Questa mia riflessione principia da una serata passata con il “mio” diplomatico, un caro amico di famiglia, da anni all’ambasciata libica in Italia e in qualche modo membro del CNT.
Da una lunga chiacchierata nell’ultima sera di permanenza in Italia, dopo aver vagamente ventilato tendenze omosessuali sul suo ex capo, il suo inguaribile ottimismo si smonta un po’ facendoci capire che non sanno chi sarà il prossimo capo del governo del dopo Gheddafi; ma alla domanda se non fosse stato meglio processare il dittatore piuttosto che una pubblica pistolettata (magari d’oro) alla testa la sua laconica risposta fu che era l’unica soluzione.
Sicché il mio cervello si mette in moto trovando analogie curiose.
La prima similitudine ovvia è con piazzale Loreto, ma la domanda è: perché eliminare senza processare? Ma un pubblico processo cui prodest?
Un processo dovrebbe soddisfare la giustizia ma a volte crea “effetti collaterali”.
Prendiamo tre esempi di chi non è stato processato: Mussolini, Hitler e Gheddafi.
Lasciando da parte la facili considerazioni morali per dire che dei tre forse Hitler sarebbe stato processato, ma il forse è d’obbligo.
Ma a chi un processo da fastidio? Sicuramente ai “nostri” cioè i soliti buoni liberatori di turno ma anche ad un governo che nasce immediatamente dalle ceneri del vecchio.
Cerchiamo di fare ordine: i soliti liberatori sono gli Alleati, che in forma quasi simile alla Seconda Guerra Mondiale si sono ripresentati anche in Libia e ad oggi sono coloro che si mettono in cattedra a distribuir patenti di democrazia senza dimenticarsi di essersi anche riempiti il portafogli.
Volendo essere giusti, però, nei tre casi succitati gli Alleati sono stati effettivamente liberatori, ma un processo al leader sarebbe stato di scandalo.
È normale politica, soprattutto inglese, quella di mediare, anche se con metodi bizantini, cercando di ammansire il dittatore con “favori” e promesse. Tutto ciò è oggettivamente lodevole ma inconfessabile nel momento in cui il cattivo di turno deve rendere conto del suo operato.
Sappiamo che Mussolini ebbe sempre contatti segreti e privilegiati con gli Inglesi, tanto che qualcuno ipotizzò che lo stesso Duce fosse stato informatore inglese; la cosa fu certo positiva ma a Dongo, quella valigetta contenente, ad esempio la proposta di spostare il fronte della guerra contro l’URSS, doveva sparire in cambio qualcun altro con l’oro di Dongo ci comprò Botteghe Oscure. E lo stesso Badoglio & Company non avrebbero certo avuto nessun giovamento da un pubblico processo ma di certo è stato comodo accollare tutta la colpa su un uomo da far catarsi di un intero paese.
Con Hitler, invece, tutta la classe dirigente si azzerò quasi del tutto, quindi su questo versante, in caso di processo la questione non si sarebbe posta; ma si pose in seguito con il cosiddetto “Archivio della Vergogna”, dove si fecero sparire le prove di eccidi di molti ufficiali tedeschi dentro un armadio girato contro un muro nel Ministero Difesa in un oscuro sotterraneo; questa “bella” pagina della nostra storia fu scritta per non mettere in difficoltà criminali di guerra che stavano diventando la spina dorsale del nascente esercito della Repubblica Federale Tedesca (quella dell’OVEST) essendone essa sprovvista.
Con Gheddafi è accaduta la stessa cosa.
Intanto da insistenti voci di corridoio il fuoco sotto la sedia del leader libico fu acceso perché Gheddafi stesso nella sua arcinota “politica del ventaglio” dove da un lato faceva e dall’altro disfaceva (vedi i migranti spinti da anni scientemente sulle nostre coste) è arrivato a fare l’ultimo sgarbo cioè quello di minacciare di rinazionalizzare tutto il petrolio libico.
Era la goccia che fece traboccare il vaso. Francamente un po’ se lo meritava, la sua malattia di protagonismo dopo un po’ stufava, ma non si è potuti addivenire ad un processo per le stesse ragioni che valsero per Mussolini.
Gheddafi fu a volte sì punito dall’occidente ma fu anche parecchio carezzato e quelle “carezze” oggi, svelate da un pubblico processo, sarebbero imbarazzanti e sarebbe imbarazzante oltremodo per la vecchia classe dirigente libica che cerca, giustamente, un nuovo ruolo nel paese, addossando al “Matto di Tripoli” tutte le colpe del gheddafismo; similmente accadde anche a Craxi di essere considerato l’unico l’artefice del sistema corruttivo della Vecchia Repubblica.
David Parrini
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