LA LEGGE SULLO SMALTIMENTO DELL’AMIANTO, UN’ALTRO DISASTROSO RITARDO NELL’APPLICAZIONE DELLE LEGGI ITALIANE. 18 ANNI DI RITARDO, 2400 SCUOLE A RISCHIO IN TUTTA ITALIA.
LEGAMBIENTE PROPONE DI SOSTITUIRLO CON PANNELLI FOTOVOLTAICI.
Il problema della presenza dell’amianto nelle scuole e negli asili nido, scoppiò nel 1990, quando il consigliere comunale di Roma, Giuliano Ventura, di Democrazia Proletaria, su segnalazione di una insegnante di un asilo nido presentò una interrogazione consiliare, in cui si chiedeva di monitorare gli edifici pubblici, dove fosse presente il nefasto materiale e quindi procedere alla rimozione.
In Consiglio Scolastico Provinciale di Roma, fù presentata una analoga interrogazione al provveditore Prof. Pasquale Capo, da parte degli esponenti del Coordinamento Genitori Democratici. Evidentemente la questione fu presa sottogamba, ma con insistenza alcuni esponenti del C.G.D. (coord.to genitori dem.ci), passarono alla carica facendo inoltrare analoghe pressioni in Parlamento ad opera degli on.li Giovanni Russo Spena e Patrizia Arnaboldi, la spinta fu determinate, che nell’arco di due anni fu finalmente varata la legge sullo smaltimento del funesto materiale.
L’ effetto cominciò a vedersi, infatti dopo qualche anno alcuni padiglioni di una scuola di Roma, la 2° ottobre 1870,che comprendeva ben 4 ordini di scuola dalla materna, alle scuole superiori, furono rimossi due padiglioni,rendendo quindi operante la legge appena emessa.
Non sappiamo come è stato il procedimento di smaltimento nelle altre scuole o edifici pubblici, ma salta agli occhi che a 18 anni di ritardo questa legge non è stata applicata, basta leggere il dossier del ministero della Pubblica Istruzione.
“L’amianto nelle scuole dei nostri ragazzi è uno scandalo lungo almeno 18 anni, una di quelle vergogne che rispuntano a intervalli lunghissimi, che una legge avrebbe dovuto cancellare -la legge n. 257, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 13 aprile 1992- e invece neanche la legge ce l’ha fatta.”
Duemilaquattrocento scuole italiane sono a rischio, dopo ben 18 anni, sarebbe bastata la semplice applicazione e nell’arco di pochi anni il problema poteva essere risolto.
L’amianto è presente in ogni parte delle strutture dai tetti, dai cassoni in cemento amianto, nelle palestre, questo “giustifica” la presenza di questo materiale che veniva usato negli anni del boom economico, dove veniva considerato una “risorsa” per la sua proprietà di coibentare, ma successivamente si è accertato che tumori della pleura e carcinomi polmonari, erano provocati dalla respirazione di questo materiale.
Il 44 per cento delle scuole funzionanti in Italia, sono state costruite tra gli anni ’60 e ’80, una su due o poco meno. In quegli anni l’amianto era “sinonimo” di isolamento termico e acustico, quasi un piccolo mito di “modernità”. Comunque ci è voluto molto tempo per accertare la natura cancerogena, ed è stato molto difficile risarcire chi ne è stato vittima, sembra assurdo ed incredibile, ma la Germania nel 1943 risarcì i lavoratori danneggiati, prima nazione al mondo.
Assistiamo però al paradosso che emerge, leggendo il dossier del Ministero della pubblica istruzione che fa il punto sullo stato -disastroso- dell’edilizia scolastica italiana, infatti ben 2.400 scuole su 41.902 edifici scolastici della nostra Penisola, ben il 5% fa convivere, alunni, insegnanti e personale parascolastico a contatto con il funesto materiale.
Il Renam, Registro Nazionale dei Mesoteliomi, cioè dei tumori della pleura causati dall’amianto, dice che tra il 1993 e il 2004 sono stati registrati in Italia oltre novemila casi di questi tumori «con un’esposizione che in circa il 70 per cento dei casi è stata professionale». Questo vuol dire che sono almeno tremila i casi non catalogati. E che fra questi tremila potrebbero esserci tanti, tantissimi bambini italiani, ed anche gli attuali adulti. Secondo un dossier della pubblica istruzione sono 2.400 le scuole italiane con presenza di amianto, ma potrebbe rivelarsi addirittura una stima per difetto. Perché è un dato fornito ancora in assenza di un’Anagrafe dell’edilizia scolastica Italiana, un’anagrafe che il Paese aspetta da più di 14 anni.
Dove sono finiti i soldi per la “messa in sicurezza? - Nell’ aprile scorso il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini annunciò pubblicamente “lo sblocco di 350 milioni di euro per la messa in sicurezza degli edifici scolastici”.
Quei soldi sembrano essere evaporati, infatti non figurano più nella manovra finanziaria.
In autunno le scuole a rischio riapriranno facendo rabbrividire genitori, studenti ed insegnanti che vivono gran parte della giornata in quegli edifici, anche se ci saranno le solite promesse illusorie che rimandano l’impegno finanziario nella manovra invernale.
In Italia Il rischio amianto, a quanto si apprende, è più diffuso al Nord, dove ad essere contaminato è il 10% delle scuole; al Centro a la Sud il pericolo riguarda meno dell’1% degli edifici; nelle isole, invece, la percentuale supera il 3%.
Nella sola città di Milano, più di 30 scuole sono a rischio.
Lo stesso numero più o meno riguarda Torino.
Nell’incertezza governativa, Legambiente lancia un proposta per invertire la tendenza allo stallo, ed incentivare lo smaltimento dell’eternit, sostituendolo con gli impianti fotovoltaici, infatti i loro esponenti sostengono.
“Ecco, in Italia l’amianto si combatte ancora così, la campagna Provincia eternit free ha l’obiettivo di promuovere la sostituzione di tetti in eternit con impianti fotovoltaici presso le aziende del territorio beneficiando degli incentivi speciali introdotti dallo stato. Il DM del 19 febbraio 2007 introduce infatti un meccanismo di incentivazione che agevola la sostituzione delle coperture in eternit dei capannoni industriali o agricoli con impianti fotovoltaici. La riduzione dei consumi e delle emissioni di gas serra è una priorità per le amministrazioni europee impegnate a raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto”.
Per le imprese, dunque, è un’occasione unica per realizzare gli obiettivi di risparmio energetico e di tutela del territorio e dei cittadini con i minori costi possibili e con un significativo ritorno di immagine”. L’impatto di “bonifica” creerebbe: benefici per il territorio eliminazione di sostanze pericolose, diffusione dell’energia rinnovabile, sensibilizzazione della cittadinanza, magari iniziando proprio dalle scuole, benefici per le aziende, miglior incentivo per il fotovoltaico, guadagno e risparmio a lungo termine.
G. De Santis
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