CONGIUNTURA FLASH ANALISI MENSILE DEL CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENNAIO 2010.
Analisi del Centro Studi Confindustri 2011
La ripresa globale è tornata vigorosa. Con la buona performance di fine 2010 e i progressi negli indici anticipatori,il 2011 si presenta come l’anno della stabilizzazione delle aspettative e della riduzione
dell’incertezza. Ciò sta facendo ripartire il ciclo degli investimenti nelle economie avanzate più dinamiche (USA, Germania), favoriti dal costo del capitale in riduzione con i rialzi delle Borse e dal maggior utilizzo degli impianti. Ne beneficeranno occupazione (per ora ancora debole, tranne la tedesca) e consumi (vivaci già gli americani); la crescita così si consolida. Il percorso rimane, però, accidentato dalla crisi dei debiti pubblici,dalle oscillazioni valutarie e dai rincari delle materie prime, che si traducono in tensioni inflazionistiche (ma al netto di energia e alimentari i prezzi al consumo sono quasi fermi). I ritmi di crescita restano molto differenziati:surriscaldati negli emergenti, soprattutto in Asia; elevati in USA e Germania; deboli in molti paesi dell’eurozona.
L’Italia fatica ad andare oltre l’1% nella velocità del PIL; la prima metà di quest’anno si intravede migliore, con l’export che trarrà vantaggio dal rilancio dell’Est Europa e del Medio Oriente. Le quotazioni record delle commodity, destinate a salire ancora, comprimono margini aziendali e potere d’acquisto delle famiglie, agendo da freno alla domanda; il petrolio a 100 dollari al barile sottrae quasi lo 0,3% all’aumento del PIL italiano quest’anno. Nella stessa direzione agisce l’incremento dei tassi a lunga che riflette lo scenario più propizio. Questi effetti restrittivi dovrebbero tranquillizzare le Banche centrali; invece, la BCE appare ansiosa di dimostrare il suo rigore monetario, nonostante l’alta disoccupazione terrà bassa la dinamica del costo del lavoro. Nei mercati valutari le forze continuano a controbilanciarsi: più crescita e minor deficit estero a beneficio del dollaro; l’allentamento delle tensioni sui debiti pubblici è pro-euro.
L’economia mondiale parte di slancio quest’anno, grazie all’accelerazione di fine 2010 superiore alle stime di consenso, ma in linea con le previsioni del CSC.
Il PMI globale in dicembre è salito a 57,1 (da 54,5), massimo da otto mesi, con ordini in più rapido aumento. Corre la Germania: PMI manifatturiero a 60,7 da 58,1; invariato nei servizi a 59,2; fiducia delle imprese record in gennaio; boom di ordini in novembre. In USA ripresa più solida: PMI terziario a 57,1, manifatturiero a 57,0. Divergenze in Asia: PMI manifatturiero su in Cina, ma giù in Giappone per il terzo mese; frenano i servizi. In gennaio il PMI totale, sale ancora a 56,3 nell’eurozona, grazie ai servizi e guidato da Germania (top storico) e Francia.
L’anticipatore OCSE (+0,2% in novembre) punta a ritmi più alti di espansione globale, ma differenziati tra economie: forti in USA, Giappone e Germania; in rilancio in Francia; debole in Italia.
L’Italia non tiene il passo. La produzione industriale è invariata in dicembre (-0,3% nel 4° trimestre, stime CSC; +1,1% in novembre). E’ del 17,8% sotto i livelli pre-crisi.
Contrastanti i segnali dagli indici PMI: in dicembre stagnazione nei servizi (50,2 da 54,4) e maggiore vivacità nel manifatturiero (54,7 da 52,0), con l’afflusso di nuovi ordini accelerato (a 53,4 da 49,8). Ciò promette più marcati guadagni di attività nei prossimi mesi.
Indicazioni analoghe vengono dall’indagine ISAE presso le imprese manifatturiere: in dicembre è salita la fiducia (103,0); sono migliorati i giudizi sugli ordini e sono rimaste elevate le attese di produzione. In rialzo anche la fiducia tra i consumatori (a 109,1 da 108,5). Più pessimistiche le valutazioni sulle condizioni per investire (indagine Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore).
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Congiuntura flash – Analisi mensile del Centro Studi Confindustria Gennaio 2010
Il commercio mondiale ha riaccelerato: +2,3% a novembre, dopo il +1,0% in ottobre. Ma le esportazioni italiane hanno rallentato, continuando però a salire a buon ritmo verso i paesi extra-UE: a dicembre +0,8% in valore su novembre (contro il +2,2% medio mensile registrato dal punto di minimo dell’agosto 2009). La dinamica è, inoltre, più lenta di quella tedesca.
Ciò accade benché nella crisi il crollo dell’export italiano nei paesi extra UE sia stato superiore (-31,7%) a quello tedesco (-26,7%). Di nuovo ciò è dipeso dalla minore presenza dell’Italia verso i paesi che hanno meglio fronteggiato la crisi. Per esempio, in Cina la quota tedesca è superiore al 5%, quella italiana è solo dell’1%.
