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La macchina (Il computer, anche) ti forza ad una certa meccanica del pensiero laddove per fare funzionare tutto devi eseguire gli stessi passaggi obbligati per rendere operativa qualsiasi funzione.
I passaggi sono parte di un meccanismo che impone una scelta logica senza la quale non si attiva nulla e si perpetra ad infinitum: le stesse azioni, gli stessi comandi alla stessa maniera, le stesse gabbie mentali dalle quali non è permesso uscire se si vuole raggiungere uno scopo, un fine prefissato.
Ancora non abbiamo raggiunto quel pericoloso livello dove la macchina praticamente penserà per te. Già si era scritto in passato circa questa possibilità; gli utenti di hotmail per esempio hanno a disposizione una funzione all’interno della casella di posta elettronica che smista quella in arrivo riconoscendola come “cartella documenti” o “cartella ufficio”, senza che l’utente abbia dato nessun ordine alla macchina se non quello di aprire la finestra di hotmail.
Gli ordini vengono dati “a monte” per così dire, direttamente da Microsoft, e l’utente non è che un’appendice umana che fa funzionare la macchina attraverso l’interazione con la tastiera – anche se è già allo studio un’applicazione che permetterà di interagire con lo schermo attraverso gli impulsi elettrici emessi naturalmente dal cervello, senza l’uso della tastiera.
In realtà esiste già un’interazione uomo-macchina a distanza, cioè bypassando la tastiera, (in questo caso il telecomando TV, che poi è una mini-tastiera) come si può desumere da alcuni passi citati dall’articolo di Natasha Singer per l’International Herald Tribune del 31 marzo da Burlington Massachusetts USA: “Vlad Sejnoha sta parlando con la TV di nuovo. OK magari l’avete fatto anche voi, ma la cosa strana è che la TV ti ascolta. ‘Dragon TV’, il signor Sejnhoa dice allo schermo, ‘cerca i film con Meryl Streep’: ecco che appare una lista dei film tipo “Out of Africa” e “It’s complicated”; ‘Dragon TV, cambia su CNN’, dice. Voilà, ecco la CNN.
Il signor Sejnhoa è seduto in quello che sembra un salotto, ma in realtà siamo dentro il laboratorio di Nuance Communications la principale unità operativa nel campo della tecnologia sonora e macchine per il riconoscimento della voce di Siri, l’assistente personale virtuale dell’iPhone di Apple 4S.
Qui il Sig. Sejnhoa, dirigente del reparto tecnologico insieme a altri funzionari, stanno disegnando un futuro dove le macchine non solo saranno capaci di rispondere dallo schermo televisivo ma anche da cellulari, automobili, computer, macchine per caffè, frigoriferi, termostati, sistemi di allarme e altri elettrodomestici “intelligenti”.
D’accordo, gli esseri umani hanno parlato dentro le macchine ed alle macchine sin dai tempi del fonografo di Edison, ma dal 1980 i sistemi commerciali di riconoscimento vocale sono diventati sufficientemente sofisticati da poter trascrivere i suoni delle parole in testo scritto. (…) Oggi la tecnologia del riconoscimento della voce è l’attrezzatura comune di molte ditte al servizio del cliente, sebbene occasionalmente esasperante; ma ora la gara è aperta per far della voce umana il nuovo interfaccia ricercato tra noi e la tecnologia personalizzata.
I risultati potrebbero eguagliare le innovazioni come il mouse del computer e le icone grafiche e, secondo gli esperti, alla fine sfidare giganti come Google bypassando i loro tradizionali motori di ricerca. (…) Come molte tecnologie nuove, i sistemi di riconoscimento vocale sofisticati hanno i loro inconvenienti; alcuni esperti sono preoccupati dall’invasione della privacy, altri dell’attaccamento sempre maggiore a congegni come gli smartphone.
Non tutti”, continua Natasha Singer, ”sono affascinati dalla tecnologia del riconoscimento della voce però; alcuni difensori della privacy sono infastiditi dal fatto che essa lasci traccie digitali vocali quando si usa il Web o gli App, esponendo gli utenti a ulteriori informazioni su di loro.
Il software del riconoscimento vocale funziona inviando i dati della voce umana ad un processore che analizza la parola in onde sonore e usa algoritmi per identificare le parole più verosimili formate dai suoni. il sistema tipicamente registra e immagazzina la voce in modo tale da imparare da solo a diventare sempre più accurato col tempo. Il sistema Nuance, per esempio, crede, governo federale a parte, di aver accumulato l’archivio di registrazioni di voci umane più grande degli Stati Uniti, ma dice che è impossibile identificare gli utenti dalle registrazioni, perché il sistema della ditta riconosce le voci delle persone solo da singoli codici propri del suo apparato e non dai nominativi. (…) Presto, il signor Sejnoha profetizza, molti altri apparecchi, non solo televisioni, verranno comandati vocalmente – e risponderanno. In Germania si può già chiedere a una macchina per caffè azionata da Nuance – commercializzata come “la prima macchina completamente automatica che obbedisce alla voce” – di fare il cappuccino.
La macchina, chiamata “Jura Impressa Z7 One Touch Voice”, parla sia Inglese che Tedesco.
