Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ Autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Anoilaparola, che rimane autonoma e indipendente.
Se vale il detto che “il battito delle ali di una farfalla in un continente provoca un uragano in un altro” allora è valido anche il detto che “ciò che ci coinvolge più di tutto, è quello che prende luogo molto distante da noi”.
Il 26 ottobre 2012 l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi viene condannato in primo grado a quattro anni di carcere dal tribunale di Milano perché da “una sistematica evasione fiscale, egli ha conseguito un’immensa disponibilità economica all’estero ai danni non solo dello Stato ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore televisivo”.
Ovviamente in virtù delle leggi che l’ex presidente del Consiglio si è ritagliato su misura quando era al potere – per evitare il carcere – usufruirà dello sconto grazie all’indulto, e tre dei quattro anni inflitti verranno condonati; e per raggiunti limiti di età non sconterà il restante anno di carcere.
La sua propensione a delinquere è riassunta nei titoli e commenti riportati dai quotidiani non completamente supini; che Silvio Berlusconi cioè è “un delinquente naturale”, ossia “delinquere, frodare, propugnare una politica fuorilegge, abusare in maniera totalizzante della sua capacità criminosa” è una seconda natura per lui.
Di scuola, di come il giornalismo schierato, quello che delinea la realtà del Paese – che descrive come la popolazione tutta dovrebbe pensare e agire – è come la notizia viene sviluppata in particolare dal Corriere della Sera di sabato 27 ottobre, emanazione mediatica dei maggiorenti assisi nelle auguste stanze dei bottoni.
Immediatamente, il titolo in prima pagina rende l’idea di quello che succede in modo tale da invogliare subito il lettore e strilla: “Diritti tv, Berlusconi condannato”. Subito sotto è riportata la sua reazione – tanto per ricordare da quale parte il giornale sta: “Il Cavaliere: una barbarie, sentenza politica fuori dalla realtà”.
Aprendo il giornale poi, la foto gigantesca al centro tra la seconda e la terza pagina di un Berlusconi che si suppone ascolti la sentenza in un atteggiamento tra il finto contrito e l’assorto – a mani giunte e con gli occhi chiusi – il quotidiano sceglie la foto di Update/De Luca per comunicare la sofferenza di un uomo che smentisce sé stesso; e in puro stile berlusconiano, trasmette visivamente il contrario di quello che si percepisce; e si imbarca in ben 6-pagine-6 di titoloni che negano l’evidenza, enfatizzando che, tutto sommato la sentenza è di fondo sbagliata.
Si va da: “Quattro anni e l’interdizione. Il Pdl: tentato omicidio politico”, (più sotto: “E dal partito chiedono a Berlusconi di ripensarci e candidarsi”), a: “Decisione sconnessa da ogni logica giuridica” delle dichiarazioni della difesa degli avvocati Ghedini e Longo a pagina 2 – riportando così alla memoria i deliri verbali berlusconiani che i giudici sono “psichicamente disturbati” specie quelli che osano interferire nelle malefatte dell’ex premier.
A pagina 3 il titolo dell’articolo ci illumina che sì, Berlusconi è stato condannato per “Sistematica evasione fiscale”, ma prontamente ci rassicura che la “prescrizione scatta nel 2014″: niente paura quindi, il Cavaliere in un futuro non molto distante può tornare tranquillamente a delinquere.
Questi sono solo i titoli (ciò che salta subito all’occhio) delle pagine 2 e 3, tutti tesi a salti mortali verbali per gettare molta acqua sul fuoco, e se ci si addentra negli articoli la ferocia si dispiega in tutta la sua negatività.
Continuando, l’apologia del Cavaliere prende forma mano mano ci si inoltra sfogliando il giornale: pagina 5 spara: “Sfregiato ancora una volta dai magistrati”, e più sotto: “Il Cavaliere: ‘Sentenza da Paese barbaro. Nessun nesso tra la condanna e il mio addio’ “; e l’apoteosi a pagina 6: “Sconcerto sull’asse Roma-Milano. E cade la ‘teoria del complotto’”. Sotto in piccolo: “Confalonieri e il dispiacere ‘per l’amico Silvio’. I figli: ‘Uno schiaffo’ “.
Paola Di Caro si dilunga a pagina 5 quindi in una serie di giustificazioni del malaffare dell’ex premer, e ricalca ossessivamente le direttive Arcoriane, ossia la costante demonizzazione della magistratura “complottista” ai danni di un Berlusconi vittima “dell’accanimento giudiziario” nei suoi confronti, senza considerare nemmeno lontanamente che se uno non indugiasse nel delinquere la magistratura non avrebbe nulla a che fare con te.
Sconcerto, incredulità, indignazione dei trombettieri invasati dal berlusconismo: allora la legge della Costituzione italiana esiste davvero e non solo quella del Cavaliere e delle sue Tv: la carriera politica dell’ex premier potrebbe essere pure finita ma di certo le macerie che si lascia dietro sono ben visibili, e la scia del berlusconismo farà ancora molti danni.
