UNA RECENSIONE PER CAPIRNE IL SIGNIFICATO E LE PAROLE DELL’AUTORE CHE DELINEANO I TRATTI DI QUESTO IMPORTANTE VOLUME.

 

Un volume prezioso che nasce dalla volontà, a mio parere, di coniugare sviluppo e tutela, così come impresa ed etica. In effetti il testo nasce dall’invito di una Fondazione d’impresa, la Fondazione 3M Italia, e l’accoglienza entusiasta che ha ricevuto da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno messo da parte diversità e rivalità per fare rete, è la prova della maturità dell’ambientalismo italiano. Lo spirito del lavoro di questo testo è storico e propositivo insieme, lontano da qualsiasi disfattismo ma anche auto celebrazione. E’ il racconto di 35 anni di ambientalismo, dalla tragedia di Seveso il 16 Luglio 1976 ad oggi nella prima parte, seguita da un approfondimento del percorso delle principali associazioni; quindi le prospettive: quel che resta da fare, l’Italia che è ancora da salvare, affidata al lavoro di Luca Carra che ha raccolto dodici testimonianze di esperti su temi specifici.

Il formato quadrato, elegante e moderno anche nella grafica, insieme ad un fotografico di grande qualità, senza cedere al gusto patinato, rende L’Italia diversa un saggio culturale, con uno stile giornalistico, lontano dal volume per addetti ai lavori o la strenna da mettere nello scaffale in bella mostra, tutt’al più da sfogliare. Sapiente l’integrazione tra testo e immagini, articolato in didascalie ragionate che si alternano con il filo principale del discorso.

L’aspetto a mio giudizio più interessante è la visione dell’ambientalismo maturo che emerge, nell’ambito della quale natura, cultura ed economia si fondono nel tema dello sviluppo sostenibile. Il punto di vista è una critica costruttiva, che fa un bilancio positivo dell’Italia salvata, senza sedersi sui risultati raggiunti né disperare per quelli da conquistare: è l’Italia da salvare.

Un primo invito in tal senso alla politica trae spunto dai numeri: si stima che dal Dopoguerra ad oggi il dissesto del suolo nazionale è costato oltre 213 miliardi di euro al Paese mentre con soli 40 miliardi di euro si potrebbe sistemare tutto il territorio della penisola dal punto di vista del rischio idrogeologico. Il problema sollevato dall’autore è la denuncia dell’immobilismo delle istituzioni e la mancanza di un forte indirizzo politico, senza nessuna critica diretta e astratta, generale o generalista ma con un approccio realistico: le leggi esistono e sono valide, mancano però le scelte politiche conseguenti, come nel caso delle energie rinnovabili.

All’inizio della riflessione sulla necessità di tutelare il patrimonio storico-artistico e naturale c’è una mostra fotografica del 1967, “Italia da salvare”, promossa dal Touring Club e Italia Nostra. Ma la data chiave della svolta ambientale è la tragedia di Seveso del 1976. Il libro con stile piano che cattura l’attenzione, ripercorre le tappe principali che portano nel 1985 alla Legge Galasso: attraversare gli Anni ’70 del Novecento significa ripercorrere la crisi energetica del 1973 e la graduale trasformazione della stessa definizione di ambiente che da ‘natura’ diventa anche paesaggio umano. Sono gli anni nei quali si assiste a vari tentativi di lanciare il nucleare; nel 1976 si scoprono i danni legati all’Eternit anche se occorre aspettare il 1982 per arrivare alla messa al bando dell’amianto. Nel 1977, con il DPR n.616, si concretizza il passaggio alle Regioni della tutela paesaggistica e contestualmente sorgono o si consolidano le principali associazioni. Il 1980 rappresenta una tappa importante con la Legge sulle aree protette, su iniziativa del Governo Marcora. La situazione internazionale però, lungi dal migliorare, vivrà catastrofi dolorose come nel 1984 a Bhopal in India, fino al disastro del 26 Aprile del 1986 a Chernobyl. Nello stesso anno Greenpeace arriva in Italia e introduce un nuovo modo di fare ambientalismo, più pragmatico e radicale e nasce Marevivo. Altro momento essenziale è il 1991 per l’istituzione dei parchi nazionali e delle leggi sulle fonti rinnovabili e il risparmio energetico. Nello stesso anno esce la prima Direttiva europea sulle emissioni dei veicoli inquinanti. Nel 1997 arriva il Protocollo di Kyoto ma nel 1999 in Francia, nel Golfo di Biscaglia, si assiste al disastro della petroliera Erika. Tra il 1998 e il 2000 i Verdi al Governo hanno la massima presenza nella loro storia. L’ultima tappa è l’episodio tragico nel 2011 a Fukushima.

