81 MINUTI E MEZZO: E’ IL TEMPO IN PIU’ CHE OGNI GIORNO GLI UOMINI ITALIANI HANNO RISPETTO ALLE DONNE. ECCO A VOI LA SOCIETA’ PIU’ MASCHILISTA D’EUROPA NEL NUOVO LIBRO DI CATERINA SOFFICI.
Finalmente un libro amaro e sincero che ripercorre senza sconti il lungo viaggio dell’emancipazione feminile in un paese come l’Italia.
Un’analisi impietosa e efficace della fenomenologia della libertà femminile nella società dei diritti e della costituzione democratica, un documento che fa comprendere come l’avere diritti sia un mestiere difficile e non sempre riconosciuto.
Abituati a dipingere gli eroi come individui eccezionali che compiono atti eccezionali, non vediamo l’eroismo delle persone ordinarie che ci passano accanto ogni giorno, delle donne in questo caso.
Una visione realista che fotografa l’immagine dell’utilizzo delle donne, arricchita dalla comparazione tra la nostra società e quella di altri paesi, occidentali e non.
Le donne italiane sembrano davvero le più umiliate e anche le meno pagate e riconosciute, quale che sia la loro professione. E inoltre è da constatare senza ombra di dubbio che la situazione sia non solo rimasta immutata ma cambiata in peggio.
Ed è vero, perché essere trattate come serve e indotte a comportarsi come tali da libere corrisponde a una condizione di degrado totale.
E dall’archivio personale della Soffici di anni e anni ne esce un paese dove le donne non lavorano, non fanno più figli, non fanno più carriera. Storie, tabelle, dati, sfilze di numeri che descrivono le donne come ultime in tutto: in politica, negli edifici nei ruoli di potere, nei consigli di amministrazione.
Mogli sottomese, lavoratrice discriminate, mobilizzate, donne che lasciano il lavoro alla nascita dei figli, ossessionate dalla pulizia, dall’ordine e dalle faccende domestiche. Donne precarie senza uno straccio di legge che le tuteli loro maternità e i loro diritti.
E poi un paese di quelle che l’autrice chiama bomboline televisive, di personaggi appariscenti, di veline e velone. Sono quelle che guardano in video la propria immagine e si compiacciono per il ritocchino che non si vede, per le punturine di botox e i chili di silicone. Sono poche, ma sembrano tantissime perché sono molto visibili.
E la cultura di massa del nostro paese ha assimilato questo squallido modello che propugna della donna una visione umiliante e offensiva. E cosi che il corpo diventa uno strumento forse l’unico di ascesa sociale.
E allora viene da domandarsi: perchè le donne italiane non reagiscono? Perchè hanno smesso di lottare?
Perchè il cammino verso la parità dei diritti iniziato negli anni 70” si è interrotto. Attraverso un rallentamento impercettibile, un intorpidimento di cui nessuno si è accorto finché non è stato troppo tardi. Tutto per scivolare verso una deriva pericolosa in cui chiedere non va più di moda. Dalla metà degli anni 80 ad oggi con poche e rare eccezioni le donne non sono state più un tema di nessuno, un tema previsto e presente nelle agende politiche neanche di quelle della sinistra.
La conclusione e la risposta della Soffici; alla fine del viaggio ne è derivata una duplice verità.
Le donne in Italia non lottano più perché, convinte di essere libere, pensano non sia più necessario. Chi invece si indigna e vuole reagire non ha più gli strumenti per farlo, non si sono fatte più leggi per reagire. Perchè tutte le conquiste degli anni passati sono state suggellate da un assenso legislativo, da sempre ci vogliono leggi per intervenire a cambiare una cultura secolare.
Ma ad un certo punto qualcosa di miracoloso è successo, provvidenziali scandali avvolgenti la politica, le parole delle escort, una professoressa che denuncia pubblicamente le candidature delle veline alle europee. Ovvero si è toccato il fondo e da lì è emersa con tutta la sua forza e la sua veridicità il sogno maschilista italico e proprio da esso il processo di reazione. Da quel momento parlare di donne non è più un tabù.
Si è tornati a discutere con insistenza del corpo delle donne, della pubblicità sessista e ad intraprendere un percorso in salita ma un percorso riformatore.
Certo al di fuori dell’Italia ci sono donne che perdono lo stesso ma là è possibile andare in tribunale per far valere i propri diritti in Italia nonostante la presenza di leggi a tutela delle pari opportunità contro le discriminazioni a tutela delle donne nessuno lo fa. Tutto tace. E poi è difficile trovare testimoni anche perchè nessuna protezione speciale è accordata a costoro, per esempio ai colleghi contro possibili ritorsioni del datore di lavoro. Inoltre le sanzioni per le aziende che violano le leggi sono troppo blande.
