UN MILIONE DI BAMBINI A RISCHIO IN LIBIA. DENUNCIA DELL’O.n.G. “SAVE THE CHILDREN”.
IN CONTEMPORANEA IN ITALIA, ALLA CAMERA VIENE PRESENTATA UNA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE SUL TEMA DELLE VIOLENZE SUI BAMBINI E SULLE DONNE.
Libia: sono in grave pericolo più di 1 milione di bambini nell’ovest della stessa nazione, a seguito degli scontri fra le forze governative e gli oppositori, per il controllo di città chiave, compresa la capitale Tripoli, questa la denuncia di Save the Children.
L’Organizzazione Non Governativa ha raccolto le testimonianze di famiglie e bambini a Tripoli e nelle città vicine, che temono di morire, di essere feriti e arrestati poiché le forze di sicurezza libiche continuano a reprimere le proteste degli oppositori.
In questo contesto si stima che più di 1 milione di bambini vivano in quest’area teatro degli scontri. “Il pericolo posto ai bambini in Libia dalle violenze politiche e dalle loro conseguenze, come la mancanza di beni di prima necessità e cibo, è enorme”, dice Gareth Owen, Direttore delle Emergenze di Save the Children.
“La situazione nel paese potrebbe velocemente andare fuori controllo e tradursi in un disastro per centinaia di migliaia di bambini che potrebbero essere obbligati a lasciare le loro case, o peggio, rimanere coinvolti nelle violenze e negli scontri”.
Questa la descrizione di un bambino di 13 anni di Tripoli intervistato da Save the Children esponendo il clima di paura in città: “Sono terrorizzato, mi sento insicuro e ho paura di rimanere orfano. Ho saputo che i padri di alcuni miei amici sono stati presi e sono spariti”.
Le stime di Save the Children si aggirano intorno ai 700.000 i bambini che vivono a Tripoli dove la situazione umanitaria resta confusa per la difficoltà di avere informazioni e contatti indipendenti con la popolazione.
Resoconti dalla città riferiscono che le scuole sono chiuse e che la maggior parte delle persone sono chiuse in casa.
Contemporaneamente nella città di Zawiya controllata dagli oppositori, alcune madri hanno raccontato a Save the Children la paura che i propri familiari e bambini finiscano vittime delle violenze e degli scontri con le forze governative che al momento hanno circondato la città nel tentativo di riprenderne il controllo.
“Ho sentito che mercenari stanno circondando la zona, impedendo l’ingresso di qualsiasi rifornimento”, racconta una donna. “Ho paura che possiamo ritrovarci senza cibo. Quando sento uno scoppio penso che possano aver colpito la nostra casa”.
Si stimano poi in oltre 100.000 – soprattutto lavoratori immigrati – coloro che si stanno rifugiando in Egitto e Tunisia.
Ci sono testimonianze di famiglie che, nel tentativo di abbandonare il paese, sono state assalite dalle forze governative al confine. Save the Children ha inviato un proprio team di operatori nell’est della Libia per una prima valutazione dei bisogni della popolazione nelle aree controllate dagli oppositori, al fine di garantire aiuti di prima emergenza – acqua, medicine, kit igienici, cliniche mobili – e supporto-psico sociale ai bambini e alle famiglie; un team di specialisti in emergenze è inoltre giunto al confine fra Tunisia e Libia per dare supporto ai rifugiati che varcano la frontiera.
In Italia, lo scorso 1° marzo, in una interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio dei Ministri, scritta dal deputato Galati si chiedeva, e contemporaneante denunciava che: “secondo un recente rapporto denominato «Spettatori e vittime: i minori e la violenza assistita in ambito domestico. Analisi dell’efficienza del sistema di protezione», presentato a Roma da Save the Children e dal Garante dei diritti dell’infanzia del Lazio, nell’ambito del progetto comunitario Daphne III, sono almeno 400 mila i minori in Italia che assistono a episodi di violenza in casa; a subire maltrattamenti fisici, psicologici, economici sono le loro madri, vittime per lo più di mariti o partner.
Ma la presenza in casa dei bambini nell’atto della violenza provoca ai «piccoli spettatori» traumi e conseguenze uguali a quelli di un bambino che abbia subito direttamente violenza; in particolare – si legge nel rapporto, che cita dati Istat del 2006 – sono 6 milioni e 743 mila le donne fra i 16 e i 70 anni (il 31,9 per cento delle donne in questa fascia d’età) ad aver subito nella propria vita una violenza: di tipo fisico (18,8 per cento), sessuale (23,7 per cento), psicologico (33,7 per cento) o di stalking (18,8 per cento).
Il 14,3 per cento dichiara di averla subita dal proprio partner. Tra di loro, 690 mila avevano figli al momento della violenza e il 62,4 per cento ha dichiarato che i figli sono stati testimoni di uno o più episodi di violenza; Save the Children e il Garante dei diritti per l’infanzia del Lazio calcolano quindi che siano almeno 400 mila i bambini costretti ad assistere alle violenze sulla madre raramente (nel 19,6 per cento dei casi), a volte (20,2 per cento) o spesso (22,6 per cento).
Nel 15,7 per cento dei casi, ammettono le madri, è anche esistito il rischio di un loro coinvolgimento diretto; per porre un freno a tale fenomeno Save the Children ha rinnovato il suo appello alle istituzioni con proposte chiare come l’istituzione del garante nazionale per l’infanzia, l’avvio di una campagna di sensibilizzazione per vittime e operatori e il sostegno con risorse adeguate della rete dei centri antiviolenza su tutto il territorio nazionale -: quali iniziative il dipartimento per le politiche della famiglia intenda assumere per contrastare il fenomeno della «violenza assistita», anche avviando una riflessione su quanto proposto da Save the Children.
In attesa della risposta scritta all’interrogazione, l’attenzione sui bambini, in “guerra” ed in pace, rimane sotto i riflettori di tutti gli osservatori internazionali, ma spesso alle denunce non seguono gli interventi correttivi dei problemi sollevati, anche in ambito parlamentare.
G.De Santis
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