Tra le tematiche relativamente nuove l’ambiente come opportunità di sviluppo con la crescita del turismo sostenibile e, dalla parte opposta, la minaccia del cambiamento climatico. Attraverso il racconto delle principali associazioni ambientaliste e le testimonianze su capitoli specifici, emerge la complessità dell’argomento ambiente, che va dalla natura, intesa come parchi, aree protette, biodiversità – che mette l’Italia al primo posto in Europa – ma anche arte, turismo e agricoltura che in Italia resta comunque un’attività di primo piano. Tra le curiosità, il comune di Roma è il primo territorio agricolo a livello europeo.

Della seconda parte mi sembra interessante, al di là dei capitoli specifici, lo spunto di Carra sull’idea dell’ambiente come risorsa economica e dello sviluppo sostenibile come metodo di lavoro per l’impresa del futuro. In tal senso probabilmente il Pil viene a cadere come principale indicatore dello stato di salute dell’economia, almeno per come è concepito ad oggi. Forse la chiave è nell’ambiente per cui il Pil sale quando si attua una politica di risparmio energetico e scende quando si incendia un bosco.

 

 

 

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro? “Tutto nasce dal ricordo del disastro di Seveso. Non l’ho vissuto perché ero nato da poco, ma la data del 1976 è impressa ormai come una pietra miliare nell’ambientalismo. E così il 1986. Sono passati, infatti, 25 anni da Chernobyl e certo mai avremmo potuto immaginare che il disastro di Fukushima ci riportasse così drammaticamente d’attualità il tema del nucleare. Mettere in luce innanzi tutto quanto è stato fatto per l’ambiente in Italia in questi 35 anni grazie alle associazioni ambientaliste è stato il punto di partenza, poi ci si è resi conto che bisognava anche evidenziare i traguardi ancora da raggiungere e le nuove sfide che impone quest’epoca”.

 

Qual è l’obiettivo, se c’è una finalità specifica? “Non è un libro da prendere e sfogliare per le belle foto, anche se sono belle davvero. Se servirà a far prendere maggiore coscienza dei problemi ambientali e di quanto riesce a fare il volontariato con pochi mezzi, tanta tenacia e ostinazione, allora avremo centrato l’obiettivo. E più forza avranno le associazioni ambientaliste, più iscritti e attivisti, maggiore sarà la mia soddisfazione di aver fatto un bel lavoro”.

 

Perché partire da Seveso: che cosa ha rappresentato quella tragedia? “Un punto di svolta nella sensibilità generale e anche nella normativa europea, la Direttiva Seveso porta non a caso questo nome. Allora capimmo a quali rischi ci esponesse la presenza di fabbriche chimiche in aree densamente urbanizzate e senza quelle norme e quelle garanzie che oggi abbiamo fortunatamente”.

