La percezione che si ha seguendo i discorsi del e sul presidente Obama attraverso i mezzi di informazione oggi a disposizione al di quà dell’Atlantico è sempre molto sfuggevole e poco classificabile in termini assoluti; per un presidente che è riuscito ad improntare la sua campagna elettorale con metodi totalmente nuovi ed innovativi creando di fatto una “web community” molto capillare ed onnipresente, ciò che alla fine si percepisce è quanto il suo programma elettorale sia stato interiorizzato dai suoi elettori del Partito Democratico che hanno portato Obama alla Casa Bianca e che costituiscono una vasta gamma ideologica, dalla frangia “liberal” più a sinistra, ai cosiddetti “blue dogs” cioè coloro che – pur votando Democrats – si identificano con istanze e politiche a volte molto più a destra e conservatrici dei Repubblicani tradizionalmente poco inclini a rapporti profondamente legati con Washington visto quasi sempre come un’ingerenza al sistema fortemente capitalista, la base economica assoluta degli Stati Uniti: tale discrasia non ha potuto che agevolare un sentimento sempre maggiore di insofferenza verso la politica di Obama che vista da destra, soprattutto all’inizio della sua presidenza e descritta con una parola che nel lessico politico conservatore Americano è quasi un insulto e tabù (spesso infatti viene usata solo l’iniziale cioè la ”S” di Socialismo), ha determinato la perdita dello storico seggio del Massachusetts di Edward Kennedy, il più “liberal” degli Stati del “New England” storicamente legati ad una realtà urbana meno conservatrice degli Stati centrali più rurali, o quelli al di sotto della cosiddetta più meridionale ”Bible Belt” fortemente cattolici e schierati maggiormente con la potentissima destra evangelica capace di contare su un gran numero di seguaci.
Il recente discorso dello stato dell’Unione ha però visto un Obama molto più combattivo e “presidenziale”, riportando l’orologio indietro di un anno cioè rinvigorendo le battaglie promesse durante la campagna elettorale, portandolo su posizioni più radicali rispetto al suo insediamento: in effetti, dopo otto anni di “conservatorismo compassionevole” di Bush, totale unilateralità in politica estera, fortissimo incremento delle spese militari, maggiore deregolamentazione economica, deciso incremento delle privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica da parte dei Repubblicani - l’imposto “mantra” del Friedmanismo – Obama sembra essere sempre di più determinato a cambiare tutto ciò.
Mi fa venire in mente, più prosaicamente, quello che ha detto recentemente il manager della NFL (National Football League, da non confondere con il football Europeo che in America si chiama “soccer”): “A bunch of Republican fat cats that vote socalist” (un gruppo di ricconi – ma anche espressione gergale che significa “ricchi contribuenti politici” repubblicani che votano socialista) descrivendo il fatto che tutte le squadre del campionato hanno gli stessi diritti e benefici, siano esse le più forti o le più deboli.
Prossimo appuntamento: le elezioni “Mid Term” di Novembre 2010.
Marco Rossi
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