Come ciò che influenza il sentire comune da istanze che si attualizzano in luoghi assai distanti da chi ne viene influenzato, allora testimoniare tali istanze non può far altro che alienare chi le subisce indiscriminatamente; il berlusconismo si proponeva di rendere una popolazione intera schiava delle merci pubblicizzate dalle sue reti televisive, farfalle che fluttuano gentili dagli schermi nelle case degli italiani e devastano a lungo andare le coscienze degli spettatori come macigni.
L’alienazione del monetizzare tutto in virtù del profitto assoluto disumanizzato e “nell’altro-da-sé” perciò: in un servizio del Tg3 del 13 novembre viene mostrato come gli operai serbi stanno vivendo il loro frustrante paradosso assemblando pezzi della nuova Fiat 500 L alla catena di montaggio dello stabilimento della Fiat in Serbia, e guadagnano un salario che, date le circostanze attuali, per comprarsi la macchina alla quale stanno lavorando, impiegherebbero quattro anni del loro stipendio senza mangiare, mettendo da parte tutto il salario accumulato.
Alla faccia della giustizia; gli operai serbi stanno lavorando a modelli d’auto che solo i mediamente benestanti fuori dai confini Serbi potranno permettersi, e vivono la contraddizione di mercificare la loro forza lavoro in un contesto economico dove tutto è monetizzato, e le decisioni circa l’economia globale vengono prese in realtà molto distanti dalle loro e in segretezza, come ai forum Bilderberg.
Dal Fatto Quotidiano: “Il Bilderberg era un albergo dove, nel 1954, il principe olandese Bernhard van Lippe-Bilderberg riunì 100 tra intellettuali, politici e uomini d’affari. Da allora, una volta all’anno, il Bilderberg club si riunisce per parlare dei grandi temi di finanza e politica. Non prende decisioni, ma scambi di punti di vista tra persone in posizioni apicali nei rispettivi campi hanno ovviamente un effetto, creano un clima, influenzano scelte”.
Con queste premesse, la seguente affermazione riportata alla voce “marxismo” da Wikipedia ha un suo peso devastante: ”La forza lavoro essendo una merce, è anch’essa caratterizzata da un valore di scambio (pari al valore dei mezzi di sussistenza minimi necessari a riprodurla), e da uno d’uso; quest’ultimo, nell’operaio, è diverso dal normale valore d’uso delle altre merci, poiché la forza lavoro, una volta consumata, è in grado di produrre una quantità di lavoro, e quindi di valore, superiore a quello normale, valore misurato in tempo di lavoro. Praticamente questo significa che, poste determinate condizioni, l’operaio può ridurre il tempo di produzione lavorando più velocemente, cioè se per esempio la giornata lavorativa è di dieci ore e l’operaio impiega sei ore a riprodurre il valore dei mezzi di sussistenza, il capitalista estrae un plusvalore pari a quattro ore di pluslavoro. È questa la radice dello sfruttamento insito nel capitalismo.
Se il capitalista considerasse ogni singolo operaio in base alla sua naturale velocità di produzione e non come una macchina regolata unicamente dall’orario di lavoro, egli si troverebbe a subire una riduzione del plusvalore, e quindi non sarebbe logicamente motivato a farlo. Dallo sfruttamento, infatti, il capitalista ricava l’interesse, ovvero quel denaro in più in cui consiste propriamente il capitale in suo possesso”. Le basi dell’alienazione sociale.
Adesso, nel XXI secolo la forza lavoro operaia – quella della catena di montaggio - viene soppiantata da quella sempre più tecnologica e a basso costo; i corsi di aggiornamento professionale per sensibilizzare questa forza lavoro ad una maggiore cultura cibernetica, ammortizzano i costi di un’azienda media con la conseguente messa in cassa integrazione di personale non specializzato e in esubero per far fronte a tali costi, e delocalizza in paesi con un’offerta del costo del lavoro a prezzi decisamente più competitivi sul mercato europeo: ciò che accade a grande distanza non aiuta più lo sviluppo ormai, incrementa solo localismi visti paradossalmente – e falsamente – come facenti parte di una realtà atomizzata ma non più riconoscibile dai singoli.
La curvatura della parabola discendente del lavoro sicuro espressa geometricamente in frattali “strutture naturali altamente irregolari o frammentate”, rende l’idea di come decenni fa l’operaio diventava “azionista di minoranza” del valore d’uso delle merci, potendo acquistare nel tempo (con le rate) l’espressione della sua forza lavoro (la merce lavorata) e garantendosi una pensione sicura: l’irregolarità, la frammentazione della congiuntura economica attuale non lo permette più; le macchine hanno ridotto drammaticamente il tempo lavorativo aumentando il plusvalore di molto. La risposta del capitalista è quindi un ulteriore investimento in mezzi di produzione escludendo di fatto la partecipazione del lavoratore al valore d’uso delle merci prodotte.
Il berlusconismo si basa proprio su questa scommessa aleatoria in contraddizione, cioè riducendo la percezione della realtà lavorativa in “tempi televisivi”. Per anni è stato questo l’inganno. E’ tempo ormai di uscire da questa palude; é tempo di una realtà rinnovata costruita sulle macerie del belusconismo.
Una rivoluzione graduale. Nuova.
In frattali.
Marco Rossi
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