 

Dalla storia dell’ambientalismo cosa emerge principalmente? “Che se la società civile spinge per il cambiamento e la politica presta un orecchio, anche traguardi prima impossibili si realizzano. Prendiamo l’energia solare. Solo 4 anni fa eravamo il fanalino di coda d’Europa nonostante l’irraggiamento solare di cui godiamo. Grazie alla politica di incentivi varata allora dal governo Prodi ora siamo i primi dalla classe, con 12 mila megawatt, superando anche la Germania che allora era il faro. Da non credere. Abbiamo costruito l’equivalente di 3 centrali nucleari in 4 anni e in Finlandia sono 8 anni che stanno costruendo un reattore atomico e si fermano sempre per difficoltà che prima non avevano previsto”.

 

Quali sono le prospettive che si delineano per il futuro immediato? “Basta guardare a quanto accaduto di recente con le alluvioni in Liguria e Toscana. Viviamo con apprensione ogni annuncio di una perturbazione come se fosse un monsone o un tornado. Il territorio, violentato dall’uomo, non è più in grado di reggere una quantità di pioggia eccessiva e i cambiamenti climatici porteranno sempre più a eventi estremi. Che fare? Vogliamo prenderci cura dell’ambiente e del territorio oppure piangere sempre nuovi morti?”

 

Coincidono con le priorità che lei ha rilevato? “Nel libro al paesaggio e all’agricoltura ho dedicato uno spazio rilevante, perchè come diceva Andrea Zanzotto, poeta recentemente scomparso, ‘Un bel paesaggio una volta distrutto non torna più, e se durante la guerra c’erano i campi di sterminio, adesso siamo arrivati allo sterminio dei campi: fatti che, apparentemente distanti fra loro, dipendono dalla stessa mentalità’. E ancora il poeta: ‘Anche se calpestato, squartato, tumefatto, ustionato, ulcerato, il “paesaggio” esercita ancora un continuo richiamo. Attraverso il fischio di anonimi uccelletti o grazie a venti improvvisi e furiosi. Sempre e comunque, il paesaggio, nella sua duplice veste di incanto e gabbia, induce quel sentimento di immanità che percorre strade tutte sue’”.

 

Quali sono i limiti dell’ambientalismo italiano se può fare un confronto con quello europeo? “Non credo si possano fare paragoni perché è diverso il rapporto tra uomo e natura. In Germania è un movimento molto più radicato ma perché ci si è staccati prima e più nettamente dalla natura per urbanizzarsi. Da noi gli orsi sono a un’ora e mezzo dalla capitale e la foca monaca fa capolino ogni tanto dove meno ce l’aspettiamo. Il paesaggio italiano è modellato dall’uomo e questa è una ricchezza ma fa sì anche che la coscienza ambientalista sia diversa. Diamo troppo per scontato che viviamo in un paradiso e così pian piano lo distruggiamo. Il Wwf in Italia è più forte che in tanti altri Paesi europei e ha creato un sistema di oasi unico. Il Fai riprende la felice intuizione del National Trust inglese ma non è che esistano molti altri omologhi in Europa…il Touring è un’associazione unica…insomma abbiamo dei bei primati anche guardando alle associazioni”.

 

Perché questo titolo, “L’Italia diversa”? “Mentre c’è una parte di Paese che insegue modelli di sviluppo economico antiquati, basati sul cemento e sulla dilapidazione del nostro capitale, il paesaggio, c’è un’altra Italia che non ci sta e si ribella e difende con le unghie e con i denti i parchi e la natura. Un’Italia che crede che si può crescere valorizzando le nostre risorse naturali e sviluppando un po’ di più quel senso civico che avevano i nostri avi e che a volte noi sembriamo avere un po’ smarrito”.

 

 

Recensione a cura di Ilaria Guidantoni pubblicata su www.ilchiasmodelleidee.blogspot.com

 

Intervista all’autore, Gabriele Salari a cura di Ilaria Guidantoni, pubblicata sul sito www.ilariaguidantoni.com

 

L’Italia diversa

di Gabriele Salari

Edizioni Gribaudo

49,00 euro

 

 

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