporta il New York Times si sta diffondendo il “baratto” .

Nella cittadina di Volos presa ad esempio, si utilizza un “sistema di compensazione” tra le persone che aderiscono, basato su un software opensource molto semplice. Inoltre sta aumentando il giro di affari in “monete locali” oltre ad ogni sistema che prevede il non utilizzo della moneta.

Insomma, come nella Argentina del 2001 (anche li i sistemi di scambio furono molto usati) le persone stanno reagendo alla devastazione prodotta dalla finanza/politica prendendo in mano il loro futuro, creandosi opportunità di lavoro, di produzione e consumo locale e venendo incontro alle reali esigenze delle persone.

Il 15 ottobre sarà una data storica, o l’ennesima occasione persa.

La maggior parte dei manifestanti che si apprestano ad intervenire sabato a Roma, rivendica un nuovo modello di sviluppo, ed un motivo centrale: “non ci rappresenta nessuno”, infatti l’autonomia di pensiero e ragionamento, delle pratiche condivise, con estrema umanità, come è successo a Barcellona all’inizio settembre, diventa un filo conduttore comune che lega questi protagonisti che si propongono di disegnare un un nuovo modello di sviluppo, dove non ci siano valori come lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma l’uguaglianza, la solidarietà e soprattutto la distribuzione della ricchezza prodotta.

“Ecco perché proponiamo di caratterizzare quella giornata e la nostra presenza alle mobilitazioni costruendo uno spazio sociale e di movimento che reclami il diritto all’insolvenza, al reddito e alla libertà di movimento per tutti i soggetti che stanno pagando la crisi.”

Per i movimenti italiani una gran parte della società italiana, ha dimostrato la voglia totale di cambiamento dimostrata con la vittoria dei referendum.

Il confronto con alcuni dei leader mondiali, come Mercedes Ozuna che hanno ispirato il cambiamento in un intero continente, diventa un’occasione molto importante di scambio ed arricchimento reciproco. così come il tema della giustizia climatica a livello planetario.

Emerge quindi chiaro un elemento centrale nella costruzione di modelli di sviluppo e di società diversi da quello attuale, insostenibili ed escludenti.

Su questo tema, diventa fondamentale il ruolo dei popoli indigeni a livello mondiale per la salvezza e la difesa delle foreste e dei beni comuni.

Abbiamo tutti e tutte un debito di riconoscenza verso “i figli della Terra” che ci hanno consentito di disporre ancora di un pianeta vivo; un impegno che a livello planetario i popoli indigeni portano avanti per il bene comune, influenzando e diventando un punto di riferimento per i movimenti e la società civile in tutto il mondo.

La saggezza ed intelligenza dimostrata dai movimenti indigeni, a partire proprio dall’insurrezione indigena del Chiapas del primo gennaio del 1994, sono elementi fondamentali per affrontare la sfida per la salvezza del pianeta che si giocherà nei prossimi mesi negli appuntamenti internazionali sui cambiamenti climatici di Durban e di Rio+20 dove è in gioco il futuro di tutti .

Sicuramente dal 16 ottobre qualcosa sarà cambiato in questo Pianeta, forse sarà solo un timido segnale per invertire la tendenza, ma rimetterà in moto, ed in modo diverso, milioni di coscienze sopite ed anestetizzate da questi regimi catastrofisti che hanno governato il mondo sino ad oggi.

 

Giorgio De Santis

 

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