Preludio alla terza guerra mondiale?
Nel silenzio mediatico più assordante mai udito nel Mare Cinese Meridionale si sta consumando il più terribile braccio di ferro degli ultimi cinquant’anni tra super-potenze. I protagonisti sono gli U.S.A. e la Cina. Una prova di forza per il controllo di un gruppo di isole e atolli conosciuti come Isole Spratly situate tra il Vietnam e le Filippine. Le isole non avrebbero nessuna importanza se sotto i fondali non ci fosse un ricchissimo giacimento petrolifero. L’oro nero torna a colpire.
Le isole Spratly sono contese tra Vietnam, Filippine, Cina, Malesia, Taiwan e Brunei. Le Filippine hanno la porzione più estesa delle Spratly, mentre il Vietnam occupa il maggior numero di isole. Attualmente sono numerose le concessioni rilasciate dal Vietnam a compagnie petrolifere occidentali e statunitensi per l’estrazione del greggio. Anche la Cina ha rilasciato delle concessioni alla statunitense Creston Energy Corporation. La Cina è in procinto di ultimare una pista d’atterraggio da 3 km (sufficienti a far atterrare i suoi nuovi caccia da combattimento nonché aeromobili cargo) costruita sull’isola artificiale Scarborough Shoal, a sua volta creata dal nulla con sabbia, cemento e ferro dagli stessi cinesi, sulla barriera corallina conosciuta come Fiery Cross Reef. L’azione ha suscitato le proteste degli USA e di tutti i paesi che avanzano pretese sull’area.
La Repubblica Popolare Cinese, nel 2013, decise di annettere l’arcipelago in questione perché era un diritto acquisito ma la piccola nazione filippina ha chiesto l’arbitrato internazionale dell’Aja per combattere tale sopruso e il tentativo di appropriazione delle isole sfruttando la coercizione militare e, ieri, è arrivata la sentenza inappellabile che ha stabilito a favore delle Filippine e ha ordinato la Cina di ridimensionare la propria presenza militare e cedere il controllo delle acque. La Repubblica Popolare Cinese ha messo in chiaro che non riconosceranno né seguiranno la sentenza del tribunale sul Mar Cinese Meridionale. Questa presa di decisione potrebbe minare l’equilibrio che si è creato nel corso degli ultimi settant’anni infatti dalla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e i suoi partner globali hanno cercato di cementare un quadro internazionale che premi la risoluzione pacifica delle controversie, rispetto delle leggi e delle norme internazionali, e respinge l’uso della forza coercitiva per raggiungere gli obiettivi nazionali. Questo ordine, costruita dalle ceneri di due devastanti guerre mondiali, ha contribuito potentemente alla crescente prosperità della Cina e nella regione Asia-Pacifico, così come l’assenza di guerra aperta tra grandi potenze. Nonostante le ripetute affermazioni della Cina di voler diventare un “azionista responsabile” sulla scena mondiale, il comportamento recente della Cina rappresenta la più grave minaccia per l’ordine mondiale dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Il peso economico della Cina, l’espansione e le capacità militari, e l’insistenza orwelliana che è sempre vittima delle intenzioni aggressive degli altri, pongono una sfida particolarmente difficile per il sistema internazionale.
