ANTONELLO PALLA DI ANIMALS ASIA FOUNDATION CI PROPONE ANCORA UNA VOLTA UNA TEMATICA SU CUI E’ BENE RIFLETTERE

Esistono due ordini di problemi che si affacciano alla nostra mente quando consideriamo la possibilità di fotografare i cuccioli di animali selvatici rinchiusi negli zoo e nei parchi safari: la salute degli animali, fisica e mentale, da un lato; il futuro e la conservazione della specie dall’altro. La questione sembra particolarmente dibattuta in Cina, dove il panda è diventato negli ultimi anni non solo un simbolo ma un trofeo da esibire. I cuccioli usati come souvenir da immortale con la camera, sono esemplari che generalmente non hanno compiuto nemmeno un anno e sono stati abituati alla presenza umana fin dalla nascita: il loro destino è quello di essere trasportati, maneggiati e accuditi alla stregua di bambini.

La principale attività dei turisti che si recano in Cina ad ammirare questi splendidi plantigradi, consiste nel rendere speciale il ricordo di questo emozionante incontro. Le fotografie rappresentano pertanto, almeno apparentemente, un modo genuino e innocente per togliersi ogni prurito. I piccoli panda vengono allora sistemati in una posizione che possa favorire gli scatti, magari tenuti in grembo dai visitatori. Il tutto, sembra, senza arrecare alcun danno agli animali.

Naturalmente queste osservazioni trascurano il punto cruciale della questione, ossia il benessere degli animali. Quelli detenuti nei parchi e zoo safari della Cina per allietare i turisti, ma il discorso vale per qualsiasi animale selvatico, in moltissime strutture simili sparse per il globo terrestre, soffrono terribilmente: schiacciati a terra da una catena che impedisce loro qualsiasi movimento, privati dei canini e delle falangi, drogati e affamati, picchiati fino a renderli impotenti. Quando i panda compiono un anno devono essere trattati come animali selvatici: le persone non dovrebbero interagire con loro senza la presenza di una rete o di una gabbia. Questi mammiferi manifestano infatti comportamenti non prevedibili (soprattutto nei confronti degli sconosciuti) e potrebbero rispondere violentemente agli stimoli che interpretano come minacciosi.

In tutte queste situazioni occorre ricordare il potenziale rischio al quale vanno incontro gli esseri umani, e la punizione, assolutamente certa, che tocca in sorte all’animale. Se invece le specie esibite non godono dello stesso favore, magari per il loro spirito indomito, il castigo conduce all’inevitabile morte. Beh, certo, si potrebbe dire che tigri e leoni sono assolutamente pericolosi: questa è la ragione per la quale dovremmo rispettarli, tenendo in gran conto il fatto che non si tratta di animali domestici.

Potremmo chiederci se i cuccioli rappresentano una minaccia per gli uomini che vogliono fotografarli, magari sedendosi al loro fianco; o se invece sono proprio gli esseri umani a creare problemi ai piccoli. E’ per esempio possibile contagiare gli animali con germi e batteri; del resto, proprio recentemente, abbiamo pagato a nostre spese il rischio di una epidemia che si diffonde oltre i confini di specie.

Gli animali in questi parchi sono generalmente bistrattati e non possono evidentemente sviluppare abilità e comportamenti propri della specie, sia da un punto di vista psicologico che sociale.

Nei panda che vivono allo stato brado, la madre crescerà un cucciolo in media ogni 3 o 4 anni, se il cibo e le condizioni di vita lo permettono. Negli allevamenti, alle femmine di panda è imposta la riproduzione ogni anno, con un trattamento particolarmente invasivo che prevede almeno 6 anestesie nel giro di 48 ore. Per accrescere le possibilità di ingravidare la femmina, all’interno della gabbia viene sistemato anche un esemplare maschio particolarmente eccitato: il  suo seme, per essere certi della riuscita, viene inoltre asportato tramite elettrocuzione, senza l’uso di farmaci anestetici, aspetto questo decisamente barbaro.