Il consolidamento della ripresa nelle economie dei paesi Balcanici, del Mediterraneo e del Medio Oriente, dove l’Italia ha quote maggiori, aiuterà nei prossimi mesi a riaccelerare il flusso di vendite all’estero. Nei giudizi delle imprese il fatturato all’export continuerà a salire, anche se gli ordini sono in flessione dall’estate.
A novembre, i consumi USA sono cresciuti del 3,9% annualizzato, più del reddito disponibile (+2,9%) e in contrasto con l’ancora debole fiducia. In aumento a dicembre le vendite al dettaglio (+0,6% su novembre), con gli acquisti di auto (+2,4%) ai massimi dal settembre 2008, se si escludono i mesi con gli incentivi. Sono cresciuti in novembre gli ordini all’industria (+0,7% su ottobre), tornati sui livelli del settembre 2008. Nel 2011 la spesa sarà spinta da circa 860 miliardi di nuovi stimoli e il PIL punta a salire del 4% sul 2010.
In Germania torna ai massimi la fiducia di famiglie e imprese. Gli investimenti sono spronati dall’utilizzo della capacità prossimo alla media di lungo periodo (83,1%), condizioni monetarie molto favorevoli e margini di profitto in netto aumento.
In Italia calano, secondo l’ISAE, gli investimenti nel manifatturiero per il 2011, anche se sale la percentuale di spesa per l’ampliamento degli impianti.
La dinamica dei consumi in Italia continuerà a essere frenata dalle difficoltà nel mercato del lavoro. Nel 3° trimestre 2010 è proseguita la flessione dell’occupazione (-0,2% sul 2°). Positivo l’andamento a fine anno: in aumento gli occupati nel bimestre ottobre-novembre (+0,3%, dati provvisori) e in calo la CIG nel 4° trimestre (-4,8% le ore complessivamente autorizzate). Nei primi tre mesi del 2011 restano negative le aspettative delle imprese riguardo alle assunzioni (indagini ISAE e Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore).
Nell’Euroarea il totale delle ore lavorate sale da fine 2009 e dà slancio al monte salari reale. La ripresa del mercato del lavoro in Germania si conferma solida: le ore lavorate crescono da metà 2009 e il tasso di disoccupazione (a novembre al 6,7%) è ben al di sotto dei livelli pre-crisi (8,3% nel 2007).
In USA l’occupazione è aumentata nel 4° trimestre 2010 (+100mila occupati in media al mese), sostenendo redditi e propensione al consumo.
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Congiuntura flash – Analisi mensile del Centro Studi Confindustria Gennaio 2010
La dinamica dei salari nominali nelle economie avanzate continua a rallentare a fronte dei bassi livelli di attività e a causa dall’elevata disoccupazione. Nell’Euroarea le retribuzioni contrattuali nel 3° trimestre 2010 hanno registrato un +1,4% annuo (contro il +2,7% del 2009 e il +3,3% del 2008). Quelle di fatto orarie un +0,8% (dopo il +2,7% del 2009 e il 3,6% del 2008).
La decelerazione delle retribuzioni non è stata però sufficiente a ridimensionare l’impennata del CLUP che si è avuta tra fine 2007 e inizio 2009 a causa delle forti perdite di produttività. Nell’Euroarea il CLUP nel 3° trimestre 2010 era ancora del 7,0% superiore rispetto al 3° 2007, del 9,6% in Italia. In prospettiva dovrebbe calare con il recupero di produttività.
Negli USA, al contrario, il CLUP è diminuito tra metà 2008 e fine 2009, grazie ai guadagni di produttività ottenuti tagliando l’occupazione. La tendenza si è invertita nel 2010, giacché sono rallentati i guadagni di produttività mentre la dinamica retributiva è rimasta (e rimarrà) bassa a causa dell’elevata disoccupazione (9,4% a dicembre).
La crescita della domanda, soprattutto dagli emergenti, accentua i rincari delle materie prime. Più forti per cereali (+13,8% a gennaio, +78,8% da giugno 2010) e fibre (+13,6% e +69,8%; indice CSC in dollari). Ma marcati anche per metalli (+45,8% da giugno il rame) e combustibili (+28,6% il petrolio). Buona parte delle commodity ha superato i picchi del 2008. Il Brent è vicino ai 100 dollari
a barile e l’aumento dagli 88 di metà dicembre sottrae (stime CSC) 0,27 punti alla crescita italiana.
In alcuni mercati si hanno anche cali di offerta (scioperi dei coltivatori argentini di cereali, incidenti nell’estrazione di greggio in Canada e Alaska). E problemi di fornitura lungo le filiere: la penuria di coke australiano, a causa delle inondazioni, rende l’acciaio difficile da reperire. Ciò crea attese di rincari, attirando capitali speculativi, che amplificano i rialzi (sopratutto per il rame).