La sentenza è un rimprovero fondamentale per Pechino, non solo sui fatti del caso, ma semplicemente il modo in cui è stato raggiunta la decisione. La decisione “Filippine” per portare le sue affermazioni davanti al tribunale dell’Aja, in rispetto della convenzione internazionale UNCLOS (limite di 200 miglia nautiche per la zona esclusiva economica), è in linea con i principi e i valori che hanno animato gli Stati Uniti e i suoi partner nel dopoguerra. Che un piccolo stato come le Filippine possa fare appello con successo con il diritto e le norme internazionali contro il colosso cinese è una potente confutazione alle famose parole dell’ex ministro degli esteri della Cina, che ha dichiarato che “la Cina è un grande paese e in altri paesi sono piccoli paesi”, e questo è solo un dato di fatto per giustificare la belligeranza di Pechino. Nel caso in cui la Cina scegliesse di ignorare questa sentenza, mostrerà una volta per tutte il vuoto delle sue promesse di agire come un membro costruttivo della comunità internazionale. Ma sarà anche una seria minaccia per l’ordine internazionale in sé: la seconda più grande economia del mondo e forse la più grande forza militare ripudia apertamente l’ordine liberale internazionale, tra cui la risoluzione pacifica delle controversie. Le conseguenze per la sicurezza internazionale saranno profonde, e la risposta di Pechino sarà guardata con attenzione a Mosca, Teheran e Pyongyang.
Inoltre, ad esacerbare la situazione, nell’ottobre del 2015 l’Amministrazione USA ha deciso di far effettuare alla US Navy una serie di pattugliamenti ravvicinati agli isolotti artificiali cinesi al limite delle 12 miglia nautiche. Una decisione che rappresenta un vero guanto di sfida nei confronti della Cina. (fonte Wikipedia)
A riscaldare ulteriormente gli animi è stata la decisione della Cina che sta chiudendo una parte del Mar Cinese Meridionale per esercitazioni militari. La reazione americana non si è fatta attendere e Dennis Blair, ex comandante delle forze statunitensi nel Pacifico, ha detto in un’audizione al Congresso che gli Stati Uniti dovrebbero essere disposti a usare la forza militare per contrastare l’aggressione cinese al largo delle coste delle Filippine. Più volte nel corso dell’anno passato, le navi da guerra degli Stati Uniti hanno deliberatamente navigato vicino a una di quelle isole per esercitare la libertà di navigazione e per sfidare le affermazioni del governo cinese. In risposta, la Cina ha schierato aerei da combattimento e navi per monitorare e mettere in guardia le navi americane, e ha accusato gli Stati Uniti di minacciare la sua sicurezza nazionale.
Una vera prova di carattere, una dimostrazione muscolare che pone il mondo davanti ad un futuro certamente non roseo. Il fulcro della questione non è solo il petrolio ma anche le rotte commerciali dell’Asia infatti chi controlla le filippine non controlla solo il mar Cinese Meridionale, ma anche il mar delle Filippine e il mare di Sulu nonché il largo tratto di mare tra filippine e Australia ….. praticamente tutta l’Asia. La Cina ha le stesse aspirazioni che aveva Hitler: il dominio del mondo!
E questo nasce dalla frustrazione per quello che loro chiamano ”il secolo dell’umiliazione”, la stessa identica frustrazione che avevano i tedeschi e in particolare il partito nazista per l’umiliazione subita con le sanzioni pesantissime derivanti dalla prima guerra mondiale.
La terza guerra mondiale potrebbe scoppiare alla fine del primo o durante il secondo anno di mandato di Trump qualora salisse al potere negli Usa.
Determinante sarà anche l’abolizione dell’art.5 della costituzione nipponica (divieto assoluto di uso della forza per la risoluzione delle controversie internazionali) qualora il premier Shinzo Abe ci riuscisse, e i numeri in parlamento ce l’ha.
Uno scenario verosimile ma anche probabile che la diplomazia cercherà di evitare? O gli interessi economici prevarranno sul buonsenso? O la sete di potere? Prepariamoci al peggio e intanto chiediamoci perché gli organi di informazione nazionali non fanno parola di questi eventi ma dobbiamo spulciare le news di nazioni lontane o usare la rete internet per tenerci aggiornati su questi avvenimenti geopolitici dalle catastrofiche potenzialità.
Per fortuna che in Italia abbiamo anche immigrati filippini che, animati da amor patrio e da comprensibili preoccupazioni per le famiglie d’origine, non mancano di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica italiana. A qualcosa pur servono gli immigrati, non credete?
Missiani – Ceccanti
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