Le donne poi guadagnano il 26 percento in meno dei colleghi maschi; nel 2004 il divario è stato il più alto degli ultimi 25 anni. E da allora il trend non si è più invertito, anzi il gap è aumentato ulteriormente. Nonostante quella parità di trattamento e di retribuzione sancita nella Carta Costituzionale all’art.37.
Spesso la prima domanda che viene fatta a una donna durante un colloquio di lavoro è; è sposata, ha intenzione di fare figli? In America basta questo per ricorrere a un giudice e far partire una richiesta di risarcimento danni. In Italia molte donne non sanno nemmeno che domande simili sono illegali. Che non si possono fare punto e basta. Ma c’è una tale assuefazione a tali tipi di comportamento scorretti, al sopruso, a sentirsi umiliate, che le persone non sono più in grado neppure di individuarli di capirli – i soprusi- quando si verificano.
Esempi illustri di donne grandi come Jenni Williams leader trascinatrice dal carisma di una Ghandi africana dove il potere si conquista palmo a palmo ma anche come hanno fatto le donne in Rwanda o come il sindaco di Marrakech, unica donna in un paese musulmano e maschilista. Il potere delle donne un indicatore per misurare il grado di evoluzione, reattività, democrazia di un paese. Scrive il New York Times che l’oppressione delle donne è la piaga umanitaria del nostro secolo, come lo stati lo schiavismo dell’ottocento e i totalitarismi nel novecento.
Nel paese che venera la famiglia sopra ogni altra cosa, l’Italia, la maternità continua a essere un handicap per le donne. I figli hanno un prezzo e sono le donne a pagarlo. Sebbene la legge italiana sia non solo in linea con quelle europee, ma sia più garantista che in altri paesi. Ma ciò che pesa maggiormente è la mentalità per una serie di fattori che vengono ponderati.
In Italia tra un uomo e una donna c’è ancora duna differenza di 81 minuti e mezzo. Finalmente un numero qualcosa di tangibile, che rende misurabile un gap enorme, il più alto tra quelli analizzati nella periodica ricerca sull’evoluzione delle società contemporanee dell’Ocse, organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. 81 minuti e mezzo è la quantità di tempo libero e di svago che un uomo italiano ha in più ogni giorno rispetto a una donna. Il divario è fotografato dal rapporto “ Society at the Glance” [maggio 2009] e l’Italia è all’ultimo posto tra le diciotto nazioni prese in analisi e si conferma il paese più maschilista superando perfino il Giappone e il Messico. Una disparità unica per osservare il grado di evoluzione o involuzione di una società.
Infine le cinque Proposte di Caterina Soffici.
Indispensabile riservare il 50 dei posti alle donne perchè solo così cambierebbe la mentalità di questo paese. Una necessità assoluta non solo in politica. Ma ovunque.
Part-time: ovvero le aziende obbligate a concedere il part-time a chiunque ne faccia richiesta, uomo o donna che sia. Meglio che dover lasciare il lavoro.
Riconoscimento della paternità. Cioè che i padri siano a casa per un periodo obbligatorio di 6 mesi, retribuiti all’80% dello stipendio. Ciò porrebbe uomini e donne in parità al momento dell’assunzione e farebbe capire al genitore maschio il peso della responsabilità ora in capo solo alle donne.
Inoltre ci vorrebbe una norma che vieti le immagini, le pubblicità e gli spettacoli sessisti.
Irrigidimento estremo delle pene per i reati sessuali. Basterebbe che la legge avesse un solo articolo per lo stupratore, la condanna all’ergastolo, senza possibilità di attenuanti.
Un progetto concreto a breve termine, dieci anni, per un Italia dove vivrebbero meglio tutti anche gli uomini. Quindi concludendo, un’altra via possibile da percorrere con determinazione e con la sicura consapevolezza che il processo evolutivo può senz’altro invertirsi verso una assoluta e conclamata conquista di libertà piena e assoluta.
Simonetta Alfaro
SCHEDA LIBRO
CATERINA SOFFICI
MA LE DONNE NO
COME SI VIVE NEL PAESE PIU’ MASCHILISTA D’EUROPA.
PREFAZIONE NADIA URBINATI
SERIE BIANCA FELTRINELLI EURO 14.00 FEBBRAIO 2010
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