Dragon TV, intanto, è già disponibile in circa 24 lingue.
‘Dragon TV, muta’, dice il signor Sejnoha.
Silenzio. ‘Vede, è utile’”.
Allo stesso tempo siti di grandi gruppi editoriali aiutano l’utente a sistemare, classificare, ordinare al meglio l’uso della lingua scritta quando viene adoperata nella posta elettronica e negli articoli, come pure facilitano la ricerca di sinonimi e contrari per rendere questi ultimi sintatticamente, grammaticalmente e morfologicamente corretti.
Appare perciò che l’accesso alla Rete sia un viatico che prescinde però dall’applicazione del pensiero laterale, ovvero: “il termine pensiero laterale, coniato dallo psicologo maltese Edward De Bono, si intende una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio indiretto ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema. Mentre una soluzione diretta prevede il ricorso alla logica sequenziale, risolvendo il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, il pensiero laterale se ne discosta (da cui il termine laterale) e cerca punti di vista alternativi prima di cercare la soluzione”, secondo Wikipedia.
Un classico esempio di pensiero laterale è quello dell’esplorazione dell’infinitamente piccolo facendolo diventare infinitamente grande – come negli ingrandimenti al microscopio - che come per magia fa diventare ciò che era minuscolo, grandissimo.
La ricerca scientifica si basa su questo principio da moltissimi anni: con la possibilità di esplorare l’universo del minuscolo attraverso microscopi si viene a scoprire che gli insetti hanno la capacità di arrampicarsi su pareti lisce e camminare verticalmente utilizzando minuscoli arpioni posizionati sulle zampe; e spesso da esempi naturali si ricavano innovazioni applicate tecnologicamente dall’uomo per migliorarsi.
Ci sarebbe da chiedersi quindi se la tecnologia, ormai un tutt’uno con la globalizzazione, abbia reso queste modalità di risoluzione dei problemi logici parte integrante o meno dell’approccio umano – dal quale tutto ha inizio ovviamente, ma come mero esecutore - oppure il “ricorso alla logica sequenziale” rispecchi solo la sua meccanicità. La soluzione per uscire dalle gabbie mentali? La tecnologia potrebbe dare delle risposte alla fine? Edgar Morin filosofo e sociologo francese – sul Fatto Quotidiano di domenica 6 maggio a pagina 11 sostiene che: “Il fatto è che da venti anni a questa parte”, (…) “non si può parlare di economia, di crescita e di progresso prescindendo dal fenomeno della globalizzazione.
Che fare? Accelerare la globalizzazione o, al contrario, avviare un processo di de-globalizzazione? ‘Cerchiamo di intenderci sulle parole’ risponde Morin. ‘La concorrenza è una cosa naturale, la competitività ne è l’aberrazione. Quanto alla globalizzazione chi può negare che è servita a migliorare il livello di vita dei Paesi sottosviluppati? E allora più globalizzazione culturale, ma nel rispetto delle autonomie e delle economie locali’”.
Non sempre l’applicazione dall’originalità del pensiero laterale – con la scoperta e l’entusiasmo – ha risvolti “progressisti”.
Il ruolo della tecnologia applicata al mezzo televisivo rende la funzione dello spettatore una parte importante per le cosiddette facili demagogie: non certo il ruolo attivo che il signor Sejnoha si prefigge di sviluppare.
In Italia, oltre al cospicuo sostegno economico proveniente dai fondi – mai troppo indagati per paura, piaggeria o mera omertà – dell’ex presidente del Consiglio, l’occupazione di tipo militare delle maggiori fonti d’informazione, ha ovviamente un ruolo fondamentale. La programmazione televisiva risente di questo delirio di onnipotenza: nella puntata di ”Servizio Pubblico”di Michele Santoro di giovedì 10 maggio il confronto tra Cofferati e Tremonti si rivela estremamente interessante; i servizi filmati circa la sofferenza sempre maggiore di chi ormai è alla canna del gas – l’introduzione della tassazione IMU penalizza sempre di più i ceti medi, i pensionati e i precari – mettono in risalto come le amministrazioni comunali si intascano un bel bottino a detrimento dei cittadini. In particolare quella di Roma con il sindaco Alemanno - descritto testualmente come “un pazzo” – ha in programma una penalizzazione feroce di chi sta già raschiando il fondo del barile. Come sempre l’editoriale di Marco Travaglio colpisce duro e diretto: ma come ogni sera lo fa tra le 22:45 e le 22:50 per finire alle 23:10 circa. A quell’ora la maggior parte degli spettatori sono già andati a dormire e si accontentano della programmazione di regime “zombificante” (tipo “La vita in diretta”), che parla alla “pancia” delle masse. Un classico esempio di come il pensiero laterale viene sfruttato negativamente. Ecco perché una fazione politica come quella dell’estrema destra fa proseliti: emotività fuori controllo utilizzata al massimo per “zombificare”.
Ma “Servizio Pubblico” fa un passo avanti nella puntata del 17 maggio, e colui che è visto come uno “che dà fastidio al sistema partitico” finalmente ha il suo spazio in prima serata.
Che il pensiero laterale sia alla fine visto come la giusta soluzione creativa?
E’ auspicabile.
Marco Rossi.
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