L’allevamento intensivo delle specie selvatiche non ha davvero nulla di eticamente sostenibile. Dal momento in cui nascono, strappati alla cura delle madri per solleticare gli umani umori, questi animali non hanno la possibilità di manifestare comportamenti e prerogative che sono loro propri. Inoltre, le conseguenze sulle madri sono ancora del tutto sconosciute e inesplorate: le ricerche mostrano che talvolta la maternità viene surrogata con l’adozione di un feticcio, evidente dimostrazione che soffrono della privazione come qualsiasi altro mammifero. Naturalmente i cuccioli non potranno mai essere rilasciati nel loro habitat naturale. Per consentire il reinserimento in natura di un cucciolo nato in cattività bisognerebbe permettere alle madri di allevarlo, preferendo gli aspetti più prossimi alle situazioni che accadono realmente in natura e garantendo condizioni di vita sociale e di gruppo, senza alcuna interferenza umana.

Gli animali che saranno rilasciati nel loro habitat dovrebbero imparare a evitare gli esseri umani, altrimenti potrebbero approssimarsi ai villaggi alla ricerca di cibo. L’inconveniente, oltre a scatenare un’autentica caccia alle streghe, si conclude quasi sempre con la soppressione della bestia incriminata o di un capro espiatorio. In qualche caso speciale i cuccioli orfani, come per esempio gli orsi le cui madri sono state uccise dai bracconieri, possono essere allevati da personale competente e preparato, che si guarderà bene dall’insegnare l’amore per gli esseri umani.

Ovviamente, tutta la questione del reinserimento dei panda nel loro ambiente naturale puzza di marcio: qualsiasi cosa gli allevamenti stiano concretamente facendo per il rilascio di questi esemplari in natura, non ha davvero niente a che fare con un trattamento etico e antispecifico.

Il secondo punto, come detto, riguarda invece la conservazione. E qui, utilizzare i panda come gradite comparse negli obiettivi delle nostre cineprese, di certo non offre loro un bel servigio.

Tenere in grembo un cucciolo può senz’altro stimolare il nostro innato sentimento di empatia per una vita ancora incompiuta; tuttavia rafforza anche l’umano desiderio di possedere l’oggetto ammirato, con la naturale conseguenza che l’individuo è percepito come oggetto di cui fruire e servirsi. In questo modo non si educano le persone al rispetto per gli animali selvatici: non si insegna alla gente che queste specie non dovrebbero vivere in cattività, e che la nostra responsabilità nei loro confronti è finalizzata proprio a garantire loro condizioni di vita necessarie alla sopravvivenza; non serve inoltre a promuovere la tutela e il rispetto della natura come aspetto fondamentale per la vita di questi animali sul nostro pianeta.

Qualcuno potrebbe insinuare che caldeggiare questo genere di approccio con i cuccioli di panda, favorisca il dialogo interspecifico e ispiri gli esseri umani ad occuparsi maggiormente di queste creature, magari adoperandosi per proteggerli.

Senza spendere troppe parole, diremo che l’argomento è palesemente falso. Posare accanto a un cucciolo di panda può essere una cosa eccitante, ma di sicuro non spinge le persone a prodigarsi per garantirne la conservazione: questa è una cosa che solo l’educazione e una nuova sensibilità etica possono trasmettere.

E naturalmente tutto questo non succede pagando 10 dollari per avere una foto in compagnia della simpatica bestia. Il legame fra animali e uomo può senz’altro essere promosso nei confronti delle specie domestiche; con gli animali selvatici dovremmo invece preoccuparci di non arrecare fastidio, rispettando le loro prerogative etologiche.

Immaginiamo che questo aspetto debba essere particolarmente difficile da accettare per la specie umana, innamorata dell’idea che ciò che si ama pure si possiede, riluttante a lasciare andare qualcuno persino quando è in gioco il più supremo dei valori etici, la libertà.

Quando gli uomini desiderano qualcosa e la bramano ardentemente, fanno di tutto per averla; anche se per questo devono pagare, violare le leggi o destinare l’oggetto d’amore a una buia e triste gabbia. Commercianti e intrattenitori, soprattutto quelli che fanno soldi a palate sulla pelle degli animali, conoscono questa inclinazione della natura umana molto bene.

L’unica maniera che abbiamo per cambiare questa situazione è quella di agire sulla domanda, come nel caso della bile d’orso o delle pellicce. Solo se le persone smetteranno di pagare per prendere in braccio un panda, o per ridere di fronte a un orso che pedala e una tigre che salta il cerchio infuocato, allora potrà determinarsi il cambiamento che tutti auspichiamo.

www.orsidellaluna.org

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