Tempo fa un alto prelato monaco Buddista raccontava la seguente storia: “Dopo aver viaggiato per giorni e giorni da una conferenza all’altra in giro per il mondo arrivo finalmente al monastero dove vivo per riposarmi un po; ero stanchissimo e non vedevo l’ora di mettermi a dormire dopo le fatiche di parlare per ore ed ore, viaggiare da un posto all’altro, treni, macchine, aerei, convegni, formalità, conferenze stampa, lezioni e spiegazioni.
Arrivo alla fine nella mia stanza e non vedevo l’ora di mettere la testa sul cuscino: ero sicuro che avrei dormito per un bel po di un meritato sonno ristoratore. Appena entro nella stanza – visto che il monastero è situato in campagna – una quantità enorme di formiche hanno invaso la mia stanza; letteralmente un fiume lunghissimo. Chiamo gli altri monaci per discutere sul da farsi mentre scoprivamo che la quantità di formiche aumentava; i precetti Buddisti impongono il rispetto di qualsiasi forma di vita e dunque l problema era di non poco conto in quanto non era contemplato lo sterminio di quella grande quantità di animali indifesi ma molto numerosi e costantemente al lavoro; inoltre ero di una stanchezza terribile e mi reggevo a malapena in piedi. Perciò, dopo varie discussioni con gli altri monaci decidiamo di lasciar perdere tutto e vedere se magari se ne fossero andate via; non potevamo certo accompagnare una formica per volta fuori dalla porta per indirizzarle verso l’aperta campagna, ci avremmo impiegato tutta la notte e forse anche parte del giorno seguente e mi si stavano chiudendo gli occhi per la stanchezza. Dunque non trovavo altra soluzione che quella di andare a letto e sperare. Mi sveglio il giorno dopo e il fiume di formiche era completamente sparito, non se ne vedeva nemmeno una in giro”.
Provate ad andare in un bosco, magari la mattina presto e starci un bel po di ore, provate per esempio a cercare le più piccole forme di vita che si annidano tra le piante e provate a guardarle con grandissima attenzione tra le foglie; o se preferite senza andare troppo lontano, o non ne avete voglia o possibilità, anche nel giardino di casa, e provate a concentrarvi per esempio su una ragnatela tessuta da un ragno tra le foglie delle piante nei vasi del terrazzo di casa o del giardino.
Il ragno è li. Fa il suo lento lavoro di tessere la ragnatela e non conosce altro nella vita che tessere la sua ragnatela per poter catturare qualche preda per la sua sopravvivenza. E voi state guardando quello che sta facendo: osservate, giudicate, traete le conclusioni se interferire o no nel suo operato. Siete immensamente più forti e avete il potere di amministrare il vostro libero arbitrio se voler intervenire o meno secondo il vostro umore sul corso di un fatto della vita che si perpetua da tempo immemorabile; potreste non fare nulla, deviare la direzione della traiettoria della tessitura della ragnatela, strapparla, o usare altri mezzi per distruggere la ragnatela; il ragno la rifarà. O eliminare il ragno. Avete cioè una coscienza. Esseri pensanti. Applicate un oggetto di quest’ultima al determinismo.
Da Wikipedia: “Il determinismo è una concezione dell’Universo filosofica secondo la quale tutto ciò che esiste o accade (evento), comprese le conoscenze e le azioni umane, avviene sempre in modo causale e univoco da una catena consequenziale di eventi avvenuti in precedenza. Il determinismo pertanto esclude qualsiasi forma di casualità nelle cose. Per il determinismo tutto avviene solo secondo ragione e necessità ovvero per tutti i fenomeni in natura esiste sempre una spiegazione di pura causa-effetto e mai nulla avviene a caso. La principale conseguenza è che date delle condizioni iniziali tutto quel che accadrà in futuro è predeterminato in modo univoco. Al contrario chiamiamo indeterminismo quella concezione che ammette l’esistenza in natura di eventi non determinati da cause precedenti ma frutto del caso e in quanto tali imprevedibili. Il determinismo dal punto di vista ontologico indica il dominio incontrastato della necessità causale in senso assoluto e nel contempo giudica inammissibile l’esistenza del caso. Il determinismo è associato alle teoria della causalità, sulle quale si appoggia”.
Ma se agite secondo coscienza viene messa in pratica la possibilità dell’operare sulle cose, sui fatti della vita, nella sua più grande accezione del deus ex machina, cioè l’inaspettato intervento di forze esteriori in stato di necessità: tale intervento può essere di natura negativa o positiva ma sempre una deviazione esterna dagli eventi; il nostro monaco Buddista non ha agito secondo le sue necessità immediate che gli avrebbero creato non pochi problemi e aumentato la stanchezza, ma secondo i suoi precetti religiosi e filosofici: ha scelto il fluire dell’esistenza piuttosto che la presa di posizione da parte di una coscienza con brama assoluta di potere. E ha visto giusto.
Avere una posizione di potere dunque autorizza l’intervento secondo la propria coscienza a dispetto delle conseguenze che un tale intervento possa creare. Interessante a questo proposito l’articolo del ”Fatto Quotidiano “ di Sabato 20 Novembre a pagina 14.
Scrive Enrico Palandri nell’introduzione del libro “Le straordinarie avventure di Pentothal,” uno degli innumerevoli personaggi della fantasia di Andrea Pazienza – uno dei più grandi disegnatori italiani degli anni ’70 – che in questa opera prima descrive la sua esperienza universitaria bolognese sotto forma di sogno o, in questo caso, incubo, e in quali condizioni la creatività giovanile del movimento studentesco veniva repressa dalle forze dell’ordine di Cossiga, l’allora ministro degli interni. Secondo Palandri – interpretando il pensiero di Pazienza: ” Viene in mente l’intervista di Cossiga al Quotidiano Nazionale del 23 ottobre 2008: ‘ Gli universitari, invece? lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco la città. Dopo di che? Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia e carabinieri. Nel senso che? Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, tanto che poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano’. Certo non è solo Cossiga ad alimentare il senso di persecuzione di Pentothal, è se mai la lunga storia del nostro dopoguerra. Una Dc colma di corruzione, infiltrate di mafia e piccola criminalità, in collusione con un Pci granitico, ancora sostanzialmente filo sovietico, insomma il lungo declino della prima Repubblica [...] A questo mondo adulto era profondamente estranea la parte più vivace dei giovani di quegli anni [...] il nucleo dei dissidenti da cui sarebbe nato in modo drammatico quel filo piuttosto esile di discorso per cui si può parlare di letteratura, cinema, società negli anni successivi. Anche per la politica purtroppo a volte si ha la sensazione che tanto sia cambiato ma nulla sia cambiato e schieramenti non molto diversi competono oggi come allora per voti e egemonia ma restano, sostanzialmente ostili, a destra come a sinistra, a tutto quello che è fuori dal coro”. L’eliminazione di coloro che infastidiscono i determinismi del potere non fermeranno la tessitura delle ragnatele, per quanto repressiva una coscienza deterministica possa manifestarsi; i ragni continueranno a lavorare senza sosta; è scritto nel grande libro degli eventi della vita. Cossiga agiva secondo canoni determinati dalla sua posizione di potere, precursore di quello che si svilupperà in generale decenni più tardi non certo a livello governativo solamente.
Secondo Vittorino Andreoli nel suo articolo del 15 novembre 2010 sul Corriere della Sera: “…è in corso una metamorfosi antropologica e si profila un uomo pulsionale, istintivo e selvaggio, senza più il senso di colpa, senza il rimorso, senza sapere cosa sia la vita e la morte, senza etica se non la spinta al proprio profitto e alla difesa del proprio piccolo mondo fatti di stupidità, di oggetti e non di senso, di forza e non di valore umano e di amore. In questa degenerazione della specie, l’ uomo funziona più o meno così: vorrebbe essere potente e avere successo, ma i livelli raggiunti, non importa quali, sono poco rispetto al desiderato e allora predominano le frustrazioni. La frustrazione è una sensazione di mal d’ essere che si prova nel mondo, nella esistenza ordinaria: sul lavoro, quando c’ è, e a casa. E la frustrazione è un debito di violenza. Si accumula e ad un certo momento si libera, diventa azione, nei confronti del minimo fastidio e della causa più insensata. Serve solo un oggetto su cui esprimersi: un figlio, o la moglie, un passante, chiunque permetta di compensare il senso di insoddisfazione e mostrarsi decisi, forti. E uccidere è un gesto titanico: solo agli dei si attribuiva il potere di vita e di morte. Adesso non serve essere dio. [...] E si tratta di persone che mutano repentinamente, come in una metamorfosi agita da un demone con una bacchetta del male. C’ è in ciascuno di noi un serbatoio di frustrazione che può fare una strage e manca la percezione del male, poiché è stato coperto di spettacolo. Il male come fascino, come avventura, come trasgressione in una società in cui i ladri si chiamano furbi, le prostitute escort dove vince la raccomandazione e non il merito, dove la falsità è occasione non di riprovazione, ma di strategia esistenziale.”
Perciò oggi tutti si sentono autorizzati ad un delirio di onnipotenza secondo canoni televisivi, spettacolari; basta creare artificiosamente una polemica un “punto di rottura” una frizione tra idee, tesi contrastanti. Cosa che non si è manifestata nel confronto televisivo dibattimentale nell’ultimo Annozero – dal titolo alquanto esplicito “Macerie”, con un ministro della cultura e dello spettacolo, sussiegoso, timido, umile, tutto il contrario degli urlatori di professione come i vari ministri addestrati a puntare alla giugulare, rabbiosi, frustrati nel vedere che la loro violenza verbale genera altra violenza verbale senza andare da nessuna parte. Un’altra faccia del potere si direbbe: quella che in gergo criminale viene vista come ancorata al comportamento ambiguo del “fare i complimenti“: l’essere sussiegoso, umile, sottomesso, ubbidente ma col futuro obbiettivo “che tanto ti becco indebolito e senza difese prima o poi”. E lì vinco io; magari fra dieci, venti anni; o una vita. Accumulo di rabbia senza precedenti.
Altri deus ex machina interverranno. Molti altri si sottometteranno. Ma i ragni per quanto insignificanti sono imbattibili. La forza della natura.
Marco Rossi.
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