I rincari peggiorano le ragioni di scambio dei paesi importatori, avanzati ed emergenti, e frenano la ripresa, riducendo i margini delle imprese e il potere d’acquisto delle famiglie.
L’accelerazione dei prezzi al consumo (a dicembre +1,9% in Italia da +1,3% a giugno e +2,2% nell’area euro da +1,4%) non è vera inflazione. Nasce dal rincaro delle materie prime, che impatta su alimentari (+0,9% annuo a dicembre in Italia, da -0,3% a maggio; +2,1% in Eurolandia, da -0,1% a febbraio) ed energetici (+7,7% in Italia, +11,0% nell’euroarea).
L’inflazione core (tolti energia e alimentari) è bassa: +1,5% in Italia, +1,1% nell’area euro, +0,8% negli USA. E’ frenata da sottoutilizzo della capacità e alta disoccupazione e riflette l’impatto (0,3 punti sull’inflazione dell’euroarea) dei recenti aumenti delle tasse per risanare i bilanci pubblici. Impatto che rientrerà.
I più alti prezzi al consumo, colpendo il reddito familiare, rendono più difficile nei paesi emergenti puntare sulla domanda interna come driver della crescita.
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Congiuntura flash – Analisi mensile del Centro Studi Confindustria Gennaio 2010
Lo yuan va gradualmente verso la convertibilità. A gennaio a Mosca si è realizzato il primo scambio con il rublo e poi a New York con il dollaro. Le tensioni inflazionistiche interne (+4,6% annuo i prezzi al consumo a dicembre) e l’ulteriore accumulo di riserve valutarie cinesi (2850 miliardi di dollari nel quarto trimestre) spingono verso l’apprezzamento della moneta di Pechino.
Il dollaro beneficia del miglioramento delle prospettive di ripresa americana, che spingono all’insù i tassi a lunga. Inoltre il deficit commerciale continua, seppur lentamente, a diminuire. Tutto ciò controbilancia le misure monetarie non convenzionali e i tassi a breve quasi-zero.
L’euro oscilla seguendo le vicende della crisi dei debiti sovrani, il migliorare delle previsioni di crescita, la voce grossa della BCE contro l’accelerazione dei prezzi al consumo. Ora è in fase ascendente e ciò aiuta il rigore monetario. Rispetto a un anno fa, comunque, è svalutato.
Si sono intensificati in Sud America e in Asia varie misure di controllo sui capitali stranieri in entrata al fine di contrastare i consistenti apprezzamenti delle valute, dovuti agli ampi differenziali nei tassi di interesse.
Negli USA il tasso FED rimarrà fisso a lungo (a 0,25%) e l’interbancario è stabile poco sopra (0,30%). La nuova espansione monetaria verrà portata a termine e la FED inizierà a segnalare un cambio di rotta solo in primavera.
La BCE a gennaio ha puntato il dito contro le tensioni sui prezzi e potrebbe anticipare alla seconda metà del 2011 il ritocco del tasso ufficiale (ora all’1,00%), qualora migliori il quadro sui debiti sovrani. L’Euribor a 3 mesi è vicino al tasso BCE: 1,03% (1,05% a novembre), per l’ampia liquidità data alle banche, specie di paesi periferici.
Altrove i tassi già salgono. La Cina ha alzato a dicembre il tasso ufficiale (da 5,56% a 5,81%) e a gennaio quello sulle riserve (di 50 punti base). Rialzi in Svezia (+25 punti) e Polonia (a 3,75% da 3,50%).
Le migliori aspettative di ripresa aumentano l’appetito per il rischio e ciò si riflette nel rialzo delle Borse. Molto forte in Germania (indice ai massimi dal 2007) e marcato negli USA; piatta invece la Borsa italiana. La ripresa spinge anche i tassi a lunga: in Germania il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni ha toccato il 3,17% in gennaio, da 2,33% a settembre 2010; negli USA 3,43% da 2,54% in ottobre. Altalenante per ora negli USA il tasso “reale“ implicito nei titoli indicizzati all’inflazione: 1,02% in agosto
2010, 0,52% in ottobre e 1,04% in gennaio.
L’incertezza sull’esito delle aste di rifinanziamento del debito pubblico in Portogallo, Spagna, Grecia e Italia ha spinto al rialzo, a inizio anno, gli spread nei rendimenti rispetto ai titoli tedeschi. Sono poi ridiscesi perché i collocamenti si sono conclusi molto positivamente. Nei prossimi mesi potrebbero calare ancora se la risalita dei tassi sui Bund tedeschi rispecchierà uno scenario di crescita più roseo e se interverrà sul mercato il fondo salva-stati.
A cura di: G. Bargagli, P. Capretta, A. Fontana, F. Mazzolari, L. Paolazzi, C. Pensa, C. Rapacciuolo e M. Rodà.
Centro Studi Confindustria - Viale dell’Astronomia, 30 – 00144 Roma – www.confindustria.it – Chiuso con le informazioni disponibili al 25 gennaio 2011.
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