CHI HA LIMITATO LA LIBERTA’ DEGLI ALTRI, HA OFFESO IL MONDO INTERO. INDIGNARSI PER QUESTO E’ UN ATTO DOVUTO NON UN’OPINIONE.
Rievocare certi personaggi della storia più crudele che l’umanità abbia mai conosciuto, ed addirittura lodarli, ha l’amaro significato di non riconoscere il dolore di chi ha visto i propri familiari perire per mano dei nazisti, che hanno ucciso più di 6 milioni di persone. E non solo riapre ferite dolorose, del più grande sterminio di massa, che ancora oggi non sono rimarginate, ma non considera la lezione che la storia ci ha tramandato. Affermare questi uomini grandi, diventa decisamente offensivo. L’evoluzione dell’ uomo credo sia soprattutto far tesoro degli errori del passato, non riproporli.
Indignarsi su questi fatti storici, penso sia “dovere” di ogni sincero democratico e libertario, amante della libertà, ma in particolare rispettoso della vita e condizione di qualsiasi persona su questa Terra. Tutto ciò per sottolineare che quello che Udm (farebbe meglio a firmarsi con nome e cognome quando parla di questi argomenti) chiama grande un uomo che è stato complice ripeto, del più grande sterminio di massa della storia, infischiandosene della libertà e la vita degli altri, e che se fosse vissuto oggi, sicuramente nessuno di noi avrebbe scritto nulla se non le cose gradite al regime, Udm compreso.
Questo significa che il DNA dell’uomo, non solo non è stato modificato nel rispettare gli altri e le loro libertà, ma che tende a rievocare fantasmi ormai morti e sepolti, tentando di “distrarre” l’opinione pubblica dai problemi attuali che affliggono l’umanità intera.
Non mi dilungo sulla risposta, perché basta andare sui diversi siti, per capire quello che è stato il nazismo ed i suoi protagonisti, ho ritenuto intervenire non per esprimere un’opinione sull’articolo, ma per compiere un atto dovuto alla memoria dei milioni di morti per mano nazista, e per respingere l’offesa alla memoria di quelle persone e dei loro familiari. A proposito dei familiari riporto qui di seguito le opinioni ed i commenti dei figli del Terzo Reich, in particolare del figlio di Rommel, che è stato per 15 anni sindaco di Stoccarda e forse le sue parole sono la risposta più adatta all’opinione di chi ha scritto l’articolo in questione.
(4 novembre 1996) – Corriere della Sera
“E non cambia opinione adesso, paladino controtendenza della societa’ multietnica e irriducibile critico delle chiusure della Cdu nei confronti degli immigrati stranieri: “Qui a Stoccarda un cittadino su quattro non ha passaporto tedesco. Vivono qui, aumentano e non e’ bene che non si sentano a casa.
Questo sara’ possibile solo se diamo loro pieni diritti. Offriamo loro la doppia cittadinanza”. Rommel, un nome che lui ha portato con grande dignita’ e coraggio. E che ancora di piu’ fa della sua vicenda personale una metafora della Germania del Dopoguerra, interamente restituita alla democrazia dalla generazione dei figli. Manfred Rommel, classe 1928, e’ il figlio di Erwin Rommel, “la volpe del deserto”, il piu’ celebre dei generali di Hitler, costretto a togliersi la vita nel 1944 per aver preso parte alla congiura del conte von Stauffenberg.”
‘MIO PADRE NAZISTA PARLANO I FIGLI DEL REICH’
17 dicembre 1988 —
Da questi stralci di interviste si intuisce che, per molti figli, liberarsi di quel passato è stato possibile solo a prezzo di sforzi enormi. Il concetto di incapacità di lutto esprime esattamente il clima che si respirava nelle famiglie dopo la guerra.
Anche una delle figlie di Martin Bormann, il più fedele collaboratore di Hitler, si è espressa in termini positivi nei confronti del padre rifiutandoci però l’ intervista.
Un violento libro-accusa Un rapporto altamente conflittuale con la memoria di suo padre, l’ ex governatore generale della Polonia Hans Frank, lo vive Niklas Frank, giornalista a Stern. Dopo lunghi anni di minuziosa ricerca e documentazione ha scritto un violento libro-accusa contro il padre, dal significativo titolo Mio padre il boia nazista (Hans Frank venne processato e giustiziato a Norimberga per aver fatto uccidere oltre tre milioni e mezzo di polacchi ed ebrei).
Interessanti le affermazioni del figlio del generale Jodl, forse il più lucido e severo nel giudicare il passato. Ma mi faccia il piacere! Ma che crisi di identità soffrono i figli dei nazisti, i figli dei militari! Tutt’ altro!
Sono coccolati, viziati. Guardi il figlio di Rommel e altri! Godono tutti del bonus di essere nati figli di nazisti. Loro sì che fanno carriera, altro che i figli dei comunisti! Ma guardi un po’ come è composto il Bundestag di oggi.
E poi non si dica che i tedeschi non sapevano cosa succedeva con Hitler.
Io abitavo a pochi chilometri da Auschwitz e i domestici, ogni volta che facevo i capricci, minacciavano di portarmi nelle camere a gas. Manfred Rommel invece ha un atteggiamento più sfumato, più articolato.
Il sindaco democristiano di Stoccarda sa che suo padre non è stato proprio un modello di nazista. Rommel riconosce gli errori dei tedeschi ma chiede di lasciar finalmente in pace il passato, di guardare avanti. Lamenta che il dibattito, fuori dalla Germania federale sia più orientato a pesare e ricordare le tragedie storiche dei tedeschi invece di riconoscere che la Germania è diventata un paese democratico, civile e ormai immune da tentazioni dittatoriali.
Volendo in conclusione dare un giudizio comune di questi figli nati colpevoli si può dire che la stragrande maggioranza, ed è umanamente comprensibile, cerca di rimuovere il passato trasferendo eventuali colpe sui padri. I più sensibili o motivati invece vivono con grandi problemi personali, in costante conflittualità con l’ ombra dei padri. In questo senso sono anche loro vittime della Storia”.
Indignarsi, criticare e anche giudicare chi rievoca in modo distorto la storia, presumo sia il minimo comune denominatore, non solo di una sincera convivenza civile, dove le regole della democrazia, della libertà si decidono insieme confrontando e non da un solo uomo, in modo appunto democratico, come è stato dimostrato negli ultimi referendum, e non solo da dittatori che hanno seminato solo distruzione di massa, con torture e limitazioni di ogni tipo, verso chi era diverso da loro. Certo il DNA, non è cambiato neppure in chi col pretesto di decidere per tutti, ha proposto di vietare le manifestazioni per un mese a Roma, forse dovrebbe pensarci bene il sindaco, prima di riproporre la limitazione delle libertà garantite dalla Costituzione nata dall’antifascismo. Anche questo rievocare pratiche del passato, ha un precedente triste proprio a Roma, la morte di una innocente Giorgiana Masi che è ancora indelebile sulle nostre menti, e da quel fatto la nostra memoria è rimasta indelebile, quella si ha cambiato il nostro DNA.
Giorgio De Santis
J.-J. Rousseau, Il contratto sociale,
I, 1 L’uomo è nato libero e dappertutto è in catene. Persino chi si crede il padrone degli altri non è meno schiavo di costoro. Come si è prodotto questo mutamento? Lo ignoro. Che cosa lo può rendere legittimo? Credo di poter rispondere a questa domanda.
Se considerassi soltanto la forza, e l’effetto che ne deriva, direi: fino a che un popolo è costretto ad obbedire e obbedisce, fa bene; non appena può scuotere il giogo e lo scuote, fa ancor meglio; poiché, riacquistando la propria libertà in base al medesimo diritto in base al quale gli è stata tolta, o è legittimato a riprendersela ovvero non si era legittimati a togliergliela. Ma l’ordine sociale è un diritto sacro, che serve di fondamento a tutti gli altri. Tuttavia questo diritto non viene dalla natura; esso è dunque fondato su convenzioni. Si tratta di sapere quali siano queste convenzioni…
Quando sono venuti a prendere gli ebrei
di Anonimo, da Friedrich Gustav Emil Martin Niemöller
Quando sono venuti a prendere gli ebrei
Sono rimasto in silenzio perché non ero ebreo
Quando sono venuti a prendere gli omosessuali
Sono rimasto in silenzio perché non ero omosessuale
Quando sono venuti a prendere i comunisti
Sono rimasto in silenzio perché non ero comunista
Quando sono venuti a prendere gli zingari
Sono rimasto in silenzio perché non ero zingaro
Quando sono venuti a prendere me,
non c’era più nessuno che potesse parlare per difendermi.
In Germania, vennero prima per i Comunisti
di Friedrich Gustav Emil Martin Niemöller (1946)
In Germania, vennero prima per i comunisti
e io non dissi niente perché non ero comunista;
poi vennero per i sindacalisti,
e io non dissi niente, perché non ero un sindacalista;
quindi vennero per gli ebrei
e io non dissi niente, perché non ero ebreo;
infine… vennero per me…
e in quel momento nessuno poteva più